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Musica in forma




Per scaldare un poco l'ambiente oggi parleremo un poco della "forma". Sapendo bene di attirarmi le ire funeste dei benpensanti, ritengo appropriato affermare che oggi, all'inizio del terzo millennio, il costringere la Musica in forme codificate qualche centinaio di anni or sono è una pesantissima palla al piede della creatività musicale.
Detto questo, mi preme sottolineare che questo discorso è, ovviamente, rivolto alla musica organistica, campo in cui è sicuramente più radicata e presente una mentalità per certi versi "parruccona" che, purtroppo, condiziona sempre molto fortemente la produzione musicale per questo strumento.
Tenuto in debito conto il fatto che l'organo è uno strumento musicale "sui generis" sia per via delle sue particolarità timbriche che per il fatto di essere uno strumento che è praticamente "dedicato" ad un utilizzo molto più "serio" che non gli altri, il fatto che più colpisce è una specie di generalizzazione del fenomeno. Girate infatti dove volete, ma soprattutto in Europa, e troverete sempre e solo Preludi, Toccate, Fantasie, Corali, Sonate, e simili. Pochi sono i casi di vera novità (Messiaen, ad esempio, è stato uno dei pochissimi autori che ha saputo coniugare assolute novità formali con la più stretta osservanza religiosa dei compiti dell'organo) mentre nella maggior parte dei casi chi tenta strade di vero rinnovamento formale viene ben presto soffocato dai "Grandi Sacerdoti" del culto di quella "forma classica" che tutto deve inglobare e regolare, quasi fosse l'unica, eterna ed immutabile legge della Musica.
Nonostante che questo atteggiamento sia figlio di un'educazione musicale che fonda le sue radici in una musica vecchia di almeno duecento anni che gli insegnanti di Conservatorio continuano imperterriti a proporre come unica, vera ed autentica, dobbiamo ogni tanto parlarci chiaro. Dobbiamo quindi dire, a costo di venire crocefissi sul monte più vicino (ma siamo in ottima compagnia), che la composizione classica, così come l'Armonia classica e tutto il resto, sono modelli di un passato, talvolta remoto, che sopravvivono in una specie di mondo parallelo musicale la cui facciata viene ogni tanto rifatta ma di cui rimangono assolutamente intatte le strutture portanti. Non basta infatti esasperare il cromatismo per endere "moderno" un Preludio, così come non serve applicare le regole della Fuga ad un tema dodecafonico per poterla definire un brano contemporaneo. Il Preludio e la Fuga tali rimangono, esattamente come quelli di trecento anni fa, a prescindere dal materiale tematico e ritmico che viene usato.
Quello che occorre per fare musica veramente nuova è la capacità di staccare la spina dalla vecchia macchina a vapore per collegarsi a nuovi tipi di energia. In una parola: occorrono nuove forme musicali, talmente nuove da arrivare ad essere, talvolta, sintesi e negazione di loro stesse.
E qui, onde evitare equivoci, occorre fare una importante precisazione. In tutti i campi della vita umana, per superare certi limiti è prima necessario raggiungerli. Ecco perchè solo chi conosce e padroneggia alla perfezione le forme musicali classiche potrà superarle, per creare qualcosa di veramente nuovo e diverso. Questa è stata la strada seguita da diversi esponenti della vera nuova musica organistica tra cui, oltre al già citato Messiaen, troviamo quella corrente musicale degli anni settanta ed ottanta che ha gravitato attorno allo Studio Musicale di Colonia e che ci ha dato la prova tangibile che l'organo è forse uno degli strumenti che più si prestano ad un utilizzo assolutamente nuovo ed anticonvenzionale.
A fronte di questo, però, esiste una miriade di compositori che, imnperterriti, seguitano a sfornare Preludi, Sonate, Fughe e similari, ricchi di cromatismo, di ritmi "moderni"e di figurazioni talvolta inedite, ma sempre formalmente ineccepibili. E lo stesso dicasi per i concerti organistici e, caso curioso, per le improvvisazioni.
In questo ambito, che oggi sta diventando molto praticato non solo in Francia ed in cui spiccano ormai personalità di tutto rispetto ed in cui la fantasia e la creatività dell'interprete dovrebbero avere parte assolutamente preponderante, troviamo un'assoluto appiattimento sulle forme classiche, tanto da farci pensare che ormai l'improvvisazione altro non sia diventata che una specie di "Gran Premio" di composizione rapida, in cui chi meglio padroneggia mentalmente le tecniche compositive e meglio riesce ad esprimerle con la sua tecnica risulta vincitore.
Anche qui bisogna parlarci chiaro. Ho personalmente ascoltato le improvvisazioni del compianto Gaston Litaize e devo dire che il sentirlo improvvisare una monumentale e perfetta in ogni sua parte Suite in sei movimenti, con tanto di Fuga Finale a 5 voci su di un tema popolare piemontese fornitogli lapperlà da un ragazzotto del pubblico mi ha riempito di ammirazione, ma anche qui si propone lo stesso interrogativo: tra i vari figli e nipoti di Cochereau e di Dupré c'è qualcuno che è capace di superare i limiti della forma per improvvisare qualcosa di nuovo o, ancora meglio, per lasciare andare a briglia sciolta la propria musicalità ed ispirazione senza doverla costringere dentro i contenitori formali classici a cui marcel Dupré, nel suo "Cours Complet d'Improvisation à l'Orgue" dedica praticamente tutto il secondo volume?



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