Logo Arretrati

Playing the History - Marco Lo Muscio & Friends




Playing the History
Organo, Pianoforte e Mellotron: Marco Lo Muscio
Flauto: John Hackett
Chitarre: Steve Hackett - Giorgio Gabriel
Saxofono: David Jackson
Basso: Carlo Matteucci
Organo St.Paul within the walls di Roma
Hacktrax Records - HTRX006 - DDD - 2013

Proseguiamo qui le nostre recensioni ripartendo dall'ultima dello scorso numero, trattando cioè un disco che vede ancora alle tastiere dell'organo (ma anche del pianoforte e del mellotron) l'amico Marco Lo Muscio, valente ed eclettico organista romano con cui abbiamo recentemente potuto trascorrere una piacevolissima serata capitolina ricca di spunti e gradevolissime digressioni musicali ed in compagnia del quale abbiamo anche potuto provare l'organo utilizzato in quest'incisione, il bellissimo Mascioni della Basilica di San Paolo entro le Mura di Roma.
Dobbiamo dire che questo disco è, per molti versi, off topic rispetto alle normali produzioni di musica organistica qui recensite; i puristi dell'organo sono perciò avvertiti: se non siete appassionati della musica Progressive-Rock, saltate questa recensione e passate direttamente a quella seguente. Se, invece, siete curiosi di vedere -ed ascoltare- un aspetto assai particolare del re degli strumenti, mettetevi comodi e proseguiamo.
Abbiamo già parlato della musica progressive, che è uno degli aspetti caratteristici dell'attività musicale di Marco Lo Muscio, ma che non ne è certo l'unico. Ricordiamo, a questo proposito qui -per sgomberare il campo da cattivi pensieri- che questo organista è apprezzatissimo in campo internazionale per le sue accuratissime ed assolutamente filologiche interpretazioni sia della musica antica che di quella moderna e contemporanea. Questa produzione discografica è, invece, un gradevolissimo omaggio ad alcuni "mostri sacri" della progressive rock music, genere di cui Lo Muscio è appassionato ed avvertito cultore. In quest'incisione si passa dagli E.L.P. (Emerson, Lake and Palmer) a Rick Wakeman, dai Genesis ai Van der Graf Generator e dai King Crimson ai Pink Floyd, con diversi brani di Steve Hackett e dello stesso Lo Muscio. La presenza di alcune "Guest Stars", poi, rende questo disco veramente importante e di grande interesse. Steve Hackett, il fratello John, Giorgio Gabriel, David Jackson e Carlo Matteucci sono il valore aggiunto che fa di questo disco una vera e propria "chicca" per gli appassionati di questo genere musicale.
Il disco si apre con un "classico" del rock, Jerusalem degli E.L.P.; seguono Catherine of Aragon di Rick Wakeman, Overnight Snow di John Hackett, Hairless Heart, After the Ordeal e Horizons dei Genesis, Fanfare and Lute's Song di Phillips e Rutheford, Hammer in the sand di Steve Hackett, Theme One dei Van der Graf Generator, I talk to the wind dei King Crimson, Shadow of the Hierophant, Hands of the Priestess, Galadriel e Galadriel's Memories di Steve Hackett, Bilbo's Dream e The White Tree di Marco Lo Muscio per finire con The Great Gig in the Sky dei Pink Floyd.
Come si può vedere, si tratta di una corposa carrellata su di un periodo musicale (gli Anni Settanta del secolo scorso) oltremodo ricco di novità sia espressive che musicali, novità che vedevano molto spesso musicisti di formazione squisitamente "classica", che quasi sempre tenevano in tasca un diploma di Conservatorio, orientarsi verso un genere che da una parte assumeva come propri gli stilemi ritmici della musica rock innestandovi, mediante un procedimento contaminativo di grande suggestione, forme e stili tipici della musica classica, ottenendo risultati che se allora apparivano quasi "blasfemi" per i musicisti "accademici", considerati a posteriori -a quarant'anni di distanza, si dimostrano come un'evoluzione quasi "fisiologica" del discorso musicale, evoluzione che per certi versi ha precorso alcune delle strade che poi sono state intraprese dalla musica colta contemporanea. Sicuramente, tenuta ferma la specificità dei generi musicali classici, il Progressive-Rock può essere considerato oggi come uno dei generi musicali che più ha valorizzato, nell'ambito di quella che a quei tempi fu comunemente denominata "musica giovanile", il superamento dei limiti intrinseci della musica rock pura, quella fragorosa e fracassona del decennio precedente, per assumere respiri musicalmente più ampi; gli LP dei Genesis, ad esempio (che oggi sono considerati come veri e propri "concept albums"), possono tranquillamente rientrare, formalmente parlando, nell'ambito delle Suites o, ancora meglio, dei Poemi Sinfonici e di questi posseggono il vasto orizzonte, la varietà dell'ispirazione, la descrittività dei temi e l'ampiezza dello svolgimento. E se pochi anni dopo (nel 1980) Alessandro Carrera, nel suo interessantissimo volume "Musica e Pubblico Giovanile" (Feltrinelli - I Nuovi Testi n. 221 - Pag. 59), così definiva i musicisti rock britannici: "In Inghilterra il compositore rock è provvisto di qualche nozione musicale, ha studiato musica classica per qualche anno, conosce il '700 e i classici dell'800, ama alla follia i tardoromantici, ignora ciò che è successo dopo Bartok, si picca di manie intellettuali, ha un gusto tutto adolescenziale per il fascinoso e l'arcano, è esperto in leggende medievali e saghe guerresche, cincischia molto volentieri con una certa filosofia indiana da edicola della stazione, è un aspirante sinfonista frustrato, uno Scriabin di provincia nato con cinquant'anni di ritardo (....) e magari dedica il suo primo disco al suo vecchio professore d'armonia.", noi oggi possiamo integrare tutto questo (che allora rispondeva ampiamente al vero) con la ormai accertata convinzione che quei musicisti, consapevolmente o meno, hanno creato un ponte, discutibile quanto si vuole sotto gli aspetti formali e strettamente musicali ma assai solido, tra la musica "colta" e quel pubblico di giovani e ragazzi che prima di allora con essa non voleva aver nulla a che spartire, e non è certo un caso se, grazie a quei musicisti, un'intera generazione (quella di chi scrive) partecipava con la stessa attenzione e lo stesso entusiasmo ai concerti rock ed a quelli classici, cosa che nei decenni seguenti, con l'avvento di generi musicali di tipo squisitamente ed esclusivamente consumistico, non si è più verificata.
Ma, tornando al nostro disco, se sulla bravura degli "ospiti" non c'è nulla da discutere, organisticamente parlando non possiamo fare a meno di considerare, ancora una volta, le splendide qualità musicali di Marco Lo Muscio, che in questo disco non solo sfrutta al meglio lo splendido Mascioni della St.Paul within the Walls Church di Roma, ma fornisce anche una splendida prova delle sue doti di pianista (oltre al diploma in organo, conseguito con James Edward Goettsche, si è anche diplomato in Pianoforte sotto la guida di Maiorani e si è perfezionato con Sergio Fiorentino) e si esibisce anche alla tastiera di quello che è comunemente considerato il primo strumento a suoni campionati, il Mellotron, che insieme ai primi sintetizzatori ed alle altre tastiere elettroniche dei primi Anni Settanta, fu uno dei pilastri su cui si fondò la nascita del Rock Sinfonico.
Ovviamente i brani di questa produzione sono nati in studio, dove le varie parti solistiche sono state incise e mixate sulla base dell'organo precedentemente registrato. Il lavoro è stato quindi complesso ed articolato, ma il risultato è veramente eccellente e ci propone un disco molto bello, gradevolissimo all'ascolto e di ottima qualità timbrico-fonica. Molto accattivante, ed in perfetto stile progressive-fantasy è il libretto a corredo, ricco di fotografie e di suggestive immagini ed assolutamente "up to date" per questa produzione, che consigliamo con molto piacere ai nostri amici lettori.
Per concludere, vi proponiamo i "live video" (ma su Youtube ne potete trovare altri) di due dei brani a nostro parere più interessanti di questo disco:





Torna all'Indice Recensioni
Torna all'Indice Categorie


Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2014