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Muffat: Apparatus Musico-Organisticus




Muffat: Apparatus Musico-Organisticus
Organista: Adriano Falcioni
Organo: Chiesa di Santa Maria Assunta di Giove (Terni) - Italia
Brilliant Classics - 94493 (2CD) - DDD - 2013

Georg Muffat fa parte di quella nutrita schiera di musicisti europei che subirono l'influenza della musica italiana di cui abbiamo parlato più volte su queste pagine in occasione delle recensioni dei dischi della Edizioni Leonardi della serie "Viaggio in Italia". Anch'egli, come tutti gli altri, può essere considerato un discendente della scuola rinascimentale, post-rinascimentale e prebarocca italiana e la sua unica opera organistica, rappresentata in questo disco, è comunemente considerata figlia degli insegnamenti che ricevette a Roma da Pasquini dal 1681 al 1682, così come i concerti strumentali del suo "Armonico Tributo" sono ritenuti figli degli insegnamenti che ricevette, nello stesso periodo, da Corelli.
Muffat è il capostipite di una dinastia di musicisti austriaci di provenienza francese ma di antica origine scozzese. Nasce a Megève, in Savoia, il 1 Giugno 1653. Dopo un periodo giovanile in Alsazia, dal 1663 al 1669 lo troviamo studente con Lully a Parigi e poi, tre anni dopo, di nuovo in Alsazia, dove è "Rhetoricus" ed organista a Molsheim presso i Gesuiti. Da lì Muffat, a causa dello scoppio della guerra franco-austriaca, si allontana e si reca dapprima a Vienna, poi a Praga ed infine, nel 1678, approda alla Corte del Principe-Arcivescovo di Salisburgo, Maximilian Gandolph von Künburg, dove viene assunto come "Organædus et Cubicularius". E' durante questo periodo che si reca a Roma, dove approfondisce la sua conoscenza della musica italiana, appunto, con Pasquini e Corelli. Manterrà il posto presso la Corte dell'Arcivescovo Gandolph fino al 1687, anno in cui si trasferisce dapprima a Monaco di Baviera, poi ad Aaachen ed infine a Passau, dove diventa organista e kapellmeister. Muore a Passau il 23 Febbraio 1704.
Muffat lascia nove figli, dei quali quattro (Franz Georg Gottfried, Sigmund Friedrich, Johann Ernst ed il più conosciuto Liebgott Theophil detto Gottlieb) seguiranno le sue orme dedicandosi alla musica e diventando ottimi ed apprezzati musicisti alle Corti di Vienna e Monaco di Baviera.
La produzione musicale di Georg Muffat non è vasta ma abbraccia i diversi aspetti della musica barocca; troviamo sonate strumentali, musica vocale (soprattutto di tipo religioso), opere per cembalo, suites orchestrali (raccolte nei "Florilegium I et II" del 1695), i già nominati Concerti Grossi, scritti nel 1682 ed in seguito rielaborati nel 1701 e, per ciò che riguarda l'organo, l' "Apparatus Musico-Organisticus", che in origine era composto di dodici Toccate nei modi gregoriani ma che nella riedizione postuma del 1721 curata da von Gelen, fu integrato da tre altri brani di diverso stile e carattere: una Ciacona, una Passacaglia e la "Nova Cyclopeias Harmonica" che è una specie di "giro armonico" tra tutte le tonalità in cui allora era suddiviso il sistema tonale.
Muffat è considerato, a ragione, uno dei precursori del barocco tedesco ma la sua unica opera organistica è piuttosto ancorata al postrinascimento italiano; nelle sue Toccate troviamo la polifonia trattata nel perfetto stile italiano ed arricchita dei tratti tipici toccatistici spiccatamente frescobaldiani, tutti stilemi propri di quel periodo e caratterizzanti una ben precisa scuola di cui egli si dimostra profondo conoscitore e perfetto erede. Con Kerll e Froberger, Muffat è considerato uno dei compositori cardine della musica organistica della Germania del Sud e la struttura dell'opera è per certi versi sintomatica di una profonda conoscenza della teoretica musicale dei secoli precedenti; in particolare, il fatto che le Toccate siano dodici e non otto ci fa supporre che egli fosse a perfetta conoscenza del Dodekachordon di Heinrich Loriti (comunemente conosciuto come "Glareano") il quale, cent'anni prima, aveva teorizzato (e realizzato) ulteriori quattro modi tonali oltre agli otto (quattro autentici e quattro plagali) canonici.
Adriano Falcioni, in quest'incisione, ci propone una bella e curatissima interpretazione di quest'importante opera musicale, andandone ad individuare con accuratezza e precisione tutte le caratteristiche che la compongono e dimostrandosi un profondo conoscitore di quella particolare epoca musicale in cui incubavano i germi di quella che sarà la grande musica organistica europea barocca e che avrà come culmine il sommo Johann Sebastian Bach, che da molti -con buona ragione- è considerato l'ultimo anello di quel ciclo musicale che aveva avuto inizio proprio in Italia con l'altrettanto grande Frescobaldi.
L'interpretazione di Falcioni è, come detto, molto accurata, soprattutto nell'applicazione di quella filologia musicale che, a seguito di approfonditi ed accurati studi svolti nel corso di circa trent'anni, oggi permette agli organisti più "avvertiti" di entrare pienamente nello spirito di una musica che nasconde moltissime particolarità esecutive di assoluto rilievo e di particolare interesse che ce la presentano in una veste il più acconcia possibile a quella che doveva essere l'interpretazione di quell'epoca; trilli ed abbellimenti, scale ascendenti e discendenti vertiginose, contrapppunto intenso e serrato, contrasti sonori e formali di grande effetto rendono quest'opera veramente interessante e ci fanno entrare pienamente nell'atmosfera quasi magica del mondo organistico (e cembalistico) postrinascimentale e prebarocco. Sotto questo punto di vista, Falcioni si rivela degno allievo dei grandi maestri con cui ha studiato (Tagliavini, Leonhardt, Schnorr, Alain ed altri) e questo disco si va a piazzare sicuramente tra le migliori produzioni a livello europeo dedicate alla musica di Muffat.
Lo strumento utilizzato per l'incisione è stato, ovviamente, scelto con cura tra gli organi italiani di fabbricazione relativamente recente. Realizzato nel 1998 da Cortinovis e Corna e situato nella chiesa di Santa Maria Assunta di Giove, in provincia di Terni, è uno strumento che, a dispetto della montre spiccatamente "germanica", racchiude un cuore solidamente italico per ciò che riguarda le foniche. Donato dalla famiglia Chiodi in memoria del figlio Gabriele, scomparso giovanissimo a causa di un incidente stradale, questo organo, il cui progetto fonico è stato redatto da Wijnand van de Pol, possiede due tastiere (Grande Organo e Positivo) di 56 tasti e pedaliera di 30 note; la base fonica è di 8 piedi e la piramide del Ripieno raggiunge la Trigesimaterza; pressochè assenti le mutazioni composte di tipi transalpino, il carattere fonico è tipicamente italiano e perfetto per l'esecuzione della nostra letteratura classica mentre l'impostazione generale gli permette di cavarsela benissimo anche nell'esecuzione delle musiche della scuola nordeuropea, in particolare del XVII e XVIII secolo. La trasmissione è, ovviamente, interamente meccanica.
La registrazione è stata effettuata nel mese di Maggio dello scorso anno 2013 ed è molto ben curata nella resa timbrica complessiva, molto presente e ben definita; forse -ma è nostra personale opinione- si sarebbe potuta curare ed esaltare un poco di più la definizione timbrica dei singoli registri, alcuni dei quali si rivelano veramente stupendi e di ottima fattura. Ottimo il lavoro di editing e post-produzione a cura di Luca Ricci e dello stesso Adriano Falcioni. Abbastanza esauriente, anche se assai essenziale e spartano nonostante le sue dodici pagine, il libretto a corredo con testi a cura dell'interprete in italiano ed inglese.
In definitiva, una produzione molto bella ed interessante sia sotto il punto di vista del repertorio che dell'interpretazione e che valorizza uno strumento di sicuro interesse; consigliamo molto volentieri questo doppio CD ai nostri amici lettori.



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