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Abbiamo preso una brutta piega! - Chiesa e Musica (10)




Abbiamo recentemente letto, riportato sulla newsletter dell' A.I.O.C. (Associazione Italiana Organisti di Chiesa) uno scambio di opinioni avvenuto sul giornale "Verona Fedele", settimanale diocesano del capoluogo scaligero, tra un lettore che chiedeva se il servizio liturgico dell'organista debba essere stipendiato per l'attività che svolge e Mons. Bruno Fasani, curatore della rubrica "Lettere a mons. Bruno Fasani", il quale, testualmente, rispondeva:"Penso che in una comunità cristiana il servizio liturgico, tra cui rientra anche quello dell'organista, dovrebbe appartenere a quella gratuità di cuore che rende felici per il fatto di servire il Signore. Questa mania di dare a tutto un compenso sta finendo per togliere il senso della gratuità anche nel servizio evangelico. Brutta piega, frutto di un capitalismo dell'animo che ha inculcato l'idea che, senza denaro, non si muove niente."
Il problema della retribuzione stipendiale degli organisti è una questione di cui si dibatte ab immemorabilis ed alla quale, nella Chiesa Cattolica -e soprattutto qui in Italia-, riteniamo che non si troverà mai alcuna soluzione. La posizione di Mons. Fasani è comune a tutti i sacerdoti e rispecchia quella regola aurea che la Chiesa Cattolica applica da sempre, cioè che tutto quello che si fa deve essere "gratis et amore Dei". D'altra parte se il caro amico James Edward Goettsche, organista titolare della Basilica di San Pietro in Vaticano ed organista per le Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, non percepisce un centesimo per il servizio che presta presso la Cattedra di Pietro, ci si chiede che cosa pretendano questi organisti.
Ma non è stato tanto il senso, quanto le parole utilizzate da questo prelato che ci hanno notevolmente indisposto nei suoi confronti. Egli parla di "mania di dare a tutto un compenso", di "brutta piega" e di "capitalismo dell'animo", tutte cose che, a nostro modesto parere, offendono tutti quegli organisti che dopo essersi sciroppati anni ed anni di studio per imparare a fare il loro mestiere si sentono trattare in questi termini. Ed è per questo motivo che ci farebbe un grande piacere se il Mons. Bruno Fasani, personaggio perlomeno "discusso" ed abbondantemente esposto mediaticamente, che ci pare inoltre molto propenso a rivestire i panni del "tuttologo", figura tanto di moda ai giorni nostri, ci facesse conoscere l'ammontare dei compensi che egli percepisce per le sue collaborazioni a prestigiose testate di quotidiani nazionali (egli ci risulta infatti iscritto come Giornalista Professionista all' Ordine dei Giornalisti del Veneto) nonchè per le sue partecipazioni a trasmissioni televisive di grandissimo rilievo mediatico (tra cui diverse puntate di "Porta a Porta"). Ovviamente, viste le posizioni intransigenti sopra esposte, ci aspettiamo che ci dimostri che tutte le svariate e diverse attività che egli svolge le eserciti con quella "gratuità di cuore" la cui mancanza egli rimprovera agli organisti, e che anche lui, come uno sperduto missionario dell'Amazzonia, riesca a campare con i pochi soldi che l'Istituto per il Sostentamento del Clero gli assegna ricavandoli dai fondi dell'otto per mille. D'altra parte, però, sono finiti i tempi in cui i preti trascorrevano la loro giornata pregando, celebrando la Messa, confessando, visitando gli ammalati negli ospedali o nelle case, recitando i rosari per i defunti e trovando anche il tempo, al pomeriggio, di giocare al pallone con i ragazzini dell'oratorio. Al giorno d'oggi anche per loro vale la regola secondo cui da sicuramente più visibilità e notorietà (e, di conseguenza, più valore a ciò che si dice) scrivere sui giornali ed apparire in televisione piuttosto che curare le anime.
Ma, tornando al nostro discorso, secondo noi è profondamente e totalmente sbagliato l'approccio che la Chiesa Cattolica ha nei confronti di questo problema. In effetti è pressochè comune nel clero la visione dell'organista come di una persona che normalmente esercita un altro lavoro e che la domenica si siede alla consolle dell'organo e accompagna con quattro accordi i canti liturgici. Ovviamente, ed è palesemente chiaro a tutti, questa visione dell'organista è colpevolmente riduttiva ed interessatamente falsa, ma fortifica nei sacerdoti la possibilità di fare il discorso di Mons. Fasani, dimenticando volontariamente e colpevolmente che chi studia organo e si diploma dopo anni ed anni di faticoso studio, può e deve esercitare solo quel mestiere, esattamente come qualsiasi altro professionista, avvocato, medico, ingegnere e via discorrendo. Imporre ad un organista la gratuità del servizio liturgico sarebbe come far eseguire ad un architetto un progetto per poi rifiutarsi d pagarlo. Insomma, diciamola tutta, in questo campo la Chiesa, per suo interesse pecuniario, dimentica molto disinvoltamente che in una qualche pagina del Vangelo sta scritto che bisogna dare la giusta mercede agli operai.
Quanta differenza con le figure degli organisti professionisti che troviamo principalmente nelle religioni di ceppo Protestante, dove la musica e l'organo non sono considerati inutili impicci, ma aspetti fondamentali della liturgia! Per diventare organista si sostengono concorsi rigorosissimi in cui si deve dimostrare non solo di saper suonare l'organo, ma anche di conoscere perfettamente la liturgia, dirigere il coro, insegnare musica e tutto quanto serva per esercitare al meglio la "professione" di organista. Ed a fronte di un impegno professionale che riveste molteplici aspetti, tra cui molto spesso anche quello di comporre brani e canti per servizi liturgici specifici di particolare importanza, ed occupa interamente tutte le giornate della settimana viene percepito uno stipendio, rigorosamente correlato alla quantità e qualità dei servizi svolti, esattamente come avviene per qualsiasi altro professionista specializzato.
Questo è ciò che noi auspichiamo per il corretto riconoscimento e per la giusta valorizzazione della figura dell'organista professionista, ma d'altra parte sappiamo benissimo che per una nostra parrocchia stipendiare un organista costa sicuramente molto di più che far strimpellare una chitarra ai ragazzini durante la messa della domenica. E poi, al fondo del problema sta principalmente il modo in cui viene considerata la musica durante al Liturgia e l'importanza che le viene attribuita nell'ambito della stessa. Visti i tempi che corrono e quanto la musica liturgica sia stata penalizzata e degradata a partire dal Vaticano II fino ad oggi, la vediamo molto, molto dura per i nostri organisti.
Un discorso a parte meritano, per concludere, tutti coloro, specialmente nelle piccole parrocchie o chiese di piccoli centri, che effettivamente svolgono le funzioni di organisti per hobby o per passione, esercitando abitualmente altre professioni. A queste persone, secondo noi, va riconosciuto almeno il merito della passione, dell'assiduità e della dedizione alla musica liturgica. E questo riteniamo che non possa essere riconosciuto solamente con una fetta di panettone a Natale (come ci è capitato di vedere più volte), ma con una retribuzione quasi-simbolica, una specie di gettone di presenza commisurato al numero di prestazioni effettuate, che contribuisca almeno alla copertura parziale delle spese sostenute dall'organista per preparare e svolgere i suoi servizi.
Ecco, questo è quello che noi riteniamo equo e giusto per valorizzare adeguatamente la figura degli organisti di chiesa. Chiediamo troppo?.. Evidentemente si, ma in questo caso non ci dispiace affatto di aver preso, come dice Mons. Fasani, una "brutta piega".



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