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Chiesa dei Santi Giuseppe e Lucia di Budoia

di Sandro Carnelos




 Organo Chiesa SS. Giuseppe e Lucia di Budoia
Da circa sei secoli lo strumento che in maniera ideale ha svolto il ruolo di accompagnatore e interprete della preghiera cristiana è l’organo a canne. Probabilmente è stata l’amabilità e diversità dei suoi timbri che meglio di tutti gli altri si associano alla voce umana che l’hanno fatto preferire ad altri strumenti, stà il fatto che l’organo, rispondendo al servizio che di epoca in epoca gli è stato chiesto, ha maturato la sua lunga e ricca trasformazione. L’organo ha svolto un servizio molteplice: ha accompagnato il canto del popolo e del coro; lo ha ampliato con preludi, interludi e postludi; si è offerto all’estro creativo dei compositori-organisti per perfezionare o coniare forme musicali. Così è venuto a crearsi un immenso repertorio musicale, la maggior parte del quale d’ispirazione sacra. Abbiamo in tal modo uno strumento che si fa mediatore di una cultura nella quale si riconoscono credenti e non.
Da qualche tempo, nella progettazione di nuovi strumenti, si assiste ad un particolare aspetto che prende il nome di strumento mirato (oppure Organo mirato). Cosa s'intende con questo termine? Per organo mirato si intende uno strumento particolarmente adatto ad un certo tipo di repertorio. Di conseguenza tutto ciò che riguarda la sua progettazione e costruzione, viene fatto prendendo in considerazione le peculiarità degli strumenti sui quali si è sviluppata la letteratura che s'intende eseguire vista l’inadeguatezza palese e ormai storicizzata degli strumenti cosiddetti eclettici che hanno imperversato nella nostra produzione organaria per quasi tutto il secolo scorso. In questi ultimi anni, l'esigenza di correttezza storica e filologica da parte degli organisti più sensibili ha sollecitato la costruzione di strumenti delle diverse scuole organarie europee. E infatti unanimemente risaputo che pensare di poter eseguire so uno stesso strumento correttamente e fedelmente tutta la letteratura organistica o parte di essa è pura utopia.
L’organo, dunque, deve essere primariamente un’opera d’arte.
Un organo diventa liturgico solamente quando, avendo raggiunto l’obiettivo di essere opera d’arte, viene usato con proprietà da un organista che sappia collocare pertinentemente il proprio servizio in seno all’Ufficio Divino. Quindi a rigore qualsiasi tipologia strumentale potrebbe andar bene allo scopo. D’altro canto, la storia stessa unita all’esperienza acquisita dallo scrivente che svolge il proprio servizio liturgico presso varie parrocchie, dimostra costantemente che non esiste una tipologia preferenziale di strumento liturgico.
Pertanto stabilendo a quale tipo di letteratura fare riferimento, dato che l'organo è lo strumento che più di ogni altro "parla" un linguaggio proprio, in relazione all’epoca storica e alla regione geografica di appartenenza, si analizzano gli strumenti di quel periodo storico e di quella zona, sia per quanto riguarda gli aspetti costruttivi che le caratteristiche foniche.
La presenza di una cantoria, degli aspetti architettonici della chiesa, della sua estetica nonché della sua naturale risonanza, ci hanno fatto propendere per lo stile classico francese, considerata l’assenza nel territorio di uno strumento similare e la totale presenza di strumenti dalla fattura tecnico-estetica tipicamente italiani. L’intenzione non era quella di creare uno strumento-copia del ‘700, dal momento che lo stesso deve essere inserito in un contesto ben definito quale quello della liturgia e dell’accompagnamento della comunità cristiana nei vari momenti di aggregazione spirituale, bensì un organo ispirato a tale periodo, quindi con le sue peculiarità tecnico-foniche ben precise: l’"eclat", l’ideale sonoro deve essere quello, con gli elementi e i parametri propri di quello stile.
L’organo francese del XVII - XVIII secolo è ritenuto tra i più interessanti strumenti europei grazie alla caratterizzazione ed imponenza dei suoi registri come le ance dal suono squillante e potente, alla soavità dei suoi flauti. Di fondamentale importanza per la costruzione degli organi di tale periodo e dal quale non si può prescindere nella realizzazione di uno strumento di questa scuola è il trattato "L’Art du facteur d’Orgues" di Dom Francois Bédos de Celles (1709 - 1779), geniale figura di organaro nativo di Beziers, monaco benedettino di Saint Maur, del quale ci rimane l’unico esempio nel bellissimo strumento dell'abbazia di Sainte-Croix di Bordeaux. Altre figure di organari importanti furono Pierre e Alexandre Thierry, Jean de Joyeuse, la famiglia Cliquot nella Francia settentrionale, Guillaume Lesselier, Robert Gouet in Normandia, Pierre Marchand, Charles Boisselin in Provenza. La Rivoluzione chiude l’apoteosi dell’organo francese dell’Age d’Or con la figura di uno dei suoi più grandi artefici del quale ci rimangono numerosi esemplari: Francois-Henri Cliquot.
Su questi strumenti dalle ricchissime possibilità timbriche, compositori quali N. Lebègue, J. H. d’Anglebent, A. Raison, F. Couperin, N. de Grigny, L. N. Clérambault, ecc. hanno sviluppato una letteratura raffinatissima dove il gusto per gli effetti timbrici ed ornamentali ispirano e danno vita alle diverse forme musicali.
Il timbro brillante dei registri solistici quali il Cornet, il Cromorne, la Trompette, la Voix Humaine, ecc. porta allo sviluppo di forme concepite in funzione delle sonorità stesse dello strumento. Solo in Francia, infatti, le combinazioni dei vari registri sono espresse nel titolo della composizione (Récit de Crormorne, Basse de Trompette, Fugue sur les jeux d’anche, ecc.).
La considerazione dei dati storici, combinata con le esigenze della pratica, nonché la determinazione e la disponibilità attenta e sensibile della Comunità di Santa Lucia di Budoia , hanno dettato le scelte e i criteri per la costruzione del nuovo organo.
L’organaro, quanto più è un valente artigiano, tanto più possiede una propria personalità artistico-costruttiva: infatti nella realizzazione di un nuovo organo ispirato ad un determinato periodo storico, dovrà approfondire e studiare le caratteristiche peculiari per poterle poi reinterpretare secondo la propria sensibilità, ricercando il tal modo una sintesi fra rispetto della tradizione e creatività, fra attenzione stilistica e fantasia. Per questi motivi la scelta è caduta sulla ditta di Andrea Zeni, giovane e valente organaro di Tesero (Trento) con alle spalle una adeguata esperienza sul periodo in questione ed in frequente contatto con la cultura organaria e organistica francese.
Quindi l’organo per la chiesa di S. Lucia di Budoia, pur caratterizzato nella tipizzazione al 600/700 francese, è in ogni caso un’opera firmata dalla ditta organaria Andrea Zeni, non una copia di un preciso strumento storico, aperta ovviamente ad altri repertori e che si colloca a pieno titolo nel locale panorama musicale.
La chiesa dei Santi Giuseppe e Lucia Bosco di Budoia, possiede ora un nuovo organo opera della ditta organaria Andrea Zeni di Tesero (TN). Lo strumento è stato concepito per uso liturgico e concertistico, inteso quest’ultimo come momento di elevazione culturale-spirituale per la comunità ecclesiastica e civile.

Caratteristiche tecniche:

La cassa è stata realizzata in rovere di Slavonia e trattata con olio. I fregi ornamentali sono intagliati in legno di tiglio, con tonalità differente rispetto al rovere della cassa.
Il prospetto dell’organo principale, oltre a mettere in evidenza le canne del registro Montre 8’, è completato con due organetti muti superiori.
La consolle, a finestra, è inserita negli elementi della cassa formando un corpo unico.
Le tastiere, realizzate con intelaiatura in rovere e tavola in abete di prima qualità, hanno la copertura dei tasti diatonici in bosso, i tasti cromatici sono invece di ebano.
La pedaliera, del tipo parallela diritta, è costruita in rovere con la copertura dei pedali cromatici in ebano.
I somieri sono costruiti con intelaiatura in rovere e con i canali di separazione in abete. I ventilabri in abete, guarniti con panno sottile e pelle, sono adagiati sulla tavola ricoperta da cartoncino liscio, dando così alla superficie di battuta dei ventilabri maggiore aderenza. Le stecche di registrazione costruite in legno kotò, adatto per la sua stabilità e compatezza a questo tipo di impiego, scorrono su guarnizioni in pelle calibrata evitando così perdite d’aria inopportune. Per la realizzazione delle coperte è impiegato lo stesso legno usato per le stecche dei registri.
La meccanica del movimento dei tasti e pedali è determinata dalle catenacciature, aventi la tavola in abete a tre strati con fibra incrociata, evitando così movimenti del legno. Le leve di queste, realizzate in ferro pieno, girano tramite perni in ottone inseriti in una sede in legno rivestita da panno molto resistente all’usura. Tutte le altre parti meccaniche come ad esempio: squadrette, tiranti ecc, sono realizzate con legno, ferro od ottone a seconda delle necessità. La meccanica dei registri è eseguita con rovere e ferro. I registri vari e il tremolo sono azionati da pomelli ad estrazione torniti in bosso, posti a lato delle tastiere, sul loro fronte sono inseriti dei dischetti di porcellana numerati rendendone più pratico l’uso. Il nome dei registri è manoscritto a china su pergamena.
L’organo è dotato di un unico mantice a cuneo collocato a destra dell’organo, rivestito internamente con cartoncino. Sopra alla cassa è posto il motore racchiuso a sua volta in una cassa insonorizzata. Il vento è portato ai vari somieri tramite tubi in legno.
Tutti i legni impiegati sono in massello.
Le canne sono, in totale, milletrecentosette.
Progetto Architettonico ed Intonazione a cura di Andrea Zeni.
Progetto Fonico e consulenza di Sandro Carnelos e Alessandro Bozzer.

Disposizione Fonica:

Positif

Bourdon 8
Flauto 4
Nasard 2-2/3
Quarte de Nasard 2
Terza 1-3/5
Cromorne 8
Grand Orgue

Montre 8
Flûte a cheminée 8
Prestant 4
Flûte douce 4
Doublette 2
Fourniture/Cymbale 5 rangs
Cornet 5 rangs
Trompette 8
Pédale

Soubasse 16
Flûte 8
Trompette 8



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