Logo Arretrati

Debussy à l'Orgue




Debussy à l'Orgue
Organista: Paolo Bottini
Organo Chiesa di S.Gioacchino ai Prati di Roma
Elegia Records ELEORG032 - DDD - 2014

Il musicologo francese Roland Manuel, nella sua introduzione alla figura di Claude Debussy, dice che "Le grandi opere d'arte si riconoscono in virtù del fatto che in un primo tempo sfuggono all'analisi. (...) Nell'impossibilità di poter cogliere l'originalità di ciò che l'atto creativo ha di imprevedibile, si dirà che l'autore "precorre i tempi", illusione che il tempo stesso si incarica di dissipare".
Oggi, di Achille-Claude Debussy sappiamo tutto. Conosciamo la sua origine modesta e priva di riferimenti musicali famigliari, la sua infanzia musicale che lo vede, a detta dei suoi due primi maestri (Lavignac e Marmontel), "in ritardo nei principi, nelle cognizioni elementari" e "stordito e confuso nella teoria", il suo periodo di studi assai "controverso" con Bazille e Guiraud ed il suo Grand Prix de Rome (ottenuto nel 1884 quasi all'unanimità della giuria, con 22 voti su 28 votanti), conseguito con la sua cantata L'Enfant Prodigue" al prezzo di un grande sacrificio della sua originalità musicale, peraltro subito riaffermata in "Printemps", composizione per coro ed orchestra scritta ancora a Roma durante il suo ultimo anno di soggiorno nella città dei sette colli e nella quale riaffiora una delle sue caratteristiche principali, quella dell'ispirazione musicale fortemente suggestionata dalle arti figurative. Non staremo qui oltre a descrivere la carriera musicale di Debussy; altri critici ben più blasonati e competenti di noi l'hanno gia sezionata ed analizzata a sufficienza. Ricorderemo qui che Achille-Claude, che comunemente viene associato all' "impressionismo" musicale francese, in effetti detestava che la sua musica fosse etichettata come tale, arrivando ad affermare, nel 1907, che "Io tento di fare altro, un certo modo di intendere la realtà, cosa che gli imbecilli definiscono impressionismo...".
In effetti dobbiamo dire -confortati in questo dalla ormai comune opinione dei critici- che Debussy è stato, probabilmente senza esserne completamente cosciente, uno dei primi esponenti di quel "protoclassicismo" che nel giro di pochi anni sfocierà nel grande movimento neoclassicista europeo. Molte sono le sollecitazioni in tal senso che, fin dalla giovinezza e per tutta la sua vita, guidano la sensibilità musicale di Achille-Claude in un'evoluzione stilistico-musicale che guarda con interesse alle scale pentatoniche asiatiche (da lui scoperte ascoltando formazioni di musica "gamelan" al padiglione giavanese dell'Esposizione Universale di Parigi del 1880), alla musica russa (con cui fa la conoscenza durante il suo soggiorno a Mosca del 1881-1882), alla musica di Wagner, alla modalità del canto gregoriano e ad una vocalità dalle caratteristiche quasi arcaiche. La musica di Debussy contiene tutto questo, che ne costituisce l'assoluta originalità che, come citava in apertura Roland Manuel, costituisce l'imprevedibilità dell'atto creativo. Un ultimo aspetto della musica di Debussy, specialmente riferito alla musica per pianoforte e ben evidenziato dalle accurate analisi formali delle sue composizioni effettuate dai maggiori critici musicali, è quella che viene definita "dissimulazione delle fonti artistiche". In effetti molti analisti considerano la grazia, l'eleganza e la raffinatezza che ammantano e pervadono le composizioni di Debussy come una specie di "mascheramento" di tutte quelle ispirazioni musicali che abbiamo elencato prima, ispirazioni che costituiscono effettivamente le basi di queste musiche ma che vengono accuratamente "dissimulate" e rese "leggere" da quella che è comunemente definita la "grazia delle apparenze". A questo proposito, è lo stesso autore che in diverse occasioni darà alcuni "inputs" alla critica per comprendere le sue opere; il primo è in occasione della composizione del suo Prelude à l'après-midi d'un faune, quando dice ai critici che "l'opera è proprio costruita; ma ne cercherete invano le colonne, poichè le ho tolte."; il secondo input lo dà invece quando scrive, in una lettera a Victor Segalen (medico, etnologo, scrittore e studioso della cultura cinese), che la musica che intende lui deve essere "una cosa libera, che è dappertutto...ma soprattutto non è sulla carta.".
Debussy durante la sua vita fu sempre indifferente alla fede ed alla religione, e forse questo è uno dei motivi per il quale egli non si approcciò mai nè all'organo nè alla musica liturgica o religiosa (anche se quando compose il suo "Martyre de Saint-Sébastien" ebbe a dichiarare che lo aveva composto "come se gli fosse stato commissionato da una chiesa"). Questa "mancanza" è senz'altro spiacevole per gli amanti dell'organo, poichè sicuramente il genio musicale di Debussy, qualora si fosse rivolto anche a questo strumento, avrebbe indubitabilmente prodotto dei capolavori assoluti ma forse -vedendo le cose da un'ottica diversa- gli avrebbe anche impedito di esplicare tutta la sua arte e la sua espressività nel modo in cui si è potuta invece esprimere al pianoforte, lo strumento "espressivo" per eccellenza.
In questo disco, Paolo Bottini ci propone un'ipotesi di lavoro quanto mai affascinante ed intrigante: provare a trasporre all'organo le musiche di Debussy e vedere -come suol dirsi- l'effetto che fa. E, dobbiamo dire, fa un gran bell'effetto ascoltare come le note di questo autore, che siamo abituati a sentire sotto altre spoglie -principalmente quelle del pianoforte- all'organo non solo riescono a mantenere perfettamente integro tutto il loro fascino musicale ma anche, grazie alla lettura particolarmente attenta ed "affettuosa" di Paolo Bottini ed alla sua sapiente scelta e calibrazione dei registri, attingano dalle sonorità organistiche un'attrattiva se possibile ancora più sofisticata ed accattivante.
L'organista ci propone un'accurata scelta di brani, molti dei quali tratti dalle opere pianistiche, che parte dai Deux Arabesques del 1888 (seconda opera pianistica di Debussy dopo la "Danse Bohemienne" del 1880), il famoso Children's Corner (formato da sei brani e composto tra il 1906 ed il 1908 in dedica alla figlia Claude-Emma, affettuosamente chiamata con l'appellativo giapponese di "Chou-Chou" (farfalla) e che gli sopravviverà solo un anno, morendo nel 1919 di difterite), due preludi (l'ottavo ed il decimo: La fille aux cheveux de lin e La cathédrale engloutie) tratti dal primo libro, la trascrizione fatta da Guilmant dell' Andantino tratto dall'unico Quartetto per Archi Op. 10 in sol minore e composto nel 1894, la trascrizione fatta da Roques del Preludio della cantata "L'Enfant Prodigue" (per Soprano, Tenore, Baritono, Coro ed Orchestra) del 1884, la trascrizione di Choisnel del Preludio del poema sinfonico "La demoiselle élue" per coro ed orchestra ed, infine, la Petite Suite, composta nel 1889 per pianoforte a quattro mani.
Paolo Bottini, di cui abbiamo già intessuto alte lodi in occasione di precedenti recensioni su queste pagine, in questo disco ci dimostra ancora una volta la sua bravura e, soprattutto, la sua profondissima capacità di entrare nell'essenza delle composizioni, cogliendone in modo particolarmente accurato le anche più minime sfumature e rendendoci queste composizioni "come se" fossero state scritte per l'organo. Abbiamo gradito in modo particolare i brani pianistici (su tutti La cathédrale engloutie) ma anche le trascrizioni dei brani orchestrali vengono qui da lui proposte nell'ottica più giusta e confacente alle caratteristiche peculiari della produzione di questo grande musicista.
Bisogna dare poi atto a Bottini di aver effettuato una splendida scelta dello strumento. L'incisione è stata infatti eseguita alla consolle dello splendido organo realizzato nel 1908 (e, quindi, assolutamente coevo all'autore) dal belga Anneessens Ruyssers, le cui caratteristiche e splendide timbriche si rivelano assolutamente perfette per queste musiche. Dotato dapprima di una nuova consolle nel 1980 da Pinchi e poi restaurato completamente da Zanin nel 2008, questo strumento conta 28 registri su tre tastiere e pedaliera e si conferma come uno dei migliori organi "stranieri" che possiamo trovare nella nostra Capitale.
Tecnicamente parlando, infine, la registrazione (effettuata nel mese di Ottobre 2012) si presenta assolutamente perfetta (beh... è stata fatta da quel "mostro sacro" del sound engineering che risponde al nome di Federico Savio) e ci propone in modo quanto mai presente e fedele tutte le "nuances" sonore di questo organo, rendendocele nella loro pienezza senza nulla togliere alla loro delicatezza ed armoniosità e facendocele quasi "vedere" nella perfetta spazialità di questa bellissima chiesa romana. Ottimo, come sempre, il lavoro di post-produzione e molto completo ed interessante è il libretto a corredo, con testi in italiano e francese di Elena Bugini ed Elena Ferrari Barassi, corredato da alcune belle fotografie scattate da Federico Savio.
Realizzato con il contributo dell'Associazione "Liber Exit" (che condivide gli scopi umanitari della Fondazione "D.Cosimino Fronzuto" di Gaeta), della casa organaria "Francesco Zanin" e con il Patrocinio dell'Ambasciata del Belgio in Italia, questo disco ci è piaciuto in modo particolare e consigliamo a tutti i nostri amici lettori ed appassionati di organo e musica organistica di acquistarlo al volo.



Torna all'Indice Recensioni
Torna all'Indice Categorie


Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2015