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C'è coltura e Cultura




In una precedente riflessione pubblicata su queste pagine tempo fa, avevamo amaramente constatato -e contestato- il fatto che ormai nel nostro Bel Paese (da non confondersi con il formaggio omonimo) la parola "Cultura" stesse ormai assumendo significati molto diversi da quelli che, ci pare, essa debba avere. In effetti, ora come ora, sembra che chi si occupa di Musica, Arte, Storia, Pittura, Teatro, Poesia e similari sia, come suol dirsi, "out", mentre chi pasticcia ai fornelli oppure pontifica e vaniloquia dagli schermi televisivi di vini, pietanze, Nouvelle Cuisine e Dieta Mediterranea sia, invece, molto "trendy".
Da diverso tempo, in effetti, si sente sempre più spesso affermare da alti esponenti politici che l'Enogastronomia deve diventare in Italia una vera e propria cultura mentre le Amministrazioni Pubbliche centrali e periferiche fanno ormai a gara nello stanziare corposissimi stanziamenti di bilancio per addivenire a questo obiettivo, a parere di molti fondamentale per risollevare il grado culturale della popolazione.
Ora, tenuto conto che il "mangiare e bere bene" è da millenni un modo per gratificare il corpo e che, personalmente, continuiamo a preferire le buone e genuine pietanze nostrane ai tanto mcdonaldiani quanto ributtanti fast food (ai quali, peraltro, talora dobbiamo ricorrere in casi di emergenza), ci pare -sinceramente- che qui si stia esagerando.
Qui si sta dimenticando -volutamente- la differenza che c'è tra la "coltura" (che qui sta a significare l'alimentazione), che è il cibo per il corpo, e la "Cultura", che -notoriamente- è il cibo dello spirito (e per spirito si intende quella cosa che ci fa rimanere a bocca aperta di fronte ad un'opera d'arte e che ci fa sentire "intimamente soddisfatti" all'uscita da un bel concerto).
Questo forzato procedimento di "interazione" e di "integrazione" tra "coltura" e "Cultura" viene perseguito con pervicace tenacia anche con dubbi esperimenti di contaminazione che vorrebbero convincere il volgo della paritarietà ed equipollenza delle due cose. Si stanno così espandendo per ogni dove iniziative "miste" ove, ad esempio, tra un atto e l'altro di una rappresentazione teatrale o lirica, al pubblico vengono offerte degustazioni di vini o di prodotti tipici locali. Orbene, noi riteniamo che se una persona vuole soddisfare la sua fame deve andare al ristorante e non al teatro, così come -sempre secondo noi- nella sala da concerto non c'è posto per frittatine, caviale e Barbaresco.
Questo palese e sfacciato voler affiancare le due cose è, a parere nostro, una forzatura o, se vogliamo metterla peggio, un tassello di quel perverso disegno che da qualche tempo sta cercando, con successo, di cambiare il modo di pensare della gente. In parole povere -e lo abbiamo già detto e ripetuto da queste pagine- si sta cercando di penalizzare la Cultura vera, quella che abitua a pensare col proprio cervello e a valutare cose, fatti e situazioni secondo un ragionamento e non mediante i luoghi comuni con cui anno dopo anno, giorno dopo giorno ed ora dopo ora i media ci stanno bombardando.
I risultati di questo procedimento di "massificazione" sono sempre più evidenti e se è vero -come in effetti purtroppo lo è- che per una puntata di una vomitevole trasmissione di "reality-show" si conteggiano davanti al tubo catodico otto milioni di "spettatori", allora ci rendiamo conto di quanto enorme sia il danno ormai procurato da anni e anni di condizionamento mediatico e di livellamento al basso della nostra società.
Ma, tornando a bomba, dobbiamo dire che ciò che più ci colpisce di tutta questa storia è l'enorme impegno finanziario messo in campo dalle strutture pubbliche (Stato, Regioni, Province e Comuni) con stanziamenti complessivi di cifre a sei zeri (di Euro).
Ora, noi saremo anche vecchi, rimbecilliti ed antiquati, ma non abbiamo perduto il brutto vizio di ragionare su quello che vediamo e sentiamo; ergo pensiamo che se anche solo un decimo di queste cifre venisse speso per la "Cultura", intesa tra virgolette e con la "C" maiuscola, sarebbe molto meglio poichè riteniamo che in questo nostro Paese ci siano già troppi -ancorchè bravissimi- chef e sommelier mentre il grado medio della nostra cultura (e non lo diciamo solo noi) è decisamente inferiore rispetto agli altri Paesi Europei.
Sta di fatto che, oggi come oggi, gli organizzatori di kermesses enogastronomiche (ma anche di gare sportive e di manifestazioni ludiche in generale) ricevono dagli Enti Pubblici sovvenzioni corposissime mentre chi organizza spettacoli e concerti di musica classica è costretto ad elemosinare per ricevere poi qualche briciola che spesso non consente neppure di coprire le spese.
A questo punto si potrebbe, poi, innestare il discorso del fatto che solo le manifestazioni musicali "sponsorizzate" politicamente e che riscuotono simpatie politico-economiche ricevono contributi ed aiuti mentre chi non può vantare adeguate "sponde" rimane in braghe di tela. Ma il discorso si farebbe troppo lungo e complesso.
Rimaniamo quindi al nostro discorso. Secondo noi "coltura" e "Cultura" sono due cose diverse, che talora possono anche ritrovarsi per fugaci incontri, ma che non potranno mai e poi mai avere uguale valenza nella scala dei valori culturali ed artistici dell'Umanità. Personalmente ci fa piacere ascoltare un bel concerto organistico dopo una buona cena poichè entrambe le cose ci gratificano. Ma se la cena gratifica il nostro gusto (cioè un'esigenza corporale), la Musica gratifica il nostro spirito (cioè un'esigenza trascendentale) e, secondo noi, c'è una bella differenza.



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