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Elegien ohne Worthe per Organo e Violoncello




Elegien ohne Worthe
Organo: Andrea Toschi
Violoncello: Luca Paccagnella
Organo della sala "Venezze" del Conservatorio di Rovigo (Italia)
Produzione Conservatorio di Rovigo - 2012

Andrea Toschi è un ospite pressochè "fisso" delle nostre pagine; lo abbiamo apprezzato in passato per le sue splendide interpretazioni sia della musica antica che della musica moderna e contemporanea. In seguito ne abbiamo trattato le notevolissime interpretazioni in duo con altri strumenti, nelle quali ha sempre dimostrato doti musicali ed interpretative di altissimo livello, cogliendo sempre e nel migliore dei modi lo spirito più profondo e genuino delle opere, inquadrandole alla perfezione sia nel loro contesto storico che nell'ambito di un panorama musicale specificatamente rivolto all'Ottocento ed al primo Novecento, periodo assai misconosciuto ma ricchissimo di ispirazione e di novità. Lo abbiamo altresì ultimamente apprezzato anche all'armonium, strumento "principe" di quel periodo musicale, che Toschi "rispolvera" riconsegnandogli quell'importanza e quella dignità che ne avevano fatto uno degli strumenti musicali più apprezzati ed indicati per l'interpretazione di un repertorio che lo vedeva come ideale sostituto "da camera", e non solo da chiesa, dell'organo.
Oggi trattiamo un'altra bella produzione discografica, dedicata anch'essa alla musica moderna, in cui troviamo l'organo nella veste di "accompagnatore" della voce orchestrale più bella, quella del violoncello, qui magistralmente suonato da Luca Paccagnella. Il repertorio spazia dai monumenti della musica di quel periodo quali Reger, Rheinberger, Bossi e Saint-Saëns per spingersi fino al Novecento anche più inoltrato con opere di Gulbins, Parisini, Sulzer, Padre Santucci, Lincetto e Becheri.
Già dalle prime note della Consolation di Carl August Fischer ci si trova assolutamente immersi in quella particolare atmosfera che permeava l'ambiente musicale mitteleuropeo del secondo Ottocento, in cui il lirismo, l'espressività e la capacità di suscitare sentimenti forti tramite la musica erano caratteristiche assolutamente dominanti. E la voce del violoncello, ora struggente, ora malincolina, ora imponente e comunque sempre dolcissima ne è qui una splendida testimonianza, con un continuo slancio armonico ed espressivo che aprono il disco in modo veramente splendido. La Prière di Saint-Saëns ci presenta un aspetto musicalmente più meditativo, introducendo una bellissima pagina del nostro Oreste Ravanello, la Contemplazione, nella quale spiccano le caratteristiche musicali eminentemente proprie della scuola italiana, che al rigore formale unisce uno slancio lirico assolutamente particolare ed unico, che qui si trasfonde in un sentimento veramente profondo che fa di questo breve brano un piccolo capolavoro. Del grande Rheinberger, maestro assoluto del postsinfonismo organistico e strumentale mitteleuropeo, ascoltiamo poi l'Abendlied che ad una ferrea impostazione formale classica unisce tutte le caratteristiche di profondità d'ispirazione proprie di questo compositore. L'ampio respiro con cui Marco Enrico Bossi tratta una formulazione musicale di stampo prettamente classico caratterizza invece la Benedizione Nuziale, brano di notevole impatto e di particolare ipirazione mentre il Recitativo ed Aria di Camillo Schumann si ispira più profondamente agli stilemi operistici, in un gioco di alternanze assai seducente e di carattere rapsodico che trae ancora più efficacia da sapienti cambi tonali. I quattro brani (Andante, Sehr ruhig, Ruhig bewegt e Largo) di Max Gulbins, compositore a cavallo tra Ottocento e Novecento, pur non discostandosi dalle caratteristiche formali del periodo immediatamente precedente, forniscono purtuttavia una buona chiave di lettura di una progressiva evoluzione dello stile, caratterizzata da una scrittura che spesso e volentieri trae spunti assai interessanti dai cambi di tonalità mentre la Pastorale di Ferruccio Parisini, dello stesso periodo, pur mantenendo un'impostazione strettamente classica basata sulla forma ternaria, introduce delle belle evocazioni stilistiche e sonore proprie della musica a programma, dove strumenti tipicamente "pastorali" come zampogne, pive e pifferi, vengono splendidamente rese dall'organista mediante un sapientissimo uso dei registri e delle loro varie sfumature. L'Aria di Max Reger, altro grande della musica del Novecento, ci conduce in un panorama musicale che cooniuga il classicismo accademico proprio di questo autore con un'ispirazione tardoromantica che schiude spiragli di notevole eleganza e la caratterizza in modo assolutamente particolare. Con Padre Pellegrino Santucci ci spostiamo ulteriormente verso il Novecento italiano avanzato; di lui possiamo ascoltare due brani, Oratio Jeremiae Prophetae e Invocazioni, entrambi fortemente caratterizzati da una scrittura moderna, dalla spiccata varietà ritmica coniugata con un trattamento molto caratteristico delle linee melodiche, che trascorrono dalla assoluta cantabilità al declamato più stringente, rendendo lo spirito di questi brani assolutamente particolare, il tutto aggregato da una complessità formale che ingloba il tutto in un "unicum" di grande suggestione. Josef Sulzer fu un violoncellista austriaco che nel brano qui presentato, Sarabanda, rievoca con splendidi spunti compositivi l'antichissima danza di origine mediorentale che in tutta la storia della musica è stata posta come base di composizioni strumentali, anche puramente organistiche, di grande bellezza e che rivive qui nella sua più genuina ispirazione. Le due Arie di Adriano Lincetto, autore quasi contemporaneo di cui già in passato Andrea Toschi ci ha proposto alcune composizioni, coniugano una prassi formale decisamente classica, basata sulle variazioni sopra un basso ostinato, con il carattere squisitamente melodico di questa forma musicale che lascia ampio spazio a digressioni armoniche di notevole interesse. Seguono poi due brevi brani di Roberto Becheri, autore contemporaneo, entrambi basati su melodie gregoriane. Il primo, In mei memoriam facietis -per organo solo- presenta un andamento ritmico di carattere neumatico caratterizzato da una costruzione armonica strettamente diatonica mentre il secondo, Cantantibus Chordis, presenta un andamento tonale spiccatamente libero. La conclusione del disco è affidata a Gunther Marks, autore assai attivo nel secondo Novecento, che ci ripropone qui una forma squisitamente classica, la "Partita" su corale, da sempre una delle forme musicali più interessanti a cui i più grandi autori del passato -soprattutto barocchi- hanno affidato splendide ed indimenticabili pagine. La Choralpartita Jesu meine Freude di Marks è costituita da sei piccole variazioni sul tema, sei piccole perle musicali che chiudono in vera bellezza questo disco.
Anche in questo disco non possiamo che sottolineare, con vero piacere, l'approccio con cui Andrea Toschi si avvicina e si appropria dello spirito musicale di queste composizioni, in quella perfetta ottica di "accompagnamento attivo" del violoncello; grazie a questo intelligente atteggiamento, l'organo non è un semplice sostegno armonico od un banale comprimario, ma interpreta alla perfezione il suo ruolo, rimanendo ora in soffuso orizzonte, ora dialogando magistralmente con il cello, ora prendendosi pienamente la scena quando la musica lo esige, diventando il partner perfetto per Luca Paccagnella, splendido violoncellista e musicista di gran classe, tecnicamente straordinario ed espressivamente magistrale nel cogliere tutti gli afflati più sottili e sofisticati di queste pagine e nel rendercele sotto la migliore luce e prospettiva possibile. In questo disco si "respira" l'atmosfera musicale italiana ed europea del Novecento in tutta la sua bellezza e tipicità e dobbiamo dire che raramente prima d'ora avevamo avuto occasione di gustare pagine talmente coinvolgenti ed interpretate con tanta cura.
L'organo utilizzato, che si trova nella Sala "Venezze" del Conservatorio di Rovigo (dove Luca Paccagnella attualmente è docente e dove Andrea Toschi lo è stato fino al 2011), è un bel Mascioni meccanico, costruito nel 1983 ed in seguito rinnovato nel 2009. La sua tavolozza timbrica, sviluppata su tre tastiere e pedaliera, vede una base solidamente classica italiana sulla quale sono innestate ricche mutazioni e diverse ancie di ottima personalità; questa sua caratteristica lo rende perfetto nel connubio con le diverse pagine neoclassiche presentate nel disco, ma anche nei brani più "romantici" (Reger, Rheinberger, Bossi, ecc.) la sua intonazione piuttosto "dolce" lo rende un ottimo strumento per sottolineare con la giusta atmosfera sonora un repertorio di grande interesse e di notevole bellezza.
Tecnicamente l'incisione, effettuata nel Luglio 2012, è ottima. Grazie anche alle caratteristiche ambientali ed acustiche della sala la presa di suono è veramente splendida e la consistenza spaziale degli strumenti è di notevole impatto e presenza.
In definitiva un ottimo disco, veramente gradevole e di grande bellezza, che consigliamo davvero volentieri ai nostri lettori. Trattandosi però di una produzione "privata" consigliamo a chi fosse interessato a rivolgersi direttamente al Conservatorio Statale di Musica "Francesco Venezze" di Rovigo.



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