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Ma che musica, Maestro?




Ed eccoci di nuovo a parlare di musica e media. Saremo anche ripetitivi e pedanti, ma la nostra pazienza viene sempre più spesso messa a dura prova dalla sistematica operazione di massificazione che i media, ed in particolare la TV, stanno portando avanti per rimbecillire vieppiù il "popolo" e per fare in modo che la musica classica venga cancellata dalla vita comune.
Intendiamoci, non siamo così stupidi da non capire che tutto questo avviene in nome di quella "globalizzazione" e "normalizzazione" delle masse che ha come primario fine il condurre la maggior parte della gente a pensare e, di conseguenza, agire come vogliono i signori della globalizzazione, che altri non sono che coloro che hanno i soldi e, automaticamente, il potere; ma gradiremmo che talvolta questa operazione di lobotomizzazione delle masse non avvenisse in modo così spudorato e, soprattutto, senza tenere conto del fatto che qualcuno, per fortuna, riesce ancora a spegnere la televisione ed a pensare con la sua testa.
Già da tempo i telegiornali (di ogni rete, si badi bene) magnificano il fatto che nelle Scuole Superiori Italiane e nelle Università vengano tenute lezioni sulla musica da parte di autorevolissimi esponenti della musica italiana. Orbene, sarebbe molto più corretto dire che vengono tenute lezioni sulla musica LEGGERA italiana da parte di autorevolissimi esponenti della musica LEGGERA italiana. Se si guarda bene, questa piccola, voluta ed importantissima dimenticanza di un aggettivo serve, per l'orecchio distratto dell'ascoltatore, a far nascere un collegamento mentale istintivo che, alla lunga, lo porta ad assimilare automaticamente, sic et simpliciter, la parola MUSICA ad un solo e ben determinato genere di musica, quella leggera (chiamatela anche rock, se volete, il risultato non cambia.).
Ma la subdola azione dei media non si ferma a questo. Esce un nuovo disco del tal cantautore?. Ecco pronte entusiastiche recensioni con raffiche di superlativi assoluti da parte dei massimi critici musicali. Viene presentato un nuovo video del solito gruppo di ragazzine stonate che scimiottano le Spice Girls senza peraltro averne neppure le doti fisiche?. Ecco pronte immaginifiche interviste da parte di inviate imbelli ed imbecilli che ci fanno sapere di quale latitudine è l'ultimo flirt della più belloccia del gruppo, senza peraltro farci sapere se la stessa, definita grande musicista, sa o meno la differenza che passa tra una terza maggiore ed una quarta giusta. Viene prodotto un disco con i maggiori successi di un cantante ormai deceduto? Ecco pronti lacrimeggianti servizi sul "de cuius", dove le immagini in bianconero si sprecano e dove la fanno da padrone interviste tratte dalle cineteche d'archivio, con tanto di accurate indagini sul background culturale e musicale dell'autore e sulla sua immancabile militanza politica durante gli eroici anni del Sessantotto.
Bene, diciamo chiaramente che è ora di finirla. Ne abbiamo le tasche piene di vedere, sentire e subire mediocrità e stupidaggini assurte a verità assolute, siamo stanchi di vedere e sentire spacciare gente che la musica non sa neppure dove stia di casa per i più grandi musicisti del secolo, ne abbiamo fin sopra i capelli di vedere trattare una sequela di banalità sulla musica italiana comminate da Vecchioni alla Bocconi o alla Sapienza alla stregua di una lezione accademica di Tullio Regge.
Si è perso il lume della ragione, e per ragione intendiamo la capacità di dare alle cose il loro valore "vero" e non quello imposto loro dalle leggi di mercato. Per quello che ci riguarda, riteniamo che una lezione di Luciano Berio sia molto, molto più importante, interessante ed utile rispetto ad una di Lucio Dalla, ma non ci risulta che, anche qualora accadesse, i telegiornali ne parlerebbero. D'altra parte la notizia di una lezione di Luciano Berio non fa alzare di una copia il numero di dischi venduti, mentre la notizia di una lezione di Lucio Dalla, hai visto mai, potrebbe invogliare i "consumatori" ad acquistarne l'ultimo disco appena uscito.
Ecco, noi siamo "contro" tutto questo e la cosa che più ci dispiace è il vedere come anche tante persone che riteniamo debbano adoperarsi per evitare che la musica classica venga buttata nel cestino si adattino, per stupidità o per interesse, a questa logica, ed uno dei risultati più amari e spiacevoli di questa situazione è il Settembre Musica di Torino, che è ormai diventato un gran calderone dove si rimescolano musica classica, musica etnica, musica leggera, musica politica e, purtroppo, il frusciare delle banconote, che è diventata la musica più celestiale per le orecchie (ed il portafoglio) dei nuovi "Maestri" che gestiscono la musica italiana a suon di sponsor, target, ticket, know-ow e balle varie. Il risultato è che i vari generi musicali, ognuno dei quali con importantissime e specifiche caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri, vengono mescolati, confusi e traditi in nome di quella "globalizzazione" di cui parlavamo prima e che sta spogliando anche la musica delle sue identità diverse e delle sue differenze per renderla un prodotto "commerciabile", "gradevole" e, soprattutto "fruibile" e, di conseguenza, acquistabile dal maggior numero di persone.
La filosofia con cui si ammanisce la musica in Italia (e nel Mondo) oggi non è quella di educare la gente alla musica, ma di rendere la musica il più stupida e semplice possibile (un giro di Fa è la norma, una modulazione al relativo minore è già fantascienza.). D'altra parte, già Theodor W.Adorno, nel 1962, trattando della musica leggera, diceva che "La difficoltà del produttore di musica leggera è di scrivere qualcosa che sia incisivo ed insieme banale e ben noto.", così come affermava che "L'ascoltatore deve sempre avere la sensazione di essere trattato come se il prodotto di massa fosse rivolto a lui personalmente" in modo che "non si accorga di consumare prodotti già digeriti a dovere.".
Niente di nuovo sotto il sole? Non propriamente, poichè mentre cinquant'anni fa erano molti coloro, come Adorno, che alzavano alta la loro voce in difesa della Musica, oggi ben pochi sono rimasti a presidiare gli avamposti di questa guerra che, ora più che mai, appare persa. Ma noi siamo fieri di appartenere a questo sparuto drappello di valorosi.



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