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Trascrizioni Romantiche di Händel interpretate da Massimo Gabba




Händel - Romantic Organ Transcriptions
Organista: Massimo Gabba
Organo Chiesa di S.Giovanni Evangelista di Alessandria
Brilliant - 94709 - DDD - 2013

Amici organisti mi avevano informato già dal suo inizio (tre anni fa, nel 2010) della costruzione di un grande organo presso la chiesa di San Giovanni Evangelista di Alessandria. Data la vicinanza geografica (soli 35 km di distranza) e grazie alle nostre frequentazioni giovanili del Conservatorio Vivaldi, conosciamo molto bene gli organi di quella città (a partire dal belllissimo Balbiani 1929 della Cattedrale fino al recente Pinchi 2009 del Conservatorio) e siamo stati particolarmente interessati a questa nuova realizzazione, che già dai suoi albori, come suol dirsi, "prometteva molto bene". Abbiamo seguito, sempre per interposta persona, la sua realizzazione e le immediatamente seguenti modifiche di ampliamento della disposizione fonica, che hanno visto anche l'installazione di Tube ad altissima pressione di stampo squisitamente "britannico". Ed ora ecco che, a sorpresa, ci è pervenuto questo disco, l'ascolto del quale -dobbiamo dire la verità- ci ha sorpresi in modo assai positivo.
Già fin dal primo ascolto si rimane impressionati dalla potenza fonica di questo strumento ed è subito palese che il repertorio di questo disco è "confezionato" ad arte per sottolinearne le splendide qualità timbriche e, soprattutto, per sfruttare al massimo dell'espressività e della potenza le famose Tube di cui parlavamo in apertura. E, in effetti, quale repertorio migliore a questo scopo se non il britannicissimo Händel con le trascrizioni delle sue opere firmate dai più grandi arrangiatori ed organistici "romantici" quali Best, Martin, Guilmant, Woods e Dubois?
Ed ecco, allora, che in questo disco Massimo Gabba "prende per i capelli" l'organo e lo sbatacchia a suo piacimento nelle tanto sfavillanto quanto imperiali melodie di questo splendido autore, senza risparmiare la cavalcatura ed attingendo a piene mani dalla sua tavolozza timbrica ed esaltando -appunto- quelle famose Tube, che "sparate" in questa musica diventano tanto "inglesi" che di più non si può.
Si apre con l'Ouverture dall' Occasional Oratorio, arrangiata da William Thomas Best, a cui segue, sempre trascritta da Best, la Suite n. 1 in Si bemolle. Il conosciutissimo Largo dal "Serse", arrangiato da George Clement Martin, introduce le Sinfonie al Primo e Secondo atto del "Saul" arrangiate la prima da Best e la seconda da Guilmant. Si passa poi al ben più noto "Messia", di cui l'organista ci propone I know that my Redeemer liveth, arrangiata da Francis Cunningham Woods, ed il celeberrimo Hallelujah, trascritto da Dubois. Il Preludio e Fuga in fa minore è la trascrizione -fatta da Guilmant- del brano iniziale della prima Suite dei Pezzi per Clavicembalo del 1720, e precede un altro brano assai noto (utilizzato anche come inno di una nota competizione calcistica che possiamo ascoltare molto spesso in televisione), Zadok the Priest, tratto dai "Four Coronation Anthems". Concludono il disco due brani di Guilmant, anch'essi molto conosciuti, la Parafrasi su "See the conqu'ring hero comes" e la "Marche religieuse sur "Lift up your heads".
Massimo Gabba, di cui già abbiamo parlato in occasione di precedenti recensioni, abborda qui e propone un repertorio finora poco conosciuto, quello delle trascrizioni, e sceglie quelle realizzate in un particolare periodo della musica europea in cui la riscoperta del classico si diramava in differenti direzioni, tra le quali -appunto- quella della trascrizione. La musica di Haendel, così come quella di Bach, viene in questo ambito presa come modello per una "riedizione" che dall'organo di quel periodo (a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento) trae tutti gli spunti possibili per una riproposizione di tipo spiccatamente e squisitamente "orchestrale", nell'ottica di un'estetica postromantica che va a riscoprire il classico e lo sposa con le allora più moderne possibilità dell'organo inteso come "orchestra sinfonica". I brani presentati nel disco presentano alcuni aspetti di questa arte, dalle trascrizioni "fedeli" e rigorose, che "condensano" le opere nelle loro linee essenziali (alla stessa maniera in cui Bach, a suo tempo, aveva "trascritto" per cembalo ed organo i concerti di Vivaldi) a quelle più complesse e complete, in cui alla trascrizione si aggiunge un lavoro di "elaborazione" che tende a trasportare all'organo non solo le melodie e le parti orchestrali, ma le elabora, in modo talora raffinatissimo, per rendere nel migliore dei modi anche la coralità e l'orchestrazione originali; si tratta di una specie di "ripensamento" delle opere specificatamente dedicato all'organo di quell'epoca, che in un certo qual modo "ricrea" i brani originali in un ambito del tutto diverso mantenendone purtuttavia intatte le caratteristiche musicali e stilistiche.
Non è facile approcciarsi a questo tipo di repertorio, poichè bisogna avere ben presenti le caratteristiche originali di queste musiche e saperle "trasportare" in un ambito stilistico e musicologico (quello del primo Novecento) del tutto differente, di cui si deve possedere una notevole padronanza, riuscendo ad esprimerne entrambe le caratteristiche. Non si tratta, semplicemente, di "suonare" queste trascrizioni rimanendo asetticamente fedeli alla partitura e ritenendo che il "lavoro grosso" sia già stato fatto dal trascrittore; si tratta di "entrare" contemporaneamente in due ambiti musicali distanti duecento anni tra di loro per "trovare" gli stessi punti di contatto che già erano stati realizzati all'atto della trascrizione, studiarli, comprenderli e riproporli nell'ottica più giusta.
Sotto questo aspetto ci pare che Gabba, in questo disco, ci sia riuscito molto bene ed in questo l'ha sicuramente aiutato la sua capacità di approfondimento delle varie tematiche musicali ed una visione assai ampia del panorama organistico europeo, tutte doti che gli hanno consentito -e lo abbiamo già sottolineato in passato- di approcciare repertori molto diffferenti tra di loro con una maturità artistica certamente degna di nota ed apprezzamento.
Lo strumento scelto, infine, si dimostra veramente adatto per questo tipo di musiche. Quarantasette registri nominali, pari a sessantaquattro reali, una disposizione fonica sicuramente "eclettica" che lo rende assolutamente adatto per l'interpretazione di musiche di ogni epoca e genere, questo Mascioni si discosta da altri strumenti realizzati negli anni passati per un'intonazione decisamente più "dolce" che ne esalta, le caratteristiche di potenza e rotondità di suono. Oltre alle Tube, a cui abbiamo già accennato, tutta la tavolozza sonora è grandiosa, ricchissima e variegata, sempre fortemente caratterizzata da una personalità particolare sia nei pianissimo che nel fortissimo più grandioso. L'unico appunto che possiamo fare a questo strumento è all'ambiente in cui è ospitato ed alla posizione in cui è sistemato; la chiesa, infatti, è decisamente piccola per uno strumento di tali dimensioni e potenza ed il fatto che esso sia posizionato nel transetto di sinistra ne penalizza -a nostro avviso- la resa fonica complessiva.
Le registrazioni sono state effettuate un anno fa, nel Settembre 2012, ed hanno visto al mixer il bravissimo Federico Savio, che si è occupato anche della fase di montaggio e postproduzione in studio. Come in ogni sua realizzazione, anche in questo caso abbiamo potuto constatare quanto la sua bravura e la sua esperienza sia fondamentale per un prodotto finale che si rivela di grande bellezza e di ottima qualità. Unico, piccolo, neo è la rumorosità dell'apparato di manticeria, che si rivela assai presente ma che -nell'ottica di un ascolto il più possibile "naturale" e fedele- ci sta tutta.
Un bel disco, un repertorio "particolare" e di sicuro interesse interpretato molto bene da un ottimo organista su di un pregevolissimo strumento. Da acquistare ed ascoltare con grande piacere.



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