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L'Organo di Atlantic City




The Auditorium Organ of Atlantic City Convention Hall
Organista: Timothy Hoag - Antoni Scott - David Scribner - Clifton Stroud ed altri
Organo della Convention Hall di Atlantic City
CD - DDD - ACCHOS CD1

Oggi ci occuperemo di una produzione discografica statunitense che ci consentirà di conoscere il suono del più grande organo del Mondo. Stiamo parlando dell'organo della Convention Hall di Atlantic City, strumento di cui abbiamo già parlato nelle pagine dedicate agli organi.
Dobbiamo dire subito che chi si aspetta una normale incisione di musica organistica, come comunemente noi europei la intendiamo, avrà diverse sorprese. Prima di tutto per il fatto che questo strumento, essenzialmente, rientra a pieno titolo nella categoria degli "organi da teatro", pertanto il suo utilizzo è anni luce distante dalla nostra concezione di "organo=strumento liturgico". Questa impostazione essenzialmente laica e, soprattutto, ludica di questo genere di strumenti condiziona sia le loro impostazioni timbriche e foniche, sia il repertorio, che in questi casi si concretizza in quella vasta area, da noi poco esplorata, che sono le trascrizioni.
La seconda sorpresa consiste nel forte senso di "delusione" che si prova iniziando ad ascoltare questo disco, in cui ancie stonate, registri poco intonati ed abbastanza vacillanti fanno dapprima cadere le braccia ma poi, mano a mano che ci si rende conto di quanto enorme sia questo "mostro", ce lo rendono via via più simpatico, quasi fosse un vecchio nobile decaduto, magari male in arnese e con i vestiti stazzonati, ma la cui signorilità ci incute un senso di riverente rispetto, non fosse altro che per le memorie che ci racconta di una passata grandezza di cui ancora ci fa ascoltare gli echi con i brani dimostrativi dei suoi registri di 64 piedi reali che, se non stiamo attenti, giustiziano senza pietà le bobine dei woofers del nostro hi-fi. Non per nulla sulla copertina del disco è riportato un "Warning" abbastanza minaccioso, che ci consiglia caldamente di controllare attentamente il volume del nostro amplificatore per evitare danni.
Questa incisione, effettuata da vari interpreti, tra cui Timothy Hoag, Antoni Scott, David Scribner e Clifton Stroud, ci conduce alla conoscenza di questo organo cominciando con una vera e propria "americanata". Il primo track, infatti è il rumore dell'accensione e partenza delle turbine dell'organo. Dopo cinquantanove secondi in cui pare di stare a dieci metri da un "Sea Harrier" in fase di decollo dal ponte della Nimitz, possiamo cominciare a gustarci una discreta interpretazione della Toccata in Re minore di Bach (ma solo la Toccata). Seguono poi le trascrizioni di due canzoni americane: "On the Boardwalk" di Mack Gordon e "There She is" di Bernie Wayne in cui le enormi sezioni di violeggianti ci immergono nella vera atmosfera del suono di questo genere di strumenti. Seguono un Ragtime di Scott Joplin ed una, a mio parere, stupenda trascrizione di "Old man river" di Gershwin, dopodichè è la volta di una vera e propria trascrizione sinfonica: la Marcia Militare di Gounod, a cui segue un'altra canzone, "On the road to Mandalay", un classico di Oley Speaks.
A questo punto un altro brano organistico originale: la Berceuse di Louis Vierne, la cui esecuzione, da parte di David Scribner, risulta assolutamente deliziosa. Il brano seguente, l'inno "Abide With Me" ci porta via via a scoprire la potenza di questo strumento, iniziando piano per arrivare, in un continuo crescendo, al finale, eseguito con il Tutti, a cui, purtuttavia, non viene ancora aggiunta l'Ophicleide, che però viene impiegata nell'ultimo accordo del brano seguente, che altro non è che la parte finale della Fantasia su "Ad nos ad salutarem undam" di Liszt.
Gli ultimi due brani sono esclusivamente dimostrativi. Il primo ci fa ascoltare quanto possa essere traumatizzante ascoltare il suono dell' "Imperial Tuba" (spinta dai suoi 100 mm. di pressione) e della "Grand Ophicleide". L'ultimo è il più pericoloso: ci fa ascoltare (meglio, ci fa vibrare in sintonia con) il "Diaphone" di 64 piedi, le cui frequenze, al limite degli infrasuoni, se non ben domate dal nostro amplificatore, rischiano di trasformarsi in un movimento tellurico.
Delle cattive condizioni dell'organo abbiamo già detto, ma è noto che la manutenzione di un "coso" del genere costa decisamente troppo e già da alcuni anni gli organari addetti a tempo pieno allo strumento sono costretti a trascurarne circa un terzo dei registri.
L'incisione risale al Novembre 1998 ed è stata effettuata con apparecchiature speciali al fine di riuscire a registrare anche le frequenza più basse. Tenuto conto del fatto che i registri di questo strumento sono suddivisi in dodici sezioni sistemate in otto corpi d'organo separati e posti ad altezze diverse tra di loro, il risultato è certamente ottimo sia dal punto di vista della resa fonica che della fedeltà delle timbriche.
In conclusione: non consigliamo questo disco agli amanti della musica organistica "normale", lo sconsigliamo vivamente agli amanti dell'organo classico e lo vietiamo decisamente agli estimatori della musica antica; ma riteniamo che tutti coloro che, per un verso o per l'altro, sono interessati all'organo, debbano averne una copia nella loro discoteca, non fosse altro che per avere una rara testimonianza di uno strumento che, amato od odiato che possa essere, è pur sempre definito "l'organo più grande del Mondo".



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