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Carl Philipp Emanuel Bach: Klaviersonaten




Carl Philipp Emanuel Bach: Klaviersonaten
Organista: Davide Pozzi
Organo: Chiesa Parrocchiale di Urgnano (Bergamo) - Italia
Fugatto Records - FUG 054 - DDD - 2014

Contrariamente a quanto riportato da alcune biografie, Carl Philipp Emanuel Bach, secondo figlio del grande Johann Sebastian, non fu per nulla un compositore di secondo piano. Questa fama, alimentata da alcune vicende della sua vita per le quali egli non ebbe mai incarichi organistici di grande prestigio e per i quali l'unico periodo "famoso" (ma ben poco retribuito) fu quello trascorso alla corte di Federico II di Prussia, durante il quale si distinse come accompagnatore al cembalo dello stesso Imperatore (che suonava abbastanza bene il flauto), non è per nulla veritiera. Il "Bach di Amburgo" (così egli viene definito per l'ultimo periodo della sua vita trascorso, appunto, ad Amburgo) fu un musicista valentissimo ed apprezzatissimo sia in vita (durante la quale fu considerato uno dei più grandi clavicembalisti europei dell'epoca) che dopo la sua morte, tanto da farlo considerare, dalla critica europea dei secoli seguenti, come la figura musicale che traghettò la musica tedesca verso il Romanticismo. Forse questa definizione è un poco tirata per i capelli; sta di fatto, comunque, che Mozart lo definì come proprio "padre" musicale, Haydn fondò la gran parte della sua formazione musicale sulle sue opere e lo stesso Beethoven ne apprezzò molto le composizioni; in pieno Romanticismo, poi, tra i musicisti che lo studiarono e lo apprezzarono ci furono Schumann e Brahms. A parte ciò, è indubbio che Carl Philipp Emanuel Bach fu uno dei compositori più prolifici del suo tempo. I numeri d'opus delle sue opere sono 874 ma, tutto compreso, il catalogo delle sue composizioni arriva a 908 e tra di esse troviamo sinfonie orchestrali, concerti, quartetti, trii e duetti, cantate sacre e profane, un oratorio, motetti ed opere vocali e, ovviamente e per la maggior parte, concerti e sonate per clavicembalo. Di queste sonate, solamente quattro (contraddistinte dai numeri d'opus H.84, H.85, H.86 e H.87) sono espressamente dedicate all' "organo senza pedaliera", mentre tutte le altre sono dedicate al cembalo (anche se la dicitura "klavier" lascia aperte possibilità interpretative sia organistiche che fortepianistiche). Nel disco che trattiamo oggi sono presenti, appunto, le quattro sonate "organistiche" e due altre sonate, la H.21 e la H.118, entrambe in Sol minore.
Sulle sonate di Carl Philipp la critica si è espressa con un giudizio unanime: egli è un autore di "rottura" con il passato e di "modernità" estrema, talora addirittura più avanzata rispetto a Mozart; molti analisti, a questo proposito, pongono alcune sue opere, per le caratteristiche stilistiche, espressive e strutturali, addirittura in un ambito storico contemporaneo a quello di Beethoven, cioè anticipatrici di quasi un secolo le caratteristiche più spiccatamente "romantiche" della musica. In Carl Philipp troviamo un classicismo di solida base su cui egli innesta tutta una serie di particolarità (salti armonici, strappi tonali, scarti dinamici, contrasti espressivi) del tutto proprie della musica mitteleuropea del secolo seguente, arricchite da un'ispirazione talmente innovativa da far definire queste opere come "protoromantiche". Indubbiamente, ad un'impostazione di base apparentemente "classica", queste composizioni uniscono il fascino particolare della musica "transizionale", composta cioè durante quei periodi particolari della storia in cui la rapida evoluzione degli stili fa si che il nuovo si sostituisca al vecchio in modo assai repentino ma senza soluzione di continuità (è un pò quello che succederà, due secoli dopo, nel passaggio tra la musica romantica e la musica moderna). Carl Philipp Emanuel Bach è forse la più tangibile, e per certi versi "problematica", testimonianza del passaggio tra il Barocco ed il Romanticismo e nella sua musica è fortissimamente presente e rappresentato un "salto" generazionale, stilistico ed espressivo che bypassa totalmente il Rococò per traghettarsi direttamente al secolo successivo. E' molto interessante notare, sempre a proposito delle sue Sonate, che egli rivela la singolarissima capacità di esporre concretamente, compiutamente e completamente tutto quanto sopra descritto in movimenti che durano meno della metà di quelli delle Sonate romantiche (i movimenti delle sue sonate non superano quasi mai i quattro-cinque minuti), costruendo dei mini-capolavori che racchiudono al loro interno tutti i semi di quella musica "sentimentale" che germoglieranno pienamente solamente un secolo dopo di lui.
Delle Sonate "per organo" di Carl Philipp esistono diverse interpretazioni, tutte molto apprezzabili e tutte, ovviamente, realizzate su strumenti storici di tipo germanico (una delle migliori riteniamo sia ancora quella di Kei Koïto, realizzata nell'ormai lontano 1991 alle tastiere del fantastico Holzhey di Weissenau) e non ci eravamo mai posti il problema di come avrebbero potuto suonare queste opere su un nostrano e poderoso Serassi.
Davide Pozzi si è posto il problema e lo ha risolto splendidamente proponendoci queste opere su di un organo che fu costruito solamente dieci anni dopo la morte di Carl Philipp e, quindi, praticamente coevo. Diciamo che, personalmente, già dalle prime note siamo rimasti affascinati di quanto questa musica sia "perfetta" per le nostre sonorità e da quanto questo genere di strumenti, che noi siamo abituati ad ascoltare dare il meglio di loro nella musica ottocentesca italiana, rivelino una particolare attitudine timbrico-fonica a sottolineare proprio il carattere "protoromantico" di queste Sonate; il risultato è, per certi versi, affascinante e dobbiamo dire che, complice anche l'interpretazione di Pozzi, siamo riusciti a scoprire anche diverse particolarità musicali che in precedenza ci erano sfuggite.
Davide Pozzi è uno "specialista" di questa musica. Diplomato in tastiere storiche, organo e composizione organistica a Milano, cembalista di rinomanza mondiale, acclamato sia come solista che in concerto con orchestra e formazioni strumentali, egli si è distinto per le sue splendide interpretazioni bachiane, che ha anche inciso per diverse case discografiche. Docente presso i Conservatori di Cesena e Pesaro, Davide Pozzi si rivela qui, senza alcun dubbio, l'interprete italiano più adatto per celebrare un matrimonio importante come quello tra la musica del secondogenito di Bach ed uno splendido organo italiano preottocentesco. Tecnica cembalistica splendida, tanto rigorosa quanto brillante (e qui ritroviamo in toto le precrizioni che lo stesso Carl Philipp Emanuel Bach rivolgeva ai musicisti nel suo Versuch über die wahre Art das Clavier zu spielen), interpretazione vigorosa, talora sanguigna ma sempre delicata e di spettacolare dolcezza nei movimenti di carattere più intimistico, virtuosismo di grande spessore e di carattere schiettamente barocco, mai esasperato e sempre finalizzato ad un'esecuzione filologicamente rigorosissima, grande padronanza dello strumento ed una particolarissima sensibilità interpretativa sono gli ingredienti che egli mette in campo per una produzione discografica che abbiamo apprezzato in modo particolare.
La decisione della costruzione dell'organo della chiesa dei SS.Nazario e Celso di Urgnano fu presa nel 1786, cioè due anni prima della morte di Carl Philipp Emanuel Bach, ma lo strumento fu realizzato solo nel 1798 ad opera di quello che è considerato uno dei maggiori organari italiani di quell'epoca, Giuseppe Serassi, il quale realizzò un'organo davvero imponente. Esso aveva infatti (ed ha ancora) un Principale reale di 32 piedi al Grande Organo, una piramide del Ripieno che comprende ben quindici file (a partire dalla Duodecima), una nutrita serie di Flauti, posizionati soprattutto all'Organo Eco, ed un'imponente batteria di ancie equamente distribuite tra i manuali e la pedaliera. Il tutto su due tastiere di 62 note con prima ottava corta e pedaliera a leggìo di 18 note di cui dodici reali. Come si vede, si tratta di uno strumento davvero imponente, che fu però "riformato" da Rotelli nel 1930; in quell'occasione Rotelli adottò una trasmissione pneumatica, mise una consolle in presbiterio e spostò le canne dell'Organo Eco in coro, falsando inoltre tutta l'intonazione e l'accordatura. Nello scorso anno 2013 l'organo è stato restaurato (e ricostruito nelle parti mancanti) da Zanin, il quale lo ha pressochè riportato alle condizioni originali di costruzione, compresa la riadozione dell'originale temperamento inequabile ad un sesto di comma sintonico pur mantenendo il corista a 440 Hz.. Inutile dire che le timbriche splendide, perfettamente calibrate da Davide Pozzi in questa incisione, di questo capolavoro dell'organaria italiana sono un valore aggiunto di grande significanza che aggiungono un particolare fascino alle splendide sonate di Carl Philipp Emanuel Bach.
L'incisione è stata effettuata nel Novembre dello scorso anno 2013 dalle abili mani di Federico Savio, di cui non ci stancheremo mai di sottolineare la bravura e la sensibilità con cui riesce a rendere anche le più minime sfumature timbrico-foniche dagli strumenti di cui cattura la voce in modo assolutamente impeccabile e che danno ad ogni sua incisione una caratteristica di fedeltà e di raffinatezza del tutto particolare. Curatissimo, come sempre, il lavoro di editing e post-produzione; molto curato anche il libretto a corredo, nelle cui 12 pagine troviamo un'esauriente presentazione delle opere a cura dell'organista ed un'accurata descrizione storico-tecnica dello strumento a cura di Federico Lorenzani, quest'ultima presentata anche in lingua inglese.
Il disco è stato prodotto dall'Associazione Culturale "Giuseppe Serassi" di Guastalla ed è sicuramente una delle produzioni discografiche più interessanti attualmente sul mercato; lo consigliamo con vero piacere ai nostri amici lettori.



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