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Musica organistica per il Natale eseguita da Robert Grogan




In Dulci Jubilo
Organista: Robert Grogan
Organo della National Shrine Basilica of the Immaculate Conception di Washington
CD - DDD - Gothic Records - G49069

Parlare di musica organistica quando ci sono di mezzo gli Stati Uniti d'America è sempre arduo e molto difficile. Questo perchè la realtà organistica di questo grande Paese è molto differente da quella europea ed è quasi inevitabile che quando i critici europei si pronunciano su prodotti di oltremare più che di critica si tratta di stroncatura.
Sembra niente, ma ancora oggi che il Mondo è diventato piccolissimo, tra noi e l'America ci sta di mezzo il mare, e per mare possiamo definire un background culturale e storico che ci fa considerare gli statunitensi sempre esagerati, ridanciani, grossolani, eterni ragazzoni mai cresciuti e via dicendo.
La verità, almeno nel campo organario ed organistico, è che gli Stati Uniti non hanno una storia ed una tradizione pluricentenaria di organo; hanno, semplicemente, dei meravigliosi organi, dai timbri fantastici, per noi inauditi e, come tutto il resto, enormi ed esagerati, in una parola, 'americani'. In tale contesto le interpretazioni bachiane di un Virgil Fox, con tanto di campane, voci eteree, arpe e simili, che a noi fanno ridere, laggiù sono considerate veri e propri capolavori.
In breve, è tutta questione di diverse culture, prima di tutto sociali ed estetiche, che si specchiano anche nel campo organistico e per effetto delle quali noi europei ci possiamo togliere, ad esempio, la soddisfazione di ascoltare anche musiche di Zipoli e Pasquini eseguite su 'bestioni' da cinque tastiere e trecento registri. Insomma, tutto viene filtrato attraverso quell'ottica tutta 'americana' di magniloquenza, solennità e festosità che tutto appiattisce e rende omogeneo, tanto che dopo qualche minuto di ascolto (provare per credere!) non si riesce più a distinguere se si sta ascoltando musica di Bach o di Sowerby.
Con questo nulla togliamo agli organisti americani, che tecnicamente non sono secondi a nessuno e che in moltissimi casi cercano di entrare nello spirito giusto frequentando corsi di perfezionamento in Europa e riuscendoci spesso molto bene. E' però anche vero che gli organisti statunitensi preferisco ascoltarli nell'interpretazione di musiche di autori americani, dove lo spirito del compositore coincide con quello dell'interprete, realizzando esecuzioni che dalla maggior parte degli organisti europei non potremmo mai avere.
Tutto questo discorso per 'entrare nello spirito' del disco che presentiamo oggi. In esso troviamo musiche natalizie di autori antichi e moderni europei ed americani. C'è un po' di tutto, dall' Introduzione e Pastorale di Pasquini al Preludio su 'Silent Night' di Samuel Barber, dal Noël Suisse di Balbastre alla Rapsodia su 'Sussex Carol' di Norberto Guinaldo, passando per Bach, Boëllmann, Liszt, Chauvet, Andriessen ed altri.
Ascoltando questa incisione balza alle orecchie proprio quello che abbiamo detto più sopra. Si inizia con il corale 'In dulci jubilo' di Bach, che da il titolo all'album e la prima impressione è di avere sbagliato disco, tanto l'interpretazione è distante anche solo dai più banali canoni interpretativi bachiani europei, e così deve dirsi per Buxtehude (In Dulci jubilo, Puer Natus in Bethlehem), Balbastre e, purtroppo, Pasquini, la cui Pastorale viene sacrificata sull'altare di un mastodontico quattro tastiere e pedaliera su cui nessun studente di terzo anno di organo italiano penserebbe neppur lontanamente di poter eseguire una tale composizione.
Per gli autori più 'moderni' le cose vanno decisamente meglio (Noël di Chauvet, Offertoire sur des Noëls di Boellmann, ecc.), mentre è nella musica americana la migliore soddisfazione che si trae da questa incisione, dove le varie opere spiccano di emotività, spessore lirico, fantasia inventiva, e dove, paradossalmente, si coglie più precisamente il grande difetto di questo disco: la scelta del repertorio.
Robert Grogan, infatti, non è l'ultimo arrivato sulla scena organistica americana. Egli, oltre ad essere dal 1964 organista nella Basilica dell' Immacolata Concezione di Washington, è a capo della Scuola di Musica dell' Università Cattolica Americana, è membro dell' American Guild of Organists ed ha composto diverse opere, non solo organistiche, molto apprezzate anche in Europa, dove spesso effettua tournées con ottimo successo. Stupisce, pertanto, che una persona di tale rilevanza musicale sia caduta in un così grave errore di scelta di repertorio, interpretando su di uno strumento assolutamente inadatto brani che avrebbe fatto meglio a lasciare dormire nei loro spartiti. Non dobbiamo però dimenticare che le case discografiche statunitensi badano solo ed esclusivamente al profitto e, sicuramente, un prodotto contenente anche brani classici di autori del passato ha dato loro un risultato di 'cassetta' sicuramente migliore.
Un cenno, infine, sullo strumento. L'organo, costruito nel 1964 dall'organaro Möller, non è neppure dei più grandi, ma vanta le sue quattro brave tastiere e pedaliera, i suoi 106 registri (nominali) e presenta tutte le caratteristiche delle sonorità dell'organo americano, in cui tutti i registri, dal più flebile al più potente, ci fanno intendere che gli organari statunitensi sono sicuramente i migliori del Mondo sotto il punto di vista tecnico, ma che dal punto di vista della fantasia lasciano molto a desiderare.
Non mi sento di consigliare questo disco a chi è abituato ad interpretazioni filologicamente corrette; è però molto utile, e direi quasi indispensabile, per scoprire un mondo organistico ed organario che in Europa non è molto conosciuto (si possono infatti ascoltare opere di autori statunitensi che da noi non vengono mai interpretate) e per togliersi la soddisfazione di ascoltare sonorità organistiche 'perfette' sotto il punto di vista dell' intonazione e dell'accordatura.



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