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Con o senza pedigree




La salita alla Cattedra di Pietro del nuovo Pontefice pare stia smuovendo in modo abbastanza robusto le acque dell'ambiente della Musica Sacra e Liturgica, e con essa anche il mondo dell'organo. Come sottolineava il Prof. Graziano Fronzuto in una passata sua lettera pubblicata su queste pagine, pare che nella Capitale del Cattolicesimo fervano lavori di restauro e ripristino di organi fino a ieri lasciati marcire sulle loro cantorie e questo fervore organario viene da molti osservatori imputato alla nuova figura di Papa Benedetto, notoriamente amante della Musica Classica e che già in tempi non sospetti si era pronunciato contro tutte quelle "devianze" che hanno sfigurato per decenni la più bella Musica da chiesa e le cui cause vanno ricercate non tanto, come dicono alcuni, nel Concilio Vaticano II, quanto nelle interpretazioni che sono state date alle sue norme, interpretazioni che talvolta ne hanno addirittura capovolto il significato. Basti per tutti il caso della Messa in volgare, che era stata prevista come eccezione alla Messa in latino e che è invece divenuta la regola.
Sta di fatto, comunque, che fremiti di cambiamento stanno attraversando il mondo della Musica Sacra e si moltiplicano, anche sui siti internet ad essa dedicati, gli interventi dialettici, che danno ora voce a posizioni che fino a poco tempo fa sarebbero state sbrigativamente bollate come "reazionarie". Ovviamente talora si trovano anche posizioni abbastanza radicali, che probabilmente trovano la loro giustificazione in decenni di aspirazioni frustrate e derise, ma questà è la logica del confronto.
Spiace, peraltro, constatare che tutto questo movimento è, come spesso succede nell'ambito degli ambienti ecclesiastici, una semplice facciata dietro cui celare volontà di immobilismo oppure interessi di parte. Questo si può verificare, sempre leggendo ciò che scorre sulle mailing list dedicate a questo argomento, dal fatto che non risulta -finora- che le sacre gerarchie pensino, ad esempio, di porre seriamente mano ad una riforma "vera" delle varie figure che contribuiscono alla liturgia, in primis dell'organista.
In effetti, bypassando sfrontatamente le disposizioni conciliari, nelle chiese continuano tranquillamente ad essere introdotti altri strumenti musicali, alcuni dei quali assolutamente estranei non solo alla Musica Sacra, ma anche alla tradizione musicale europea. Illuminante è stata per noi, la vigilia della scorsa Epifania, una visita all'Abbazia di San Paolo alle Tre Fontane in Roma dove abbiamo potuto assistere ad una concelebrazione di sacerdoti africani e latinoamericani svolta nell'oscurità più completa, alla luce di poche candele ed accompagnata da assordanti canti ritmati da chitarre, tamburi, battimani ed urla da parte dei "fedeli". Se questo è il nuovo corso della liturgia e della Musica Sacra della Chiesa Cattolica stiamo messi male.
Ovviamente, un'altro punto saldo dell'atteggiamento ecclesiastico è l'assoluta volontarietà e gratuità che devono caratterizzare l'operato non solo degli organisti, ma anche degli altri musicisti che animano le celebrazioni liturgiche. "Gratis et amore Dei" è la frase magica che, tradotta in volgare, sta a significare che di ragazzotti capaci di strimpellare quattro accordi su una chitarra o di sbattere manate su un tamburo se ne trovano pure troppi. Da qui a trattare gli organisti a calci nel sedere il passo è breve.
Analogamente rimane ben salda la convinzione che per "suonare in chiesa" non sia assolutamente necessaria una preparazione musicale specifica e professionale. A questo proposito è illuminante una frase che abbiamo letto poco tempo fa su di un sito specializzato che diceva, chiaramente, che per fare gli organisti, i chitarristi od i "bonghisti" (proprio così!) in chiesa non è necessario il pedigree.
Ora, a parte che il pedigree, solitamente, è un attributo degli animali (anche se di razza) e non dei musicisti, il senso di questo atteggiamento è sempre uno ed uno solo: ai preti non interessa nulla della musica liturgica e, soprattutto, non hanno alcuna intenzione di retribuire chi la fa. Questo porta a quell'atteggiamento di indifferenza, che spesso sfocia nel disprezzo, dei musicisti diplomati, i quali proprio in forza del loro titolo di studio e della loro professionalità, richiederebbero una retribuzione adeguata alla loro qualifica.
E' curioso, a questo proposito, vedere come da una parte viene sempre più affermata dalla Chiesa la necessità che i musicisti liturgici siano non solo professionisti della musica, ma anche della liturgia mentre, dall'altra parte, si affermi che tutto questo non serve. E' la solita dicotomia delle posizioni ecclesiastiche, che non sono mai chiare, esplicite ed esaustive, lasciando sempre aperte mille possibilità di interpretazione, che sono una manna dal cielo per tutti coloro che in quell'ambiente ciurlano nel manico.
Questo è uno dei tanti motivi per cui diffidiamo fortemente della effettiva volontà di cambiare le cose. Pensiamo infatti che tutto si risolverà in un gran rimescolamento di carte che produrrà la confusione necessaria per creare una situazione di stallo duratura fino a che questo Sommo Pontefice, per la verità poco amato nelle Sacre Gerarchie e già abbastanza in là con gli anni, tolga il disturbo.
Detto questo, in un ultimo barlume di ottimismo, continuiamo a sperare che un giorno anche nella Chiesa Cattolica ogni chiesa possegga -per regola- un suo organo funzionante, suonato da un organista professionista, profondo conoscitore della liturgia e nominato dietro apposito concorso, retribuito con regolare contratto di lavoro ed adeguatamente valorizzato nella sua professionalità e capacità, considerato non come un inutile accessorio ma come figura essenziale per la celebrazione liturgica e per la vita della comunità religiosa. In quest'ottica, ça va sans dire, chitarristi e "bonghisti" -con o senza pedigree- dovranno essere tenuti accuratamente fuori dalle sacre mura.



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