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Variazioni su corali di Gronau




Gronau: Chorale Variations
Organista: Matteo Venturini
Organo: Chiesa di S.Rocco di Larciano-Pistoia - Italia
Brilliant Classics - 94843 - DDD - 2014

Questo disco fa parte della ormai numerosa serie di incisioni dedicate ad autori fino a poco tempo fa quasi sconosciuti, le cui opere vengono riscoperte e riproposte nell'ottica di un completamento filologicamente corretto della storia dell'organo europeo, operazione senz'altro meritoria sotto il punto di vista essenzialmente storico e musicologico ma che molto spesso ha proposto autori ed opere che ben poco (e spesso nulla) hanno da aggiungere al panorama musicale già ampiamente conosciuto. Apparentemente, anche questo disco sembrerebbe rientrare in questo novero, non fosse altro per il fatto che di Daniel Magnus Gronau non si conosce praticamente nulla. Con certezza si sa che è morto nel 1747 e che dal 1730 alla morte fu organista presso la Johanniskirche di Danzica. Si sa anche che fu organista molto apprezzato e compositore abbastanza fecondo, ma la maggior parte delle sue opere (rimaste allo stato di manoscritto) fu distrutta durante il bombardamento alleato su Danzica del 1945. Le sue uniche opere pubblicate furono quattro variazioni su corali, edite da Bärenreiter nel 1927 ed una quinta pubblicata qualche anno dopo. Come si vede, ben pochi elementi ci rimangono per considerare questo autore in una luce completa ed esauriente; queste cinque opere, comunque, ci tramandano un compositore che, in effetti, qualcosa di relativamente nuovo da dire ce l'ha. Si tratta, in modo particolare, del suo modo di affrontare l'arte della variazione, in cui le regole sono ben chiare e precise e propongono una visione d'insieme che, tutto sommato, propone diversi accenni di "modernità" rispetto ai suoi contemporanei. Da rimarcare una specie di arte della registrazione "a blocchi", che, per così dire, codifica ed individua sempre nel migliore dei modi il giusto risalto che si deve dare alla linea melodica del corale, utilizzando quasi sempre due tastiere, di cui una spesso con funzioni di "basso continuo" assieme al pedale, ed un utilizzo assai marcato e talora virtuosistico della pedaliera, a cui sono dedicate specificatamente alcune variazioni da eseguirsi come solista. A questo proposito, è molto utile, ed illuminante, andare a leggere un interessante testo nel quale vengono riportate sia la composizione fonica dell'organo suonato da Gronau che alcune delle sue "registrazioni" preferite, tra le quali quelle di due sue variazioni andate perdute e quella della variazione per solo pedale della "Ein feste Burg" (questo testo lo potete trovare qui).
Certamente -ed ovviamente- non si possono fare confronti "musicali" tra Gronau ed il suo coetaneo Johann Sebastian Bach, ma è interessante vedere come entrambi affrontino il tema delle variazioni su corale in un modo assai simile per ciò che riguarda l'approccio strumentale, considerando l'organo come un mezzo espressivo completo, del quale sfruttare ogni possibilità timbrica ed espressiva in funzione di un risultato che -pur nell'enorme differenza sostanziale- li accomuna in una visione strumentale per quei tempi assai "moderna", cosa che raramente si può constatare in altri autori di quell'epoca. Se, infatti, pensiamo che Gronau aveva a disposizione uno strumento per quei tempi molto grande, con tre tastiere, pedaliera e 52 registri nominali (quasi 70 reali) e se diamo una rapida scorsa alle sue registrazioni "codificate" per ogni tipo di brano, possiamo agevolmente vedere come la varietà timbrica, da lui richiesta e costruita con abbondanza di timbri flautati e che sfrutta in modo veramente "totale" le possibilità foniche dell'organo, ben distante sia dalla teoria (per molto tempo ritenuta indiscutibile dai filologi più radicali ed accaniti) del Volles Werk ad ogni costo con la quale organisti anche di chiara e grande fama, in un passato mica tanto lontano, ci hanno massacrato i timpani per anni. Ecco, le poche opere superstiti di Gronau e le sue annotazioni sull'arte della registrazione ci mostrano un autore formalmente severo, inappuntabile e di grande spessore musicale che, pur non raggiungendo apici e vertici di grande musicalità ha saputo realizzare opere di grande bellezza formale e di splendida raffinatezza timbrica; e questo disco, molto ben realizzato, ce lo testimonia ampiamente.
Matteo Venturini, fiorentino, concertista apprezzatissimo e forte di un'opera di studio ed approfondimento molto accurata, svolta con Schnorr e con Flury, affronta le musiche di Gronau con un approccio musicale e musicologico di grande ampiezza, che va a scavare in profondità nelle pieghe di questi brani, proponendocele in una prima registrazione "integrale" assoluta dalla quale emergono la solida scuola, l'accurata ricerca musicologica, la splendida tecnica ed una visione organistica ed organologica di grande spessore. Con questa sua incisione, Venturini aggiunge un'altra importante gemma alla sua ormai nutrita serie di incisioni discografiche, tutte molto belle ed interessanti, ed alla sua importante attività musicale.
Lo strumento utilizzato per l'incisione è un organo "tedesco" costruito da un italiano, e fa parte di quel panorama organario di concezione nordeuropea che sempre più spesso si presenta nelle nostre chiese. Se da una parte, come abbiamo già sottolineato in queste pagine, questo tipo di strumenti non ha alcun collegamento nè storico nè musicologico con la nostra tradizione (e di questo ce ne siamo sempre dispiaciuti), dall'altra parte è indubitabile che tali strumenti sono un'ottima occasione per poter interpretare in modo "naturalmente" filologico un repertorio che ormai è pane quotidiano di organisti ed ascoltatori e che su questi organi riassumono le caratteristiche fonico-timbriche loro proprie, riacquistando il loro carattere e le loro peculiarità originali. Costruito da Ghilardi nel 2005 per la chiesa di San Rocco di Larciano, quest'organo presenta una tavolozza timbrica puramente "germanica" molto ampia, spalmata su tre tastiere e Pedaliera con una quarantina di registri nominali (di cui alcuni del pedale in derivazione dall' Hauptwerk) con trasmissione, ovviamente, interamente meccanica. Inutile sottolineare quanto questo strumento si riveli perfetto per il repertorio presentato nel disco.
Le registrazioni sono state effettuate nel mese di Maggio dello scorso anno 2013 e denotano una cura particolare nella presa del suono, nella quale le voci dello strumento vengono caratterizzate in modo molto preciso senza peraltro mai perdere di vista l'insieme timbrico-fonico generale e l' "ambiente" assai favorevole, che ci rendono un'incisione di ottimo livello e qualità.
Assai esauriente (in inglese ed italiano) il testo sul libretto a corredo, con interessanti note musicologiche ed interpretative sulle opere di Gronau e, molto utile per gli appassionati, l'elenco delle registrazioni utilizzate per i vari brani.
In definitiva, un'incisione molto bella, di ottimo livello sia qualitativo che musicale e di particolare interesse per gli appassionati e gli organofili, che vi troveranno molti e validissimi motivi per inserirla subito nella loro discoteca.



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