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The Joy of Christmas




Grimoaldo Macchia: The Joy of Christmas
Organista: Marko Hakanpää
Organo: St. Michaelskerk di Turku (Finlandia)
Edizioni Martin Muziek - MM 331010 - DDD - 2013

Ci spiace molto che questo disco ci sia pervenuto solamente da poco tempo; in effetti esso avrebbe meritato di essere recensito nell'ambito del passato aggiornamento delle nostre pagine perchè non solo sarebbe stato una bellissima incisione da acquistare per le passate Festività Natalizie, ma è anche una bella ed interessante testimonianza -e ce ne sono talmente poche in giro oggidì- di come sia ancora possibile trovare musicisti che dedicano la propria opera alla composizione "liturgica", smentendo in parte (ma si tratta delle rare eccezioni che conferano la regola) quello che avete potuto leggere nella nostra pagina dell'Argomento. Ovviamente, si tratta di un tipo di composizione che si ricollega alle attuali esigenze (peraltro assai limitate) liturgiche, che pongono stretti limiti alla presenza dell'organo solista durante le celebrazioni. In effetti non troviamo qui nè Offertori, nè Elevazioni, nè Comunioni ma -a parte un paio di "Postludi" e tre Versetti- una nutrita serie di brani, alcuni dei quali possono essere eseguiti durante i sacri riti ma che, per la loro conformazione stilistica, ben più si attagliano ad un utilizzo di carattere "concertistico" tra cui ben quattro "Toccate" che se da una parte magnificamente potrebbero essere "anche" utilizzate come "Sorties" di una Messa di Natale, non nascondono affatto un carattere virtuosistico da gran concerto.
Ma se teniamo conto del carattere spiccatamente "ecumenico" di questa produzione musicale (e l'autore lo dice ben chiaramente nella prefazione al disco, che nelle sue intenzioni dovrebbe essere "una festosa lode universale in grado di abbattere ogni barriera geografica e religiosa ed abbia la forza, che solo la musica ha, di unire tutti i popoli sotto la stessa Luce Divina, la stessa manifestata dal Dio vivente che si fa bambino per stare in mezzo a noi."), ecco che quest'incisione prende una vita nuova, diversa e ben più importante e trascendente dalla limitata ottica della liturgia cattolica per ampliare i suoi orizzonti anche negli ambiti musicali ben più vasti che altre confessioni religiose attribuiscono alla musica nella liturgia. Sotto questo punto di vista, pensiamo che sia il disco che le composizioni in esso presentate potranno avere una considerazione molto importante e gratificante nell'ambiente della liturgia di carattere anglosassone, con particolare riguardo a quella statunitense, nell'ambito della quale -sarà un'impressione ma siamo quasi certi che queste musiche siano state composte proprio per quell'ambiente- i brani di Grimoaldo Macchia troveranno sicuramente un'ottima accoglienza. D'altra parte questo ci è stato confermato da alcuni amici organisti nel corso di una "prova di ascolto al buio" durante la quale, ascoltando il disco senza conoscere nè titoli dei brani nè autore, tutti hanno tranquillamente affermato che trattavasi di musiche "americane" di autori statunitensi (e, per la verità, anche le sonorità dell'organo sono state attribuite a strumenti d'Oltreoceano...).
Questo fatto, se da una parte ci conferma la raffinatezza dell'arte compositiva di Macchia, dall'altra ci conferma come egli abbia pienamente "centrato" l'obiettivo che si era prefissato: comporre opere che travalicassero steccati, confini e barriere per assumere un significato universale, perfettamente aderente all'estetica musicale contemporanea, quella della musica "globale", il cui significato non è più legato strettamente ad una scuola o ad una nazione, ma riesce a comprendere in sè -e ad esprimere compiutamente- quegli stilemi comuni a tutti che rendono questa musica davvero "senza frontiere", esattamente come deve essere il significato religioso dell'argomento trattato: la Natività di Gesù ed il suo farsi uomo in mezzo a tutti gli altri uomini.
E questo significato universale è ben sottolineato anche dai temi natalizi che l''autore ha scelto come base per le sue composizioni. Troviamo inni e canti natalizi di estrazioni ed origini diverse, tra cui alcuni corali luterani, melodie gregoriane, canti popolari religiosi e profani che vengono trattati stilisticamente mediante procedimenti "classici" che per ognuno di essi ne sviluppano e ne sottolineano in modo impeccabile le caratteristiche, unificandoli in un comune sentimento di gioia e di letizia, quel sentimento proprio del Natale che accomuna tutti i popoli.
Il disco si apre con una brillante toccata su Hark! The Heralds Angels sing, inno natalizio composto da Charles Wesley verso la metà del 1700, proprio della tradizione metodista e poi musicato il secolo seguento adattando una musica composta da Mendelssohn. Segue un postludio sul corale luterano Lobt Gott, ihr Christen, allzugleich, scritto da Nikolaus Herman nel 1554 e del quale sono molto note le versioni organistiche di Johann Sebastian Bach. La bella pastorale The Pastors of the cave of Bethlehem ci porta per un attimo nell'atmosfera calda e sognante delle pastorali classiche italiane, che lasciamo subito dopo per una britannicissima Fanfare and Trumpet Tune on Adeste Fideles, nella quale il tema -con tutta probabilità di origine irlandese e trascritto per la prima volta nel 1743- viene trattato secondo i canoni di quelle che sono le grandiose "Fanfares" inglesi e che diventa il protagonista di un maestoso "Trumpet Tune" di imponente musicalità e bellezza. A questo brano segue una Fuga (ma si tratta piuttosto di un "Fugato" che lascia presto ampio spazio ad uno sviluppo di tipo sinfonico) sul tema di Oh, Come, All Ye Faithful; non si stupisca l'ascoltatore nel ritrovare come tema il precedente "Adeste Fideles", perchè questo è il titolo inglese dello stesso canto, elaborato da Frederick Oakeley (un Pastore anglicano poi convertitosi al Cattolicesimo) verso il 1850. Seguono tre versetti su Puer natus in Betlem, il famoso inno latino di origine medievale universalmente conosciuto, del quale esistono innumerevoli versioni e sul quale sono state composte opere da parte dei maggiori musicisti di tutti i tempi. La Toccata Celtica on "Les Anges dans nos Campagnes" è basata su un canto natalizio popolare francese del XVIII secolo, conosciuto qui da noi anche sotto il titolo "Gloria in excelsis Deo" e la sua caratteristica "celtica" è data dal ritmo irregolare in 10/8 (3+3+2+2, indicato in partitura come 5/4 ed accentato con le tradizionali "forchette") che gli conferisce un andamento particolarmente brillante. Lo stesso tema è utilizzato nel brano seguente, anch'esso una Fuga costituita da un fugato iniziale ed uno sviluppo armonico seguente che porta ad una maestosa conclusione in organo pleno. La March of the three Kings to Bethlehem simboleggia il lungo cammino che i Re Magi intrapresero ed effettuarono verso la Grotta di Betlemme per rendere omaggio al Re dei Re ed il suo andamento ne sottolinea il carattere spiccatamente descrittivo. Il Chorale Jubilante on "Wachet auf ruft uns die Stimme" è basato sulla melodia luterana composta da Philipp Nicolai nel 1597 e che è universalmente nota per le versioni organistiche (BWV 645) e vocali-strumentali (Cantata BWV 140) di Johann Sebastian Bach; in questo brano la melodia del corale viene abilmente alternata tra Cornetti ed ancie, in un'atmosfera veramente "giubilante". Una melodia tradizionale natalizia è invece alla base del Christmas Festal Prelude with Chimes in cui ad un'introduzione maestosa segue il corale, una strofa del quale è suggestivamente sottolineata dal registro delle campane tubolari. Una melodia popolare francese del 1588 adattata ad un testo scritto nel 1924 da George Woodward è invece la protagonista del Carol Fanfare on "Ding Dong Merrily on High", brano di grande imponenza e di ampia musicalità. E non poteva mancare, ovviamente, la famosissima melodia, composta nel 1818 da Franz Xaver Gruber dal titolo originale "Stille Nacht", conosciuta universalmente come "Silent Night" e, da noi, sotto il titolo di "Astro del Ciel", qui trattata come melodia ornata nel brano dal titolo Christmas Song on "Silent Night". Non poteva quindi mancare, a completamento del "trittico" su "Adeste Fideles", una breve ma brillante Toccata on "Oh, Come, All Ye Faithful", perfetta come "Sortie" dal carattere gioioso ed al tempo stesso maestoso. Un graziosissimo Rondò Natalizio con echi neoclassici introduce poi la Fuga on "Joy to the world", inno natalizio britannico composto nel 1791 da Isaac Watts e musicato nel 1836 da Lowell Mason utilizzando una melodia di Haendel; anche in questo caso, ad un "fugato" iniziale fa seguito un'elaborazione dagli echi spiccatamente sinfonici. Il tema delle Variations on "Deck the halls", è quello di una tradizionale canzone popolare natalizia inglese di fine Ottocento su musica di un'altra canzone popolare gallese; in questo brano -il più lungo e "corposo" presentato nel disco- l'autore presenta una serie di variazioni che ci riportano ai tempi d'oro dell'arte della variazione organistica "classica". Il Corale luterano (nel senso che fu scritto proprio da Martin Lutero) "Vom Himmel hoch, da komm' ich her", utilizzato anche da Bach nel suo "Oratorio di Natale", è il protagonista di una gradevolissima Toccata and Choral in cui il tema viene dapprima presentato sulle note di un accompagnamento toccatistico per poi venire brillantemente armonizzato in un'atmosfera di grandiosa solennità. Il disco termina infine con un solenne "Christmas Postludio on "In dulci jubilo", basato sul tradizionale ed omonimo canto natalizio tedesco risalente al 1305, in seguito ampiamente rimaneggiato da diversi autori (tra cui Martin Lutero) e che rimane tuttora ai vertici delle "Hit Parades" dei brani natalizi più eseguiti dagli organisti di tutto il Mondo. Questo Postludio, nella forma A-B-A, presenta una sezione centrale in tonalità minore racchiusa da due sezioni di carattere solenne e grandioso.
A parte il significato religioso, liturgico ed "ecumenico" di cui abbiamo parlato in apertura, i brani di questo disco ci mostrano un Grimoaldo Macchia in grande spolvero, musicista di ottimo livello che conosce ed applica nel migliore dei modi tutte le tecniche compositive organistiche, sapendole compenetrare e fondendo nel migliore dei modi forme squisitamente classiche con procedimenti compositivi propri del sinfonismo organistico con risultati veramente molto apprezzabili. Quello che abbiamo apprezzato di più in questo disco (così come in quello precedentemente recensito e che potete trovare qui) è la sua capacità di esprimere una musicalità genuina, completa ed a tratti anche sofisticata mantenendo una scrittura chiara, molto diretta ed a tratti quasi essenziale ma che racchiude in se tutte le caratteristiche per ottenere dallo strumento il massimo della sua espressività e potenzialità; linee melodiche ben evidenziate che non si smarriscono mai, accompagnamenti snelli ma puntualissimi, fraseggi semplici ma di sicura e collaudata efficacia, grande padronanza del linguaggio e dosaggio quanto mai misurato ed essenziale di un virtuosismo sempre funzionale ad un risultato finale di grande efficacia sono gli ingredienti che Macchia mette a disposizione dell'interprete, l'organista Marko Hakanpää, titolare alla consolle dell'organo utilizzato per l'incisione, laureato all'Accademia Sibelius e diplomato con Jussila nel 1998, interprete di fama internazionale e protagonista di svariate ed apprezzatissime incisioni discografiche che qui "azzecca" alla perfezione lo spirito di queste composizioni e ce le propone con un'interpretazione veramente precisa, gradevole ed interessante.
E, indubbiamente, anche lo strumento utilizzato contribuisce di alla bellezza di questa incisione. Realizzato da Grönlunds nel 2002 con una cinquantina di registri nominali (70 reali) su tre tastiere e pedaliera, esso presenta una tavolozza timbrica di carattere essenzialmente classico ma con alcune particolarità ed innesti (la Bombarda di 16 al Recitativo, una sonorissima Tuba di 8 piedi di fabbricazione statunitense al Positivo -ampiamente utilizzata nell'incisione-, le Campane tubolari ed una possente Controbombarda di 32 piedi al pedale) che ne fanno un bellissimo strumento, perfetto per l'esecuzione di un repertorio vastissimo che va dai classicissimi pre-barocchi fino ai contemporanei; ma -a nostro parere- è la sua l'intonazione, di carattere spiccatamente "anglosassone", che gli conferisce quella pastosità di amalgama e quella compattezza timbrica che ne costituiscono la caratteristica più apprezzabile.
Tecnicamente parlando, infine -è il primo disco che ascoltiamo prodotto da questa nuova e dinamica casa editrice olandese- la presa di suono è molto buona, con l'ampia spazialità che questo genere di musica richiede e molto precisa nella resa delle particolarità timbriche dello strumento e, se teniamo conto che il lavoro grosso (registrazione ed editing) è stato fatto dall'organista (che, tra l'altro, è anche l'autore delle fotografie presentate nel libretto), non possiamo fare a meno di essere veramente molto soddisfatti del risultato finale. Molto buoni -anche se potevano essere graficamente meglio curati- anche il layout e l'impaginazione del libretto a corredo i cui testi (di Grimoaldo Macchia) sono abbastanza essenziali ma di buona esaustività anche se -a nostro modesto parere- avrebbero potuto essere integrati con una presentazione formale e stilistica dei vari brani.
In conclusione, un disco molto bello e di gradevolissimo ascolto che sicuramente sarà molto apprezzato non solo nel mercato anglosassone (a cui ci pare specificatamente dedicato) ma anche da tutti coloro che apprezzano l'organo come fonte di emozione musicale, con il valore aggiunto che -finalmente- possiamo ascoltare musica di un compositore contemporaneo italiano, il che -coi tempi che corrono- è davvero una bella soddisfazione. Non aspettate il prossimo Natale, acquistatelo subito!



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