Questa volta faremo alcune piccole riflessioni sulla musica organistica e sui concerti organistici. E' indubbio che nell'arco di
venti-venticinque anni, molte cose sono cambiate nel campo della musica organistica e dei concerti. Chi scrive queste note
ha iniziato ad occuparsi di organo nel 1969 ed ha potuto osservare tutti questi cambiamenti. Prima di tutto occorre dire
che in Italia l'era della grande riscoperta della musica per organo è arrivata molto dopo che in alcuni altri paesi europei;
e qui facciamo l'esempio della Germania che negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale e, poi, negli
anni cinquanta, ha dato vita a quel movimento di rivalorizzazione della musica organistica classica, denominato 'Orgelbewegung',
che da noi si è iniziato a seguire solamente vent'anni dopo. Non parliamo, comunque, della Francia, dove la musica organistica
ed i concerti organistici si sono continuati a valorizzare e svolgere anche durante la guerra, consentendo a questa Nazione
di essere, almeno nel campo della tutela e della continuità artistica, sempre ai primi posti nel panorama europeo (d'altra
parte la Francia è l'unico paese europeo che può vantare una continuità di compositori ed organisti pressochè ininterrotta
dal 1600 ad oggi). In Italia, dunque, abbiamo, negli anni cinquanta e sessanta, un forte disinteresse per la musica organistica,
disinteresse nel quale un Fernando Germani, adesso considerato come un 'vecchio organista' e che spesso viene citato ad
esempio di come 'non' si dovrebbe suonare l'organo, ha avuto il grande merito di non lasciare spegnere la fiaccola di questo
strumento. I suoi concerti a Roma, a Sant'Ignazio, in cui per la prima volta si sono potute ascoltare le intere produzioni
organistiche di Bach, Franck e Reger, hanno presidiato una frontiera che altrimenti sarebbe caduta rovinosamente. Personalmente
Germani l'ho potuto ascoltare poco, ma quelle poche volte mi ha lasciato una gradevolissima impressione di come tra organista
e strumento si possa instaurare una confidenza ed una collaborazione che dà risultati eccezionalmente confortanti. Sulla
scia di questo 'presidio' effettuato da questo grande interprete, si sono poi formate le nuove scuole organistiche italiane,
molto spesso in contrasto con la scuola di Germani stesso, che attingeva ad una cultura musicale ormai datata. E' da
tenere presente che anche discograficamente in Italia in quegli anni non si faceva molto. I dischi di musica per organo erano
pochi ed il repertorio non certo vario e neppure di qualità (tranne alcune eccezioni tra cui le incisioni dello stesso
Germani, di Tagliavini, di Vignanelli e le riedizioni delle incisioni di Albert Schweitzer). Si arriva così ai primi anni settanta. Sarà per merito del
'68; sarà perchè le generazioni del dopoguerra sentivano il bisogno di riscoprire la cultura musicale... sta di fatto
che è in questo periodo che la musica organistica prende decisamente importanza. A titolo di esempio posso citare, proprio
nei primi anni settanta, il Festival Organistico Internazionale che si svolgeva ogni anno a Roma e che vedeva l'intervento di
organisti italiani e stranieri che si esibivano in chiese dove i giovani, non trovando posto a sedere, si sedevano sul
pavimento, sulle balaustrate, si arrampicavano sulle colonne e su ogni angolo libero pur di poter ascoltare. Personalmente ho
seguito doverse edizioni di quel Festival. Là ho ascoltato per la prima volta organisti del calibro di André Marchal, Anton
Heiller, Jean Langlais, Gaston Litaize, Fernando Germani, Luigi Ferdinando Tagliavini, Erich Arndt... ed anche gli allora
'giovani' Lionel Rogg, Wijnand Van De Pol, Stefano Innocenti... e tanti altri. I miei orizzonti musicali si sono aperti alla
musica di Widor, di Vierne, di Reger, di Buxtehude, di Duprè, di Hindemit e di tanti altri di cui avevo finora sentito solo
parlare. Negli anni ottanta, poi, c'è stata anche da noi la rivalorizzazione dell'organo antico. Indubbiamente è questo
il periodo in cui si è arrivati alla piena presa di coscienza di un patrimonio storico, artistico e musicale italiano costituito
dagli organi antichi e da una produzione musicale imponente ma fino ad allora praticamente dimenticata. E' in questo periodo
che si riscoprono le opere di Davide da Bergamo, Petrali, Morandi, Simone Mayr ed altri, così come prende corpo quella
corrente organaria che rivalorizza, al posto della costruzione degli organi nuovi, il restauro di quelli antichi. Nonostante
questo, però, l'interesse verso la musica organistica va scemando, soprattutto nei giovani, che non affollano più i concerti
allo stesso modo di una decina d'anni prima. Arriviamo così ai nostri anni novanta. Oggi, alle soglie del Duemila, la
realtà della musica organistica in Italia (ma anche in altri paesi) non è confortante. Personalmente continuo a seguire i
concerti organistici, ma il più delle volte a malapena si riesce a riempire i posti a sedere, nonostante che oggi di bravi
organisti ed interpreti se ne possano contare molti. L'interesse dei giovani si è spostato su altri generi musicali, la
Chiesa ha proibito i concerti nelle chiese, gli sponsor che prima sostenevano le Associazioni Organistiche adesso preferiscono
sostenere associazioni che rendano loro più di quello che spendono... insomma, la musica organistica ed i concerti d'organo non
riscuotono più quel grande interesse da parte dei giovani che si poteva riscontrare una ventina d'anni or sono. L'età minima
degli ascoltatori dei concerti organistici si è adesso spostata sui quarant'anni... in pratica ci ritroviamo ancora noi che,
vent'anni fa ci sedevamo sui gradini degli altari, con la differenza che oggi non abbiamo problemi per trovare posto e, cosa
che non ci fa piacere, non siamo attorniati da giovani interessati ed attenti come eravano noi allora.
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