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Giancarlo Parodi a Cremona




Evocazioni
Organista: Giancarlo Parodi
Organo Cattedrale di Cremona
Produzione MV Marcello Villa Cremona ed altri- MVC 014/042 - DDD - 2014

E qui cambiamo del tutto "registro". Giancarlo Parodi lascia da parte le finalità celebrative di uno strumento per passare ad un aspetto molto più personale, quello del "ricordo", affettuoso, memore e riconoscente, per alcune figure musicali che ne hanno accompagnato, e spesso condiviso, l'attività artistica (Remondi, Bartolucci, Pedemonte...). Il "focus" dell'incisione, che racchiude in se tutte le motivazioni più intime dell'organista, è rappresentato dal corale "Justorum animæ in manu Dei sunt" di Jacquest Ibert, che l'organista piazza come quarto brano del disco a mo' di spartiacque tra due parti ideali del disco. La prima parte, che posiamo considerare introduttiva, inizia con la brillante "Ouverture Op. 16" di Charles John Grey, organista figlio d'arte e didatta presso il London College of Music ed assai conosciuto in Inghilterra, a cui segue la Fantasia in Do Maggiore Op. 157 di Camille Saint-Saëns, uno dei più conosciuti musicisti francesi di fine Ottocento, notissimo ed apprezzatissimo anche come organista, che compose diverse opere per organo tra le quali spiccano le sue tre Fantasie; quella presentata da Parodi in questo disco è l'ultima in ordine di composizione e spicca per la sua ricchezza formale, alla maniera delle grandi Fantasie nordiche in cui si alternano episodi liricamente descrittivi ed altamente poetici, momenti di grande maestosità e sprazzi di virtuosismo toccatistico di ispirazione classica. La "Suite du 1er Ton" di Denis Bedard, con i suoi echi neoclassici e la sua impostazione barocca francese, gradevolissima e molto evocativa, conclude la prima parte. Come abbiamo detto, il corale di Jacques Ibert, splendido brano dapprima quasi sussurrato e sommesso e poi, nell'avvicendarsi delle variazioni, sempre più aperto e luminoso fino allo sfolgorante finale in cui il concetto di eternità viene raffigurato quasi visivamente da un grandioso "Tutti", introduce alla seconda parte del disco, che Giancarlo dedica dapprima a Domenico Bellando, notissimo organista e compositore genovese, artista precocissimo (fu nominato titolare presso la Cattedrale di San Lorenzo di Genova all'età di soli diciassette anni), docente di lustro presso il Conservatorio di Genova e raffinato compositore non solo liturgico molto apprezzato in tutta Europa, di cui possiamo ascoltare "Dolce pensiero", composizione del 1896 di suggestiva raffinatezza e tutta intrisa del delicato lirismo che caratterizzò fortemente l'ambiente organistico genovese della "prima" Riforma Ceciliana, immediatamente successiva all'inaugurazione del famoso "Trice 1891" nella basilica dell'Immacolata della stessa città. Di Roberto Remondi, organista e didatta bresciano di grande fama ma oggi quasi completamente dimenticato se non per il suo "famigerato" "Gradus ad parnassum dell'organista" su cui si sono spezzate le corna generazioni di studenti d'organo dei Conservatori italiani, Parodi ci presenta un brano in perfetta linea con il carattere del disco, l' Elegia "sur la tombe d'Alexandre Guilmant", composta in ricordo del grande organista francese ed anch'essa fortemente caratterizzata dall'estetica riformista italiana di fine Ottocento in cui il lirismo spiccatamente postromantico italiano di quell'epoca è ingrediente fondamentale. Giacomo Pedemonte è stato una figura musicale di fondamentale importanza per la città di Genova (a lui è intitolata una strada a Sampierdarena ed una stele commemorativa nella chiesa di Sant'Ambrogio gli è stata dedicata nello scorso anno 2013, a mezzo secolo dalla sua morte) e per la musica organistica italiana in generale. Organista per più di mezzo secolo presso la chiesa del Gesù, docente di formidabile carisma alla cui scuola si sono formati i migliori interpreti del secondo Novecento (tra i quali anche Giancarlo Parodi), Pedemonte è stato un "punto fermo" dell'organo italiano moderno e contemporaneo; di lui Parodi ci propone un sofisticato "Ricercare" in cui l'espressività poetica propria della "scuola genovese" si coniuga con un "modernismo" di solida fattura ma sempre molto misurato e di squisita eleganza. La figura del Cardinale Mons. Domenico Bartolucci, scomparso un'anno fa nel Novembre 2013, è legata ad uno dei più brillanti e strepitosi periodi di fama e notorietà della "Cappella Musicale Sistina", della quale fu nominato "Direttore Perpetuo" nel 1956 da Pio XII succedendo a Perosi, di cui era stato sostituto dal 1952. Di origini fiorentine, ordinato sacerdote nel 1939, Bartolucci rivelò doti musicali di grande rilevanza che lo portarono ad essere dapprima Vice Maestro a S.Giovanni in Laterano e poi Direttore della Cappella Musicale della Basilica Liberiana di S.Maria Maggiore prima di approdare, come detto, alla Cappella Sistina Vaticana. Musicista di solidissima tradizione classica, ha composto oltre quaranta volumi di Motetti, Messe, Laudi, Inni, composizioni per organo, musica sinfonica, da camera e diversi Oratori, sempre in ossequio ai cardini della sua ispirazione, che erano -come diceva lui- il Canto Gregoriano, Palestrina e Verdi. Non è il caso di ricordare qui il lungo periodo di aspre (e spesso pretestuose) polemiche che scaturirono dalla sua "sostituzione" (in presunta contravvezione alla nomina papale "perpetua") alla guida della Cappella Sistina con Mons. Giuseppe Liberto. Il suo "Preludio e Fuga in Do minore", che Parodi ci propone in questo disco, è assolutamente rappresentativo, con la sua solidissima tecnica contrappuntistica messa al servizio di un'espressività fortemente incisiva, della sua arte compositiva. La "Baroque Suite" di Gordon Young, organista e compositore statunitense di grande rinomanza (diplomato dapprima al Southwestern College di Winfield e poi al Curtis Institute di Philadelphia, nominato "Dottore in Musica Sacra" nel 1964, vincitore per ben diciotto anni consecutivi del premio ASCAP per i migliori compositori americani, autore di oltre ottocento opere corali, vocali e strumentali tra cui moltissime composizioni per organo), composta anch'essa, come quella di Bedard, sullo stile barocco francese classico fondendo stilemi classici con una modernità di linguaggio particolarmente elaborata, è il penultimo brano del disco, che si conclude con un grande classico, il "Finale dalla Passione secondo S.Matteo" di Bach, che Giancarlo Parodi ci propone qui nella famosa trascrizione di Charles Marie Widor, un vero e proprio "must" dell'arte della trascrizione organistica e che chiude in grande bellezza ed imponenza questa produzione.
In questo disco possiamo apprezzare da parte di Giancarlo parodi un approccio musicologico diverso da quello del disco precedente e, a nostro parere, più "vicino" all'estetica organistica di cui egli è figlio. Ci pare di avvertire, anche nella tecnica organistica, una maggiore affinità elettiva con pagine musicali che, senza alcun dubbio, coinvolgono Giancarlo in modo profondo e, in certi casi, intimamente personale, così come è palese, durante l'ascolto del disco, che egli tiene sempre bene in mano il "fil rouge" che attraversa questo repertorio, che è -appunto- l'evocazione di personaggi e musicisti a cui l'organista è stato, per motivi diversi, musicalmente vicino; evocazione di personaggi e di musiche ma anche, oseremmo dire, di atmosfere, di ricordi di gioventù e di emozioni musicali che Parodi in questo disco vuole -consapevolmente o meno- rivivere dopo tanto tempo e condividere con noi ascoltatori, nella speranza che noi riusciamo a coglierle e farne tesoro.
L'organo utilizzato per l'incisione è assolutamente "up to date" per questo repertorio. Realizzato da Mascioni nel 1984 per la Cattedrale di Cremona, esso succede ad altri precedenti, storici e rinomati strumenti di Casali (1482), Facchetti (1546), Biroldi (1826), Inzoli (1879) e Balbiani (1937). Inserito nell'antica cassa del 1543 e protetto dalla "montre" di Inzoli del 1879, lo strumento comprende 52 registri nominali (pari a 79 reali) ripartiti su tre tastiere e pedaliera. Realizzato con trasmissione mista (meccanica per tastiere e pedaliera ed elettronica computerizzata per i registri), esso presenta una tavolozza timbrica di impostazione squisitamente classica italiana con alcuni innesti coloristici che rendono questo organo veramente completo e perfetto per l'interpretazione di una vastissima gamma di repertorio, dal classico fino al contemporaneo, con una qualità fonica veramente ottima.
Anche per questo disco, la registrazione è stata effettuata da Paolo Guerini nello scorso mese di Luglio 2014. Presa di suono assai accurata, grande attenzione alle sfumature timbriche, colte nella loro specifica caratterizzazione, ottima resa dell'insieme strumentale (anche se i Ripieni ci paiono poco amalgamati soprattutto nel Fortissimo), "ambiente" sapientemente graduato, ottimo lavoro di postproduzione e libretto a corredo molto gradevole ed esauriente (peccato che i testi siano solo in lingua italiana...) fanno di questo disco una produzione veramente interessante che consigliamo con vero piacere ai nostri amici lettori.



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