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Diritti connessi




Abbiamo già parlato di SIAE e dei suoi iniqui, assurdi e vessatori balzelli. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito però che per riprodurre musica registrata non è più sufficiente pagare i diritti alla SIAE, ma anche ai produttori discografici. Si tratta dei cosidetti Diritti connessi, un'altra brillante idea partorita da quella schiera di burocrati mezzemaniche che albergano nel fertile sottobosco della politica, vassalli -adeguatamente foraggiati dagli stessi- dei discografici i quali, per merito di Internet, vedono ormai assottigliarsi paurosamente gli introiti e, temendo fortemente di non poter più continuare a mantenere lo yacht alla fonda a Portofino con i nostri soldi, hanno escogitato questa nuova truffa, incaricando i media loro proni di spacciarla come una grande conquista per la difesa dei diritti degli interpreti.
Non è il caso qui di entrare nelle cavillosità giuridiche escogitate da questi individui, a nostro parere assolutamente fallimentari come persone e che per invidia si sono votati al faticoso compito di rovinare la vita al prossimo; ci limiteremo a dire che ora per riprodurre in pubblico musica registrata, non occorre più pagare solo la SIAE (che già di suo taglieggia abbondantemente il popolo) ma anche i produttori discografici. Ma il bello è che questa norma vale anche per le cosidette musiche di sottofondo, cioè quelle che ad esempio si possono ascoltare nelle sale d'attesa dei medici, oppure nei supermercati. Questo aspetto è ulteriormente odioso e vessatorio, perchè presuppone, in caso di ascolto in sottofondo di trasmissioni radio, un multiplo (e secondo noi illegale) versamento dei diritti. Eh si, perchè oltre ai diritti che l'emittente radiofonica già paga per trasmettere, devono essere effettuati tanti versamenti di diritti quanti sono gli ascolti che di detta radio si fanno in pubblico nello stesso momento. Ciò, oltre ad essere semplicemente assurdo, è per noi assolutamente odioso perchè a fronte di un'emissione radio singola (per cui vengono già versati i diritti dovuti) vengono riscossi diritti come se a trasmettere quella musica fossero migliaia di emittenti contemporaneamente.
Questo aspetto del problema ribalta totalmente il principio secondo cui fino ad ora era chi trasmetteva musica che doveva pagare i diritti mentre ora devono pagare anche tutti quelli che ascoltano quella musica. E l'equiparare l'ascolto in pubblico di un brano musicale alla sua pubblica emissione è, secondo noi, materia su cui bisognerebbe imbastire una bella causa per vedere fino a che punto a questi loschi figuri è dato spazio per imperversare a spese dei cittadini.
Ma siamo in Italia, Paese in cui il Diritto ed il suo rovescio hanno ormai pari dignità e tanto siamo abituati ormai a lasciarci vessare dai potenti di turno che accettiamo qualsiasi sopruso senza neppure più farci attenzione. Ma d'ora in poi bisognerà stare accorti, perchè se per un fortuito caso la prossima estate, mentre saremo in spiaggia a goderci le meritate vacanze, commetteremo l'errore di tenere il volume della nostra radio abbastanza alto da farla udire all'ombrellone vicino, configurando così la situazione di diffusione pubblica di musica registrata, potremmo venir pizzicati dagli Agenti combinati della SIAE e dei Discografici che ci sanzionerebbero senza alcuna pietà, facendoci pagare, profumatamente, diritti annessi e connessi.



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