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Luigi Picchi




 Luigi Picchi
Il 12 Agosto 1970 si spegneva una delle luci che avevano segnato la musica organistica (e non solo organistica) italiana per quaranta anni. Luigi Picchi è stato troppo presto dimenticato anche da quelle generazioni di organisti che hanno mosso i loro primi passi cimentandosi con i brani delle raccolte organistiche che egli aveva curato per la Casa Editrice Carrara ("Laus Decora", "L'Organista Liturgico", ecc.). Chi scrive conserva ancora gelosamente alcuni di quei fascicoli, a suo tempo ricevuti in dono da un anziano organista parrocchiale, ed ogni volta che, per nostalgia, li riprende in mano trova sempre nuovi motivi per arricchire la sua esperienza musicale.
Luigi Picchi era nato a Sairano, in provincia di Pavia, il 27 Settembre 1899 e fin da giovanissimo aveva iniziato ad apprendere di musica dal padre, organista parrocchiale. A Pavia, poi, aveva studiato con Vittadini e Baroni, ma era poi in quel di Milano, presso il Conservatorio, che aveva potuto studiare e diplomarsi con alcuni dei più grandi musicisti italiani del primo Novecento. Con Andreoli studia pianoforte, con Cervi e Bognetti organo, con Marco Enrico Bossi e Paribeni studia armonia e contrappunto, con Bas Canto Gregoriano e con Ferroni composizione, primeggiando in ogni materia e dimostrando una personalità musicale spiccatissima che dapprima gli consente di svolgere l'attività di Direttore di spettacoli teatrali e, nel 1928, di vincere il Concorso per ricoprire il posto di Organista e Maestro di Cappella presso il Duomo di Como, incarico che ricoprirà per quarantadue anni, fino al 12 Agosto 1970, giorno della sua morte.
La sua attività musicale si è svolta tutta in quella città, dove ai compiti istituzionali affiancava anche l'insegnamento presso gli Istituti Musicali della zona, l'attività concertistica, che lo vedeva interprete virtuoso ed attento, la scrittura di opere propedeutiche e didattiche, la composizione di opere corali, orchestrali ed organistiche, lo studio e l'approfondimento della musica antica (tra cui la valorizzazione della figura e delle opere di Francesco Rusca, maestro di cappella a Como nel 1600), la fondazione di una scuola di musica a Lugano in Svizzera e la cura e la pubblicazione di quella serie di raccolte di musica organistica che lo hanno reso famoso e celebre soprattutto per avere contribuito in modo determinante alla diffusione dell'organo in un tessuto musicale che a cavallo della Seconda Guerra Mondiale si rivelava abbastanza povero di iniziative e di personaggi. Le sue pubblicazioni raggiungevano tutte le cantorie e le parrocchie e non c'era organista, professionista o dilettante che fosse, che non le utilizzasse. Sotto questo punto di vista Luigi Picchi può essere veramente considerato uno dei padri dell'organo italiano attuale e se la sua opera "fisica" si è svolta tutta in un piccolo contesto locale, la sua opera didattica e divulgativa ha raggiunto e ben varcato gli italici confini, apprezzata anche all'estero.
La produzione musicale di Luigi Picchi è molto consistente. Oltre alle raccolte sopra citate, abbiamo diverse Messe, qualche centinaio di motetti, una consistente produzione giovanile orchestrale improntata ad un'italianità molto spiccata e figlia di quell'epoca, alcune cantate sacre, molti brani cameristici per pianoforte ed altri strumenti, e quasi quattrocento composizioni per organo tra cui, a nostro parere importantissima, una raccolta di Preludi e Postludi su temi gregoriani, che anticipa di molto quella riscoperta del Canto Gregoriano che è caratteristica della produzione organistica di questi ultimi anni.
Tutta l'opera organistica di Luigi Picchi è stata recentemente pubblicata da Carrara in cinque volumi e rappresenta senz'altro una fondamentale testimonianza non solo della sua personalità musicale, ma anche di quasi mezzo secolo di organo italiano.
Con queste poche righe abbiamo voluto ricordare una figura molto significativa e per molti versi fondamentale nel panorama dell'organo taliano del Novecento, che meriterebbe sicuramente una ben diversa valorizzazione da parte di quegli organisti ed interpreti che oggi sono, anche se forse non lo sanno, suoi figli ed eredi.



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