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Schumann: Complete Organ Music




Schumann: Complete Organ Music
Organista: Roberto Marini
Organo: Chiesa di S.Tommaso Apostolo di Pontevico - Italia
Brilliant Classics - 94721 - DDD - 2014

Ci occupiamo oggi di un graditissimo ritorno: le opere "per organo" di Robert Schumann. In effetti la seconda recensione discografica che facemmo su queste pagine, nell'ormai lontano 1996, riguardava, appunto, queste composizioni interpretate da Georges Delvallée alla consolle dell'organo della chiesa di St.Antoine des Quinze-Vingts di Parigi e l'iincipit di quella recensione inquadra talmente bene l'argomento che ve lo riproponiamo:
"Il titolo di questo disco, in verità, non è molto fedele al tipo di musica che contiene. Infatti quello che oggi di Schumann viene abitualmente eseguito all'organo, egli lo compose e concepì per uno strumento oggi ormai dimenticato: il pianoforte con pedaliera. Questo strumento, inventato da Pleyel e che veniva chiamato 'piano-pédalier', era il nipote del clavicembalo con pedaliera di bachiana memoria. Schumann affittò uno di tali strumenti il 24 Aprile del 1845 e subito si appassionò, tanto da insistere molto con l'editore Whistling per una produzione di musica per tale strumento. In particolare, Schumann, che assieme a Mendelssohn fu uno dei primi scopritori della musica di Bach, intuì subito che un tale strumento poteva essere perfetto per ottenere quel connubio tra il contrappunto di tipo bachiano ed il suo speciale tipo di sinfonismo romantico." Il resto di quella recensione lo potete trovare qui.
All'epoca di Schumann fiorivano in Europa i cosidetti "strumenti ibridi", che in buona sostanza cercavano di compendiare in un unico strumento le caratteristiche tecniche di strumenti diversi quali l'organo, il fortepiano e l'harmonium, dando così ai musicisti "da camera" la possibilità di avere a disposizione contemporaneamente, ad esempio, l'espressività del pianoforte, le sonorità dolci e "chiesastiche" dell'armonium e la possibilità di utilizzare una pedaliera. In quel periodo tantissime furono le invenzioni di nuovi poli-strumenti ma alla fine quelli che trovarono un utilizzo più vasto furono essenzialmente due: il Pedal-Flügel (che era la versione tedesca del piano-pédalier di cui abbiamo parlato in apertura) ed un misto piano-harmonium (che fu utilizzato ampiamente anche da Franz Liszt) che vedeva l'unione di un harmonium a due tastiere ed un pianoforte. E' da dire a questo proposito che l'utilizzo di questo tipo di strumenti durò per molto tempo, tanto che un bellissimo esemplare di Pedal-Flügel appartenuto ed utilizzato da Albert Schweitzer fa tuttora bella mostra di se nella casa-museo del musicista a Gunsbach, in Alsazia.
Ed è solamente conoscendo le caratteristiche di questi strumenti che possiamo inquadrare nel migliore dei modi la musica "per organo" di Schumann, immaginandola eseguita -appunto- al piano-pédalier (per il quale è stata espressamente composta) il quale non aveva le sonorità dell'organo ma, bensì, quelle di un fortepiano che, come sappiamo bene, possedeva una sonorità molto più delicata rispetto ai pianoforti odierni. A questo proposito, noi non ne siamo a conoscenza ma sarebbe molto interessante se qualche pianista-organista avesse approfittato della presenza di molti di questi strumenti nei vari musei europei per incidere queste opere e proporle sullo strumento per cui esse furono concepite e composte.
In effetti, la differenza è sostanziale poichè, come tutti sappiamo, l'organo è uno strumento con suoni di intensità "fissa" (cioè NON espressivo) mentre la caratteristica del pianoforte (lo dice chiaramente il suo nome) è l'espressività, cioè la capacità di emettere suoni più o meno intensi a seconda della pressione che si esercita sui tasti. Sulla base di questa considerazione, ecco che se noi ipotizziamo le opere "per organo" di Schumann eseguite sul "loro" strumento, il giudizio critico, estetico e musicale cambia radicalmente. Rimane il fatto che l'organo ha le diversissime possibilità timbriche che il pianoforte non ha e se teniamo conto del fatto che lo stesso Schumann lo considerava una specie di "cartina al tornasole" per verificare la bontà musicale del compositore e dell'esecutore tanto da dire (sono parole sue) "Non trascurate alcuna occasione d'esercitarvi sull'organo; non v'ha strumento che più efficacemente di quello palesi il suonare scorretto dell'esecutore e il cattivo stile del compositore.", ecco che la consuetudine di eseguire questi brani all'organo non può che fornire quel valore aggiunto che lo stesso autore auspicava con le sue parole.
E in questo disco possiamo davvero apprezzare quanto auspicato da Schumann, poichè Roberto Marini, organista sopraffino che abbiamo già avuto modo di apprezzare in tante sue incisioni discografiche di grande impegno e di straordinaria qualità, non solo ci rivela per intero sia il valore musicale di queste composizioni che la sua splendida arte interpretativa, ma ci testimonia un'altra "massima" di Schumann, che egli applica alla perfezione e che recita, testualmente, così: "Non ricercate quella brillante esecuzione che si chiama bravura. Procurate piuttosto di fare impressione riproducendo l'idea che il compositore aveva in mente di esprimere, e null'altro; il volere di piu' e' ridicolo.". In effetti, soprattutto da un paio di decenni a questa parte, abbiamo potuto constatare (e non riguarda solo la musica di Schumann ma tutta la musica organistica) che sempre più spesso gli organisti vanno alla ricerca di un tipo di intepretazione che indulge molto alle tentazioni velocistiche, quasi che la velocità potesse dare all'interprete una "patente" di eccellenza. Beh, non è così, tanto che lo stesso Schumann, in un'altra sua "raccomandazione", dice espressamente che "Il suonare troppo in fretta o troppo lento, sono difetti grandi al pari.". Personalmente abbiamo già trattato questo aspetto dell'interpretazione in una nostra pagina (che trovate qui) ed è stato per noi un vero piacere ascoltare questo disco di Roberto Marini, nel quale abbiamo trovato perfettamente applicate e realizzate le tre regole schumanniane sopra riportate. Marini ci propone qui uno Schumann veramente "romantico" nel senso storico della parola, cogliendo perfettamente lo spirito che permeava quel periodo molto particolare della storia della musica nel quale l'eredità del grande Bach cominciava prepotentemente a farsi avanti. E Schumann, che (come abbiamo ricordato nella precedente recensione delle Sonate di Carl Philipp Emanuel Bach) apprezzava molto il secondogenito del Kantor di Lipsia e le sue opere, fu tra i primi a fare proprie queste vecchie-nuove suggestioni, aprendo la strada alle forme "canoniche" e "fugate", che in questo disco Marini ci propone in tutta la loro splendente polifonica romanticità e presentandoci un Schumann formalmente rigorosissimo e padrone del contrappunto a tal punto da dedicare ben sei fughe, tutte splendide, al nome di B.A.C.H., inaugurando una tradizione di omaggio al Kantor che verrà seguita sempre più spesso in futuro (Liszt, Reger, Bossi, Karg-Elert, Poulenc, Casella, Maderna, Coulthard, Sokola e tanti altri).
L'organo scelto per questa incisione lo abbiamo già trovato in queste pagine quando abbiamo trattato le incisioni discografiche dell'integrale di Franck effettuata da Fausto Caporali (che trovate qui) e dell'integrale di Brahms eseguita dallo stesso Marini (che trovate qui). Si tratta di uno splendido strumento moderno, realizzato nel 2009 da Mascioni su tre tastiere e pedaliera con 43 registri nominali, pari a 52 reali, che comprende aspetti fonico-timbrici di diversa origine ed estrazione che si innestano su di una base tipicamente "italiana" secondo caratteristiche più libere e slegate dai canoni dell'organaria tradizionale, rendendo possibile l'interpretazione di un repertorio straordinariamente vasto ed articolato che abbraccia tutte le epoche della musica organistica.
Pur trattandosi di una produzione edita quest'anno (2014), le registrazioni sono state eseguite tre anni fa, nell'Aprile del 2011, dall'ormai celeberrimo Federico Savio, che anche in questo caso dimostra in toto la sua bravura nel catturare le varie sonorità dello strumento nella loro specificità e nella spazialità dei rispettivi piani sonori mantenendo sempre integra ed intatta l'unitarietà degli amalgami e senza mai perdere di vista la coralità degli insiemi, soprattutto dei ripieni e delle ancie, che in quest'incisione fanno sicuramente la differenza.
Esauriente e ricco di contenuti (ma assai povero di immagini) il libretto a corredo, con testi in italiano ed inglese di Piergiuseppe Genalizzi e dello stesso Roberto Marini. Il tutto per una produzione molto bella, di grande spessore musicale e ricca di spunti assai interessanti per conoscere più a fondo e compiutamente questo particolare tipo di repertorio. In definitiva: un disco da acquistare senza alcun indugio che consigliamo davvero con piacere ai nostri amici lettori.



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