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E' un vero peccato




Non so se avete notato, ma più ci si "specializza" in qualcosa e più si perde la capacità di stupirsi e di meravigliarsi.
Chi di voi si ricorda la prima volta in cui ha ascoltato il suono di un organo e ne è rimasto affascinato?
Io avevo sei o sette anni e mio padre mi portava alla messa "grande", quella delle undici, dove suonava il vecchio organista Bersi, e quel suono mi attirava, e volevo vedere da dove proveniva.
Un giorno mio padre mi fece salire in cantoria, e rimasi per tutto il tempo a guardare il vecchio Bersi (che di soprannome faceva, chissà perchè, "Lo Spagnuolo") mentre suonava con le mani e con i piedi, e quella consolle pneumatica, che faceva "ciuff" quando Bersi schiacciava un pedaletto, con tanti tasti e levette, era per me una scatola delle meraviglie. Scopersi poi che il buon Bersi, nonostante di professione facesse il calzolaio, in alcuni pomeriggi si esercitava all'organo, ed allora mi sedevo in chiesa su di una panca ed ascoltavo i suoni dell'organo, che erano sempre diversi e sempre nuovi ed affascinanti, e quando Bersi attaccava la sua "Sortie" preferita con il Ripieno, quel suono così "esagerato" mi riempiva di soddisfazione.
Poi cominciai a studiare la musica e l'incanto finì. Continuavo ad andare ad ascoltare "Lo Spagnuolo", ma ora sentivo le note sbagliate, le imperfezioni, e tutto questo mi faceva pian piano perdere di vista la felicità di un ascolto allo stato puro. I suoni non erano più fini a se stessi, ma parte di una cosa molto più complessa: la musica, ed il mio spirito critico cominciava a dare più importanza a certe cose facendomene dimenticare altre.
Ecco, purtroppo abbiamo perso l'innocenza del bimbo che rimane a bocca aperta ascoltando un suono nuovo. Oggi noi, quando assistiamo ad un concerto organistico, facciamo le pulci all'organista sulla tecnica, sull'interpretazione, sulla sua visione estetica della musica, sul suo modo di interpretare, sulla scelta del repertorio. E poi giudichiamo lo strumento a seconda delle sue caratteristiche. Siamo esperti di "orgelbewegung" e di storiografia organistica. E poi, ancora, tranciamo giudizi sulla resa fonica, sul tipo dei registri utilizzati, sul tempo di riverberazione, che è sempre o troppo corto o troppo lungo. Insomma, critichiamo tutto quello che si può criticare ma non siamo più in grado di vivere l'emozione del suono dell'organo nella sua semplicità, nella sua essenza e nella sua purezza.
E' spiacevole, ma è anche quello che succede nella vita. Chi si stupisce o meraviglia più, oggi, di fronte ad un tramonto, ad un fiore che sboccia, ad una vita che nasce?. Chi si incanta, ormai, davanti ad un panorama, ad un monumento, ad un'opera d'arte o, più semplicemente, di fronte alla persona a cui si vuole bene?.
Il fatto di invecchiare, e di vederne di tutti i colori, già di per se tende a renderci coriacei ed insensibili; se a questo aggiungiamo i condizionamenti (interni ed esterni) e, soprattutto, le nuove idee sulla vita, ormai considerata solo come un mezzo per arricchirsi nel portafoglio e non come una meravigliosa avventura che ci arricchisce nell'animo, ecco che oltre a diventare più pragmatici ed efficienti, corriamo il serio rischio di diventare anche più stupidi ed imbecilli di quanto già non siamo. Ed è un vero peccato.
Ma un giorno ci siederemo di nuovo su quella panca mentre, lassù in tribuna, il buon Bersi farà esplodere il Ripieno della sua "Sortie" e ci sorprenderemo, come allora, con la bocca aperta ad ascoltare un suono che parla al nostro cuore e ci rende felici.



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