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Eppur si muove




Eppure qualcosa si muove. Sul numero di Aprile della rivista 'Cæcilia', periodico di informazione e cultura delle Edizioni Carrara di Bergamo, è apparso un editoriale, dal titolo 'Gli Analfabeti', che, nonostante un basso profilo tematico, è purtuttavia sintomatico di una situazione che si è andata creando all'interno dell'ambiente della musica sacra italiana.
Da questo breve editoriale, firmato dal Direttore, Gian Nicola Vessia, viene fuori che qualcuno all'interno della gerarchia musicale della Chiesa, di cui le Edizioni Carrara sono un quanto mai qualificato portavoce, si è accorto che le proteste per la decadenza che la Chiesa stessa sta imponendo alla musica sacra si sono fatte davvero imponenti e che, cosa molto più grave, il malumore ha cominciato ad insinuarsi anche tra coloro che fino a ieri si erano sempre trovati 'allineati e coperti' sulle posizioni ufficiali della Chiesa.
L'editoriale esordisce attribuendo la prima protesta al coreano Myung-Whun Chung, direttore musicale al raduno papale di Parigi della scorsa estate, dimenticando che è già da diversi anni che musicisti nostrani denunciano il grave fenomeno. L'importanza del personaggio ed il risalto dato dai media alle sue dichiarazioni hanno però colpito nel segno. Nell'editoriale viene poi citato il giudizio di Goffredo Petrassi, secondo cui la Chiesa sta perdendo la sua identità musicale perchè è 'ormai scatenata nella sua battaglia per l'intercettazione dei giovani' tanto da 'inneggiare agli arcobaleni della giovinezza del Rock.' Siamo lieti di constatare, a questo proposito, che quanto avevamo espresso su queste pagine un anno fa, suscitando un discreto dibattito, è stato poi condiviso da un musicista del valore di Petrassi, di cui tutto si può dire tranne che sia musicalmente ignorante.
L'articolo, poi, dopo avere avvertito il lettore di volerlo risparmiare da altre 'durezze', riporta anche il giudizio di un altro eminente musicista, Pierre Boulez, giudizio da cui il simpatico Cardinale Ersilio Tonini, ormai relegato al ruolo, faticosissimo, di 'Publicrelationclergyman' e la cui onnipresenza nei vari Talk-Show televisivi è ormai pressochè istituzionalizzata, ne esce con le ossa ben frantumate, venendo definito 'analfabeta, o naif, o demagogo.'. L'editorialista, invitando chi di dovere a rispondere a tali accuse, si augura che si apra, anche sulle pagine della sua rivista, una discussione sull'argomento, chiudendo il pezzo con l'augurio che venga ripristinato lo spirito di collaborazione tra compositori e liturgia, in modo da ridare alla musica il suo valore, cioè quello, citando Simon Peres, di essere il solo linguaggio internazionale che non ha connotazioni negative.
Dicevamo del basso profilo dell'editoriale, che si limita, per la verità, ad una normale ed impersonale citazione di opinioni altrui. Ma andando avanti nella lettura della rivista emergono alcuni segnali, seminascosti ma molto chiari, di come il dibattito sull'argomento sia già iniziato all'interno delle Sacre Gerarchie musicali.
Alla pagina 8 troviamo un articolo, sempre a firma Vessia, dal titolo 'Lo splendore dell'antica Polifonia' e dedicato al 'Florilegium Gaffurianum'. E' molto strano un articolo di tale genere quando nelle chiese l'unica polifonia che si può ascoltare è quella causata dalle tante ('poli') casse acustiche ('fonie') che danno voce ai più strampalati strumenti elettronici.
Più avanti, alla pagina 16, Valentino Donella si arroga il diritto di essere depositario del Buon Senso (l'articolo si intitola, infatti, 'Qui, isola del Buon Senso') e, dopo aver scomodato per una lunga premessa addirittura San Bernardo di Chiaravalle, va a scoprire l'acqua calda, cioè che molti ottimi musicisti non conoscono bene la liturgia ed altrettanti sono quelli che, conoscendo la liturgia, si trasformano in compositori senza averne le capacità artistiche. L'articolista, che è pure sacerdote, riesce anche nel'impresa di identificare precisamente la figura più 'normale' che oggi popola le nostre chiese: quella di '... coloro che non sanno nè di musica nè di liturgia e tuttavia scorazzano indisturbati e benedetti nelle nostre chiese, seminando malgusto e brutture', ed arriva persino a definirli come 'estremamente perniciosi.'. Peccato che il Donella dimentichi, volutamente, di sottolineare che questi individui estremamente perniciosi scorazzano nelle nostre chiese non per un caso fortuito, ma per il fatto che sono proprio i sacerdoti che non solo li tollerano, ma che spesso li agevolano e sovvenzionano e che sono sempre i preti che scacciano i buoni musicisti dalle chiese per sostituirli con strimpellatori che seminano malgusto e brutture. Donella dimentica anche di sottolineare che la Chiesa non muove un dito per impedire tutto questo, incoraggiando addirittura i Parroci a dare loro voce, il tutto secondo due motivazioni ben precise. La prima, ufficiale, è che il canto e la musica sacra devono essere fruibili ed accessibili a tutti, anche a quelli musicalmente ignoranti. Il secondo motivo, ufficioso ma molto reale, è che un Kapellmeister (inteso nel vero senso della parola) ufficialmente in carica va retribuito, mentre nulla è dovuto agli strimpellatori volontari della Domenica.
In definitiva: siamo lieti che una discussione si sia aperta in seno all'ambiente musicale religioso e speriamo che riesca a portare qualche frutto. Riteniamo però che tutto questo non cambierà di molto la situazione fino a quando non sarà la Chiesa, con apposite regolamentazioni, che metterà un poco di ordine, impedendo 'di fatto' ai perniciosi individui poco sopra citati di fare il bello ed il cattivo tempo nelle nostre chiese a loro indisturbato piacimento.



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