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Virgil Fox




 Virgil Fox
Abbiamo parlato, qualche tempo fa da queste pagine, di Cameron Carpenter, il giovane virtuoso statunitense dell'organo che affascina le folle con le sue interpretazioni spettacolari. Di lui avevamo sottolineato l'innata e spettacolare tecnica, che gli consente di prendersi gioco delle pagine più difficili della letteratura organistica ma, anche, la sua -per ora- notevole inesperienza nell'ambito squisitamente interpretativo e la sua mancanza di cultura musicale organistica sotto il punto di vista storico e filologico. Egli è un brillantissimo potenziale continuatore di quella stirpe di organisti spettacolari statunitensi che nella miglior tradizione di un Lemare, hanno visto come punto di riferimento per quarant'anni sulla scena internazionale un personaggio molto discusso ma per altri versi molto importante che è stato Virgil Fox.
Virgil Fox è stato forse l'organista più amato e conosciuto negli States fin da quando, nel 1926, all'età di soli quattordici anni, tenne il suo primo concerto sullo Skinner dell' East High School di Cincinnati, davanti a -udite bene- duemilacinquecento ascoltatori.
Nato a Princeton il 3 Maggio 1912, Virgil Fox si rivela fin dai primissimi anni un vero e proprio fenomeno musicale e la sua bravura lo porta fin da giovanissimo alla notorietà; la sua tecnica strepitosa e le sue capacità musicali gli fanno conseguire, all'età di 17 anni, il Primo premio al Biennal Music Contest di Boston, diventando così il primo organista a vincere tale competizione. Nel 1931 consegue tutti i primi premi agli esami presso il Conservatorio di Baltimora, aprendo così la strada ad una carriera eccezionale, che lo porterà a diventare uno degli organisti più amati, ma al contempo contestati, del Mondo.
Non è possibile in questa breve pagina, elencare tutti i successi di questo strepitoso organista, ma ci basterà sapere, ad esempio, che nel 1932 si trasferisce per un intero anno a Parigi, dove studia con Marcel Dupré e con Joseph Bonnet, e questo la dice lunga sul suo desiderio di approfondimento e di conoscenza della grande scuola organistica europea. Questa esperienza sarà per lui fondamentale ma non fine a se stessa; egli infatti maturerà durante la sua carriera uno stile che medierà i canoni dell'interpretazione organistica europea con le caratteristiche di spettacolarità proprie dello show-business statunitense, talora con risultati di altissimo valore, altre volte con qualche caduta di stile che i suoi detrattori, legati alla filologia organistica europea, non gli perdoneranno, dimenticando peraltro che egli fu il primo organista non europeo che, nel 1936, alla Thomaskirche di Lipsia, ebbe il privilegio di esibirsi in un apprezzatissimo concerto interamente dedicato alle musiche di Johann Sebastian Bach.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale venne arruolato nell'esercito con lo specifico compito di effettuare concerti a favore dei militari statunitensi (ne tenne più di seicento in tre anni), la sua carriera concertistica internazionale divenne importantissima e lo portò ad esibirsi in Inghilterra, Francia, Germania e Belgio, con grandissimo successo. Durante le sue tournées egli ebbe modo di conoscere ed apprezzare i più grandi interpreti europei e di confrontarsi con loro, assimilandone lo stile ed approfondendo ulteriormente le sue conoscenze sulla musica organistica europea fino al 1961, anno in cui realizzò, con Georges Prêtre a Parigi, la prima esecuzione mondiale della Sinfonia Concertante di Jongen, che rimane una delle sue interpretazioni più alte.
Nel 1970, sull'onda dei grandi concerti che gli artisti della Pop-Music portavano in giro per le città d'America con grande dispiegamento di mezzi tecnici, luci ed effetti speciali, Fox decide che anche l'organo può diventare una star musicale per i giovani e per un pubblico nuovo. Nasce così il suo primo tour "Heavy Organ", che per nove anni lo vedrà esibirsi in stadi, teatri ed arene alla consolle di un Rodgers elettronico appositamente realizzato per lui, accompagnato da spettacolari effetti di luce e scenografici, proprio come nei concerti rock-pop di quei tempi. Il repertorio di questi "happenings" musicali era, ovviamente, la musica organistica di Johann Sebastian Bach.
Ed è proprio in questo periodo che Virgil Fox attira su di se le critiche più feroci. Ai sepolcri imbiancati della filologia organistica non va giù il fatto che la musica di Bach venga proposta in questo modo, su di un organo elettronico, con un organista che scorrazza su e giù per gli Stati Uniti a bordo di una carovana di trucks carichi di amplificazioni, mixers, luci ed effetti speciali, allo stesso modo dei Led Zeppelin. Così come non vanno giù ai filologi afflitti da feticismo musicale, i suoi "arrangiamenti" di opere bachiane considerate "intoccabili", che Fox propone peraltro senza mai stravolgerne l'essenza musicale (la sua "realizzazione" del corale Komm Süsser Tod è un vero capolavoro).
Ma Virgil Fox non si cura delle critiche e prosegue nella sua attività, che porterà avanti fino al settembre del 1980 quando, minato da un male incurabile, tiene il suo ultimo concerto, spegnendosi poi il 25 ottobre seguente.
Di Virgil Fox è stato detto molto sia nel bene che nel male. Di sicuro egli rimane un organista dalla tecnica sorprendente e dalla musicalità profonda e radicata, nata nell'ambiente dell'organo statunitense, di cui ha mantenuto le caratteristiche di spettacolarità e di virtuosismo che la caratterizzano nel suo aspetto più ludico, ma cresciuta e maturata dagli studi musicali effettuati in Europa, dal confronto con i massimi organisti europei del Novecento e dall'approfondimento delle caratteristiche dell'organaria europea. In quest'ottica, la musica di Bach è stata il grande filo conduttore della sua carriera artistica, talora affrontata con tutti i crismi della filologia, altre volte rivisitata attraverso la lente di quella filosofia musicale prettamente americana che vuole tutto trasformato in spettacolo, in sensazioni ed in emozioni forti.
Dall'alto della nostra bimillenaria cultura mitteleuropea possiamo sarcasticamente sorridere nell'ascoltare In dulci jubilo eseguito con Voci Eteree, Arpa e Campane, oppure inarcare il sopracciglio quando egli disinvoltamente usa la cassa espressiva inserendo crescendi arbitrari nel BWV 532, o, anche, indignarci ascoltando il tema di Wachet auf scandito da una fanfara di Trombe Orizzontali; ma se per un attimo lasciamo da parte il nostro spirito critico e lasciamo che sia l'essenza e lo spirito della Musica a riempire il nostro ascolto, ecco che le interpretazioni che Virgil Fox ci propone, ad esempio, di Erbarm dich mein, o Herre Gott o, ancora meglio, di Komm, Süsser Tod riescono ad arrivare a parlare al nostro animo, superando tutte le barriere mentali create dalla nostra appartenenza ad un mondo che da troppo tempo ormai mette la ragione, il calcolo e la critica al primo posto nella vita, perdendo sempre più di vista le grandi emozioni che ci da il cuore. Ed allora perchè stupirsi ed indignarsi quando il pubblico, durante i suoi concerti, alle prime note della Fuga alla Giga BWV 577 (ricordo qui ai puristi della filologia, che tendono spesso a dimenticarlo, che la Giga era -per l'appunto- una danza popolare del Seicento) balzava in piedi e si metteva a ballare?
Virgil Fox dal 1941 al 1980 ha inciso sessantatre dischi e tenuto migliaia di concerti in tutto il Mondo alle consolles dei più rinomati e famosi strumenti. La sua figura campeggia nel panorama organistico statunitense tra i più grandi esponenti di quello che è lo spirito americano dell'organo e le sue "trascrizioni" delle opere bachiane sono sempre ai primi posti nel gradimento non solo popolare, ma anche degli addetti ai lavori.
Ma sarebbe riduttivo considerare Fox solo alla luce delle sue interpretazioni bachiane; egli era un musicista maiuscolo e la sua realizzazione della Sinfonia Concertante di Jongen ne è la dimostrazione. Egli nei suoi concerti e nelle sue incisioni discografiche, pur privilegiando la musica bachiana, spaziava ampiamente; basti pensare che nel suo primo disco, un doppio 78 giri inciso nel 1941, comparivano la Toccata di Gigout, lo Scherzo dalla seconda Sinfonia di Vierne e la Toccata Tu es Petrus di Mulet, mentre nel secondo disco, uscito nel 1946, proponeva la K608 di Mozart, la Prima Sonata di Mendelssohn ed il Preludio e Fuga Op. 7 n. 3 di Dupré. Come si vede, egli era un organista che si differenziava molto dagli altri colleghi statunitensi dell'epoca, e questo grazie agli anni di studio e perfezionamento trascorsi in Europa che gli aprirono larghi orizzonti in cui spaziare e da cui trarre ampia ispirazione e linfa per la sua attività. Nonostante questo egli, per molti, rimane ancora oggi una specie di bestia nera, e questo solamente a seguito di un giudizio affrettato e riduttivo derivante da una visione della sua attività concertistica legata ai canoni "classici" ed europei che non può essere applicata alla realtà musicale ed organistica statunitense di quegli anni (e, per la verità, neppure a quella di oggi). Fortunatamente, da poco tempo è stata intrapresa un'opera di ripubblicazione delle sue incisioni discografiche (che trovate presso www.organarts.com) che potrà rendergli giustizia e ricollocare questo musicista nel posto che gli compete nel panorama organistico mondiale, con buona pace di tutti coloro, compreso chi scrive per alcune cattive considerazioni incautamente espresse negli anni giovanili, che lo hanno sbeffeggiato e deriso senza conoscerlo.



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