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San Gregorio Armeno - Napoli
Gli organi della chiesa della "Via dei Presepi"

di Graziano Fronzuto e Gian Marco Vitagliano




Cenni storici ed artistici

 San Gregorio Armeno - Napoli Le origini della chiesa e dell'annesso monastero femminile risalirebbero al X sec. con l'insediamento di monache basiliane che conservavano le reliquie della propria fondatrice Santa Patrizia (discendente dell'imperatore Costantino, vissuta nel VII sec.) e del patriarca d'Armenia San Gregorio (vissuto nel IV sec.). Sin da quell'epoca remota il culto per questi due Santi è sempre stato particolarmente sentito dai Napoletani e tuttora prosegue ininterrotto. A quanto se ne sa, in epoca medievale venne realizzata a tale scopo un'ampia chiesa a tre navate a pianta basilicale.
L'assetto attuale del complesso monumentale è dovuto alla nobildonna Giulia Caracciolo che, eletta badessa, attorno al 1575 ne ordinò un vasto rifacimento agli architetti Giovanni de Monica e Giambattista Cavagna; i lavori proseguirono sotto la successiva badessa, Beatrice Carafa, e via via con le altre (tutte appartenenti alla più alta nobiltà napoletana e spagnola).
Gli architetti trasformarono le navi laterali in cappelle e resero l'ampia navata centrale un tipico esempio di chiesa controriformata, con tanto di presbiterio coperto da cupola. La consacrazione avvenne nel 1579 per mano dell'arcivescovo Annibale de Capua.
Nei due secoli successivi la chiesa divenne uno dei più splendidi ed impressionanti esempi del barocco italiano, con un apparato decorativo tra i più ricchi mai realizzati. Basti ricordare il bellissimo soffitto a cassettoni che reca incastonati i dipinti di Teodoro d'Errico detto "il Fiammingo" (1580), gli affreschi della Gloria di San Gregorio nella cupola, realizzati da Luca Giordano (1679), l'altare maggiore scolpito da Dionisio Làzzari (1682) e le numerose tele che decorano pareti e cappelle (tra cui San Benedetto di Giuseppe de Ribera detto "lo Spagnoletto", la pala dell'altare maggiore dipinta da Bernardino Lama e -in sacrestia- l'adorazione del Sacramento di Paolo de Matteis).
Al centro dell'immenso chiostro, spiccano le sculture a grandezza naturale di Cristo e la Samaritana al pozzo, realizzate da Matteo Bottigliero per ordine della badessa Violante Pignatelli (1783) e la fontana restaurata nel 1843 per ordine della badessa Francesca Caracciolo. Nel XIX sec. il complesso monumentale conobbe alcuni decenni di decadenza finché Pio IX non lo visitò il 1° ottobre 1848 (in quel periodo il papa era in esilio a Gaeta) chiedendo espressamente al re Ferdinando II di restaurare questo ed altri edifici religiosi del suo regno.
I restauri puntualmente condotti per ordine del re nel decennio successivo portarono ad un nuovo breve splendore, che però, dopo l'Unità d'Italia, non evitò lo spopolamento. Infatti attorno al 1895 il cardinale Guglielmo Sanfelice affidò le ultime sette monache benedettine e l'intero monastero a Madre Maria Pia della Croce ed alle sue Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia (che vi sono tuttora). Nel corso del XX sec. (soprattutto nel dopoguerra e dopo il terremoto del 1980) si sono attuate alcune campagne di restauro che hanno riguardato solo alcune opere d'arte e purtroppo non l'intero complesso. Nonostante l'evidente degrado in cui oggi versa buona parte del monumento, si riesce ancora a percepire l'essenza di "Paradiso in Terra" secondo le parole del celebre storico seicentesco Carlo Celano.

Gli organi

La storia degli organi è stata trattata da Stefano Romano in un ampio capitolo del Primo Volume del suo trattato "L'Arte Organaria a Napoli" (Ed. S.E.N., Napoli, 1980 - Capitolo Specifico). A trent'anni dalla pubblicazione, la descrizione è tuttora valida (poco o nulla è purtroppo cambiato). Tuttavia è necessaria una serie di puntualizzazioni e di piccoli aggiornamenti di cui si dà conto di seguito.

Gli organi "gemelli" di Tomaso de Martino (1737 e 1742)

Sotto le ultime due arcate prima del presbiterio sono situate due doppie cantorie contenenti i due splendidi organi barocchi, costruiti da Tomaso de Martino che li realizzò nel 1737 (organo di destra, guardando l'altare) e nel 1742 (organo di sinistra); il prof. Romano, in ulteriori colloqui privati, ci ha evidenziato che l'organo di sinistra conterrebbe canne provenienti dall'organo realizzato alla fine del XVI sec. per ordine della badessa Beatrice Carafa.
Entrambi gli strumenti sono in abbandono da molti decenni, probabilmente da oltre un secolo. L'organo di destra, inoltre, è stato reso inaccessibile quando -tra il 1930 e il 1935- è stata risistemata la boiserie della sottostante cappella di Santa Patrizia: in tale occasione la scala d'accesso è stata chiusa (il pannello in legno in sua corrispondenza non è apribile) e ciò è stato fatto scientemente, a conferma che l'organo all'epoca risultava già abbandonato e non di fresco.
Registri azionati da pomelli in ottone collocati in doppia fila verticale a destra del Manuale:

Principale 8
Ottava
Quintadecima
Decimanona
Vigesimaseconda
Vigesimasesta
Vigesimanona
Tiratutti
Voce Umana
Flauto in Duodecima


 San Gregorio Armeno - Napoli Ciascun organo ha un unico manuale di 48 note con prima ottava 'cromatica stesa' (Do1 - Do5 senza primo Do#) ed ha pedaliera 'a leggio' di 12 note (Do1 - Do2 senza primo Do#) costantemente collegata alla corrispondente prima ottava 'cromatica stesa' del manuale.
Alla puntuale trattazione descrittiva del massimo studioso di organi napoletani occorre aggiungere un'osservazione non marginale: questi due strumenti sono del tutto singolari nell'arte barocca napoletana. Tre sono i motivi principali.
Il 1° è costituito dal campo centrale della mostra, che non è piano ma convesso; non si tratta invero di una novità né di un "unicum" poiché esistono strumenti anteriori di oltre mezzo secolo che hanno tale particolarità, cito soprattutto quelli costruiti da Andrea Bassi da Ravenna: due in Santa Maria dei Miracoli a Napoli (da secoli ridotti alla sola cassa e a mostre finte con canne in legno), due in Airola (Confraternita del Purgatorio e soprattutto quello stupendo della SS. Annunziata, costruito nel 1680 e unico ad essere oggi funzionante, essendo stato restaurato da Zanin nel 1992 e nel 1997).
Il 2° è legato al 1°: il campo centrale della cassa, sopra il campo convesso della mostra, è privo di cimasa (non ha né un arco, in modo da formare la tipica cassa 'a seriliana', né una decorazione 'a racemi' o 'a conchiglia' né tantomeno lo stemma della committenza, che è immancabile negli organi dell'epoca) e ciò crea un curioso effetto di schiacciamento del tutto atipico nelle casse napoletane; la sovrastante "zinefra reggitenda" dimostra che vi erano anche tendaggi che a loro volta contribuivano all'occultamento anziché all'esaltazione della magnifica decorazione della cassa.
Il 3° è il raddoppio delle cantorie: quelle originarie, chiaramente visibili, sono circondate da quelle aggiunte loro intorno, particolarmente vaste; e questa sistemazione non pare avere alcuna altra imitazione in zona (elemento simile è presente -per esempio- in alcuni organi fiorentini).
L'interpretazione di quanto sopra è piuttosto ardua, in assenza di studi specifici. L'ipotesi più verosimile è che lo stato attuale sia stato raggiunto dopo due fasi costruttive ben distinte.
La prima ha comportato la costruzione della cantoria più interna, delle casse d'organo (con tanto di cimasa centrale con stemma della badessa committente) e degli organi da parte del de Martino. L'accuratezza della realizzazione fa pensare ad un disegno architettonico di alto pregio, sicuramente dovuto ad uno dei prosecutori dell'opera di Dionisio Làzzari (si fa il nome di Domenico Antonio Vaccaro).
La seconda, probabilmente operata per ordine della badessa Violante Pignatelli attorno al 1780, ha prodotto l'assetto oggi visibile: la realizzazione della cantoria esterna, il taglio della cimasa delle casse e la sovrapposizione su di esse della "zinefra reggitenda" (probabilmente in tale occasione fu anche arricchita la decorazione delle casse, con l'aggiunta dei putti alla base delle lesene e le ulteriori palme e racemi alle ali esterne).

L'organo di Francesco Cimino (1790)

 San Gregorio Armeno - Napoli E' attualmente conservato nel "Cappellone" (o meglio Coro Absidale, collocato sopra il presbiterio e collegato alla chiesa tramite una ricca grata sopra la pala dell'altare maggiore), nell'estremità sinistra di esso. Il prof. Romano descrive questo strumento all'interno della seconda cappella di destra della chiesa. E in effetti era qui conservato fino ai primi anni '90 del XX sec.
Si può ritenere -anche grazie ad alcune testimonianze- che fino al 1960 fosse conservato sulla cantoria sopra l'ingresso principale e che fosse l'unico organo utilizzato dalle Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia tra il 1895 (quando fu loro affidato il monastero) e il 1960 (anno in cui fu realizzato l'organo Rotelli-Varesi).
La cassa è chiusa da due portelle con fini decorazioni pittoriche; la mostra è composta da due campi ad ali digradanti verso l'esterno con lesena centrale su cui battono le due portelle. Le due canne ai lati della lesena centrale recano le iniziali del costruttore (F.C.). Al suo interno, un cartiglio attesta l'anno di costruzione (1790) e ciò consente di attribuirlo con certezza a Francesco Cimino, anziché a Fabrizio o a Felice.
Lo stato di conservazione tuttora discreto, la meccanica perfettamente funzionante e la scorrevolezza dei registri indica che è stato ben conservato e ben usato fino a tempi recenti, anche se alcune canne di facciata sono intaccate dal cosiddetto cancro dello stagno.
Manuale di 45 note (Do1 - Do5) con prima ottava 'corta'
Registri azionati da pomelli in ottone collocati in doppia fila verticale a destra del Manuale, senza nomi:

Principale 8
Ottava
Quintadecima
Decimanona
Vigesimaseconda
Vigesimasesta
Vigesimanona
Flauto in Duodecima
Tiratutti


L'organo di Domenico Antonio Rossi (1769)

 San Gregorio Armeno - Napoli Anch'esso conservato nel "Cappellone", dalla parte opposta rispetto al precedente e si fa notare per le sue ampie dimensioni (soprattutto in altezza). Il prof. Romano lo descrive qui, ma al centro, in corrispondenza della grata sull'altare maggiore.
La cassa -particolarmente imponente- è chiusa da due portelle ciascuna suddivisa in due parti, con decorazioni non meno ricche; la mostra è composta da tre campi, ciascuno 'a cuspide'.
Lo strumento è stato rimosso nel 2005-2006 per un intervento commissionato dalla locale Soprintendenza; collocato brevemente in chiesa per consentire il concerto di presentazione al pubblico (tenuto dal prof. Livio de Luca il 6 maggio 2006) e nuovamente riportato nel "Cappellone", all'estremità destra, in un sito dove non è possibile aprirne l'anta destra. L'intervento suddetto ha sicuramente consentito la possibilità di far suonare lo strumento, ma è definibile come restauro a patto di considerare come tale la bonifica solo parziale delle parti foniche aggredite dal cosiddetto "cancro", la sostituzione dei tiranti con fil di ferro, la mancanza dell'elettroventilatore (quello utilizzato per il concerto è stato subito dopo rimosso). Non si vuole commentare tale intervento, chi l'ha attuato e chi l'ha vigilato, ma ci si limita a constatare che lo strumento è attualmente in condizioni tali da necessitare di un ulteriore intervento non poco approfondito, soprattutto confrontandone lo stato complessivo con quello dell'organo Cimino sopra descritto.
Manuale di 45 note (Do1 - Do5) con prima ottava 'corta' Registri azionati da pomelli in ottone collocati in doppia fila verticale a destra del Manuale.

Principale 8
Ottava
Quintadecima
Decimanona
Vigesimaseconda
Vigesimasesta
Vigesimanona
Tiratutti
Voce Umana
Flauto in Duodecima


L'organo Rotelli-Varesi (1960)

 San Gregorio Armeno - Napoli Come si è detto prima, il monastero è stato affidato alle Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia verso il 1895; si è anche detto dello stato degli organi settecenteschi e dell'utilizzo del solo positivo Cimino al centro del proprio coro (la vasta cantoria sopra l'ingresso). Dopo i difficili anni della Seconda Guerra Mondiale le suore hanno iniziato a pensare ad un organo moderno collocando altrove il positivo fino ad allora utilizzato. L'idea si è concretizzata nel 1960 rivolgendosi a Giuseppe Varesi. La scelta era conseguente al fatto che egli era genero e prosecutore dell'opera di Giuseppe Rotelli, colui che aveva realizzato due organi su commissione della Madre Fondatrice attorno al 1907 (uno per il monastero di Gaeta, su progetto fonico di Franco Michele Napolitano tuttora esistente in ottimo stato, ed un altro alquanto simile per la casa di Portici, che però non è sopravvissuto al 1945).
Registri azionati da placchette collocate in fila unica orizzontale al di sopra del II Manuale.

Grande Organo

Principale 8
Flauto 8
Unda Maris 8
Dulciana 8
Ottava 4
Decimaquinta 2
Ripieno 4 File
Espressivo

Bordone 8
Viola 8
Voce Celeste 8
Coro Viole 8
Flauto 4
Tromba 8
Tremolo
Pedale

Subbasso 16
Bordone 8
Violoncello 8


4 Combinazioni Aggiustabili generali; Combinazioni Fisse particolari
Pistoncini e Pedaletti di richiamo Unioni 8
Staffa Crescendo Generale
Staffa Espressione al II Manuale
Pedaletti Ripieno I, Forte II, Tutti
Estensione: Manuali di 61 note (Do1-Do6); pedaliera di 32 note (Do1-Fa3) di cui 30 reali (le ultime due reali solo per il Subbasso 16' a seguito dell'intervento del 2010); N.B. chi ha operato la sostituzione della consolle, tra gli anni '80 e '90 non ha tenuto conto della reale estensione del Pedale, fornendo una pedaliera standard; un successivo intervento aveva cercato di rimediare questa mancanza facendo sì che le ultime due note della pedaliera suonassero all'ottava precedente (!).
Nell'ultimo intervento si è eliminato questo "rimedio" e, sfruttando il prolungamento del Subbasso 16', si è fatto in modo che questo solo registro suonasse anche col Fa#3 e col Sol3.
L'organo ha avuto alcuni interventi. Il più incisivo è avvenuto attorno al 1980 con la fornitura di una nuova consolle (quella attualmente visibile). L'ultimo in ordine di tempo è stato attuato da Gian Marco Vitagliano nel 2010.

Conclusioni

I turisti che accorrono a fiotti in questa chiesa restano abbagliati dalla pur sbiadita bellezza dei capolavori in essa conservati e restano a bocca aperta sentendo suonare l'organo Varesi-Rotelli, qualunque sia il livello dell'organista di turno. Poi escono e si immergono nell'insormontabile folla compatta che riempie la viuzza per i famosissimi negozi dei presepi. Come ognuno potrà notare, si fermano più davanti alle statuine-caricature di sportivi e politici nostrani piuttosto che di fronte ai piccoli capolavori barocchi costituiti dai cosiddetti 'presepi tradizionali'. Un inconsapevole, generalizzato ed avvilente distacco dalla bellezza delle tradizioni del passato in favore del ridicolo effimero del presente che spiega anche in larga parte perché i quattro organi storici sono inutilizzabili (e uno di essi è persino inaccessibile).

Ringraziamenti

Gli Autori ringraziano l'organista Prof. Sac. Stefano Romano; la Rev.ma Madre Superiora Generale Floriana De Rosa; la sua Vicaria e la Madre Superiora del Monastero; ringraziano particolarmente le Rev.me Suore Thérese e Laila che ci hanno accompagnato nella visita al complesso monumentale ed alle preziose reliquie di Santa Patrizia e ringraziano il Maestro Federico Borsari per l'ospitalità nel suo sito e soprattutto per l'incoraggiamento nella stesura di quest'articolo.

Links utili:

La chiesa di San Gregorio Armeno nel sito www.dentronapoli.it
Il chiostro di San Gregorio Armeno nel sito www.dentronapoli.it
L'organo Rotelli-Varesi di San Gregorio Armeno di Gian Marco Vitagliano nel sito www.gmvitagliano.com
Concerti con l'organo Domenico Antonio Rossi (1769) - maggio 2006 nel sito del Coro Polifonico Universitario di Napoli
Biografia di Madre Maria Pia della Croce fondatrice delle Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia nel sito Santi e Beati
I sei organi della Basilica della SS Annunziata - Firenze di Graziano Fronzuto nel sito www.lapaginadellorgano.it

Le fotografie a corredo dell'articolo sono state scattate da Gian Marco Vitagliano.



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