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Gioseffo Zarlino

di Federico Borsari




 Zarlino Abbiamo già citato alcune volte il nome di Zarlino in occasione della trattazione dei "Temperamenti" (specificatamente in questa pagina), sottolineando la sua importanza nell'ambito della formazione della teoria musicale "moderna", cioè quella da cui presero le mosse tutte le evoluzioni che portarono nel corso dei secoli ad avere l'attuale sistema musicale, passando dapprima attraverso i vari sistemi inequabili, per arrivare infine all'attuale sistema temperato equabile, che accontenta i musicisti (cioè quelli che la musica la fanno) e scontenta tutti gli altri (i teorici, i filosofi ed i filologi della musica). Zarlino, che pure la musica la faceva, fu tra i primi a porre in discussione le teorie pitagoriche (secondo cui, lo ricordiamo, la formazione della scala musicale era basata sulla concatenazione delle quinte) per elaborare una teoria definita "naturale", che per la costruzione della scala musicale considerava gli armonici naturali di ogni suono. Questa teoria, esposta da Zarlino nel 1558 nella sua opera "Institutioni Harmoniche" non era, per quei tempi, del tutto innovativa, poichè già prima di lui Franchino Gaffurio (nel 1480, discutendo sul sistema esacordale di Guido D'Arezzo in relazione alle trattazioni di Johannes Gallicus) aveva intravisto una modifica sostanziale del sistema modale ma non era riuscito a definirla poichè l'uguale denominazione dei vari modi ecclesiastici rispetto a quelli greci (Dorico, Frigio, Lidio, ecc.) induceva a confonderli, perdendone di vista le differenze di impostazione venutesi a creare nel tempo e che, sostanzialmente, consistevano nel fatto che, mentre i modi greci erano formati da una serie di toni e semitoni "fissi" che veniva semplicemente "trasportata" (trasposta) in altezza, i modi ecclesiastici erano basati su serie di toni e semitoni che, a seconda dell'altezza in cui venivano trasposte, variavano. Elaborando le idee di Gaffurio, Zarlino arriva a teorizzare la differenza tra musica "enarmonica" e musica "chromatica", ed è proprio questo il punto focale della sua opera. Zarlino fu in effetti il primo che fissò le sue nuove teorie in un trattato che non solo le esponeva ma, anche, le "dimostrava" mediante esempi, grafici e formule matematiche. In breve tempo le sue "Istitutioni Armoniche" diventarono la base su cui, già a partire dagli anni immediatamente seguenti alla pubblicazione, si svilupparono le teorie che consentirono la nascita dei diversi "temperamenti" che interessarono soprattutto l'organo. Ed è perlomeno curioso constatare che quest'opera squisitamente teorica, basata essenzialmente sulle pratiche vocali di quel tempo e scritta da un musicista che ebbe poche frequentazioni con la musica strumentale (anche se organista, in effetti Zarlino compose solo opere vocali) produsse i suoi effetti non tanto sulle pratiche vocali (che continuarono ad evolversi in modo squisitamente "naturale"), quanto sugli strumenti ad accordatura fissa come l'organo ed il cembalo.
Le "Instituzioni Armoniche" non trattano, ovviamente, solo questi aspetti della musica. Nelle sue trecentosettanta pagine, divise in quattro parti, questo testo tratta anche della differenza, a quei tempi molto sentita, tra la musica "humana" e quella "mondana", trattata nella prima parte che, fondamentalmente, è dedicata alla definizione della musica, alla teoria musicale di quell'epoca, ai rapporti tra la musica e la matematica, ai rapporti matematici tra i vari suoni ed alla numerologia musicale. Nella seconda parte Zarlino si occupa dapprima di quella che a quei tempi veniva definita "teoria degli affetti", cioè la capacità della musica di "afferire" (portare) all'uomo sensazioni diverse (un capitolo, ad esempio, reca il titolo "Quali cose nella Musica habbiano possanza da indurre l'huomo in diverse passioni") per poi esporre le teorie di cui abbiamo parlato prima. La terza parte, che è anche la più corposa, è dedicata a quella che l'autore chiama "Musica Pratica", cioè il contrappunto, e vi vengono analizzate tutte le specie di consonanze armoniche che si possono presentare, quelle di buona pratica e quelle vietate ("Che non si debbe porre due Consonanze, contenute sotto una istessa proportione, l'una dopo l'altra ascendendo, overo discendendo senza alcuno mezo", il classico errore scolastico delle ottave e quinte parallele che si insegna alla prima lezione di Armonia...), il tutto corredato da una minuziosa serie di esempi musicali. La quarta parte è dedicata ai modi ecclesiastici e presenta le elaborazioni di cui abbiamo già parlato in precedenza.
Gioseffo Zarlino nasce a Chioggia il 31 Gennaio 1517. Entra come novizio nell'Ordine Francescano a quindici anni ed in quell'ambito riceve la sua educazione spirituale ed umanistica. Cantore presso il Duomo di Chioggia, nel 1539 ne diventa organista. Nel 1540 viene ordinato sacerdote e l'anno seguente si trasferisce a Venezia, dove approfondisce la sua formazione musicale con Willært, che a quell'epoca era Maestro di Cappella a San Marco. Nel 1558 pubblica, come abbiamo detto, le sue "Institutioni Armoniche", nel 1565 viene nominato a sua volta Maestro di Cappella a San Marco, incarico che ricoprirà fino alla morte, avvenuta in Venezia il 4 Febbraio 1590.
Nel 1571 pubblica la sua seconda opera teorica, le "Dimonstrationi Armoniche", altra opera fondamentale per la teoretica musicale nella quale si occupa più ampiamente dei "modi" musicali, dapprima concretizzando esemplarmente la serie dei modi ecclesiastici (otto, di cui quattro "autentici" (Dorico, Frigio, Lidio e Misolidio) ed altrettanti "plagali" (Ipodorico, Ipofrigio, Ipolidio e Ipomisolidio), cioè trasposti di una quarta inferiore) e poi ampliandola a dodici secondo la sua teoria del "senario", cioè una serie di sei suoni in cui anche le "consonanze" (intervalli) che prima venivano definite "imperfette" (cioè quelle di terza e sesta) venivano considerate utilizzabili. In questo modo Zarlino rende "praticabile" la teoria che Heris Loris, comunemente conosciuto come "Glareanus", aveva esposto venticinque anni prima nel suo testo "Dodekachordon". In quest'opera, Zarlino esemplifica anche la "costruzione" matematica degli intervalli di terza maggiore e terza minore e, a completamento di quanto già esposto nel libro precedente, definisce per la prima volta come "allegri" gli intervalli di quinta che presentano la terza maggiore e "mesti" quelli con la terza minore, anticipando le analoghe definizioni che nei secoli seguenti verranno adottate da altri musicisti e che, in definitiva, differenzieranno da allora in poi i due modi ("maggiore" e "minore") fino ai nostri giorni.
Zarlino fu, evidentemente, più un teorico della musica che un musicista e, sebbene abbia composto circa una cinquantina di opere vocali (motetti e madrigali molto complessi, anche a cinque e sei voci), la sua fama, sia presso i contemporanei che nei secoli seguenti, derivava -e deriva tuttora- dalle sue opere teoriche. In vita, come succedeva spesso in quell'epoca, dovette confrontarsi, talora anche aspramente, con teorie di altri studiosi che contestavano e si contrapponevano alle sue idee. In particolare due furono i suoi principali oppositori, Giovanni Spataro e Vincenzo Galilei (padre del ben più famoso Galileo), che si opponevano non tanto alle sue teorie matematiche, che erano pressochè inattaccabili, quanto alla sua predilezione verso la musica polifonica mentre essi ritenevano che la "buona musica" potesse essere solo quella monofonica.
Col senno di poi, dobbiamo dire che ha avuto ragione lui.



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