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L'Organo della chiesa di Savigliano (II)




Organo grande con eco - Musiche di Petrali
Organista: Walter Savant-Levet
Organo Chiesa di S.Andrea di Savigliano
Edizioni Leonardi Milano - LEOCD 054 - DDD - 2014

Il secondo disco (in realtà, dal numero di edizione, si tratta invece del primo) che le Edizioni Leonardi dedicano allo stupendo strumento realizzato da Vittino nel 1888 per la chiesa di Savigliano, oltre al grande valore musicale, comprende anche un ideale collegamento tra strumento e compositore derivante dal fatto che questo organo (come tantissimi altri realizzati in quel periodo e nei decenni precedenti dai migliori organari d'Italia) nel mese di Giugno del 1888 fu collaudato da colui che in quell'epoca era considerato il più grande organista vivente, cioè Vincenzo Antonio Petrali. Esiste dunque una stretta liaison storico-musicale tra questo strumento e le musiche che Walter Savant-Levet ci presenta e dobbiamo dire che la scelta del connubio non poteva essere migliore per sottolineare, da una parte, la personalità musicale e l'evoluzione stilistica di questo grande compositore e, dall'altra, le caratteristiche foniche e timbriche di uno strumento che sicuramente rappresenta una delle migliori testimonianze della scuola organaria tardo-ottocentesca italiana, ancora saldamente ancorata all'organo "operistico" dei decenni precedenti ma che già denota alcune caratteristiche che la pongono "in odore di riforma".
Di Petrali, in attesa di dedicargli un'apposita pagina su questo sito, possiamo dire che fu un musicista straordinario e che, probabilmente, fu davvero il più grande organista italiano di quell'epoca (e questa sua fama gli sopravvisse per molto tempo anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1889, tanto che pare che nel 1905 Marco Enrico Bossi, da tutti considerato come il "padre" della scuola organistica italiana moderna, in occasione del collaudo del nuovo organo costruito da Vegezzi Bossi a Caravaggio abbia testualmente esclamato "Se fosse vivo il Petrali, lasceremmo suonare lui e sarebbe meglio."). Compositore di robustissima scuola ed autore di musica di ogni genere (quattro opere, un oratorio, musica strumentale per pianoforte, violino e pianoforte ed altri strumenti, musica per banda ed opere corali di carattere religioso) egli è unanimemente apprezzato per le sue opere organistiche e ricordato per le sue improvvisazioni che -dai ricordi di chi le ascoltò- erano perfino più "fiammeggianti" rispetto alle composizioni scritte (pare addirittura che Mercadante, ascoltandone un'improvvisazione sull'organo del Duomo di Napoli senza sapere chi fosse l'organista, abbia esclamato "Quel demonio che suona l'organo non può essere che il Petrali!").
Ma in questo disco non è presente solamente il Petrali "operistico"; in effetti, anche se pochi lo citano in quest'ambito, egli fu un "protoriformatore" dell'organo italiano e, se pur non ebbe la rinomanza e la fama di Capocci (che era più giovane di lui di soli dieci anni), gli si deve riconoscere un percorso artistico che, soprattutto a partire dal 1880, lo inquadra tra i primi esponenti (e le sue opere di quegli anni lo dimostrano ampiamente ed inequivocabilmente) di quella nascente riforma musicale che cambiò radicalmente il volto dell'organo italiano, sostituendo gli stilemi operistici con la rivalorizzazione della classicità del canto gregoriano e della polifonia. Ed apparirà perlomeno "strano" ad alcuni poco addentro alla conoscenza di questo compositore che egli, nel 1884, formulasse per gli studenti di organo alcune "raccomandazioni" che prevedevano, tra l'altro, lo studio approfondito del contrappunto e della fuga, la perfetta conoscenza dell'armonia, lo sviluppo della tecnica pianistica come base di quella organistica, l'approfondimento delle modalità gregoriane e delle tecniche polifoniche classiche, lo studio accurato della tecnica di "pedalazione" organistica (l'uso di punta e tallone dei piedi) necessaria per le nuove pedaliere estese alla tedesca (quelle rette, che a quei tempi contavano ventisette pedali), l'approfondimento della tecnica del manuale con l'adozione di una corretta diteggiatura e, infine, l'esercizio costante e lo studio delle tecniche di improvvisazione, da lui ritenuta una componente fondamentale per la completa formazione dell'organista. Insomma, tutto quello che già da alcuni decenni si stava facendo in Francia ed in Germania, che qui da noi cominciava appena allora ad essere conosciuto e praticato e che vedrà in Marco Enrico Bossi il primo grande esponente italiano.
In questo disco tutto questo ci viene splendidamente rappresentato con un repertorio che dapprima ci presenta il Petrali "prima maniera", quello "operistico", di cui possiamo ascoltare tre estratti dalla "Messa Solenne" (Suonata per l'Offertorio, Pastorale per l'Elevazione e Suonata per la Consumazione) e la famosa Grande Suonata per l'Organo Istromentato e con Eco che chiude il "Trattato di Castelli" del 1862, trattato di cui abbiamo parlato nello scorso numero di queste pagine. A seguire, il Petrali "protoriformatore", con l'Elevazione e la Sonata per l'Offertorio della "Messa in Fa maggiore" ed una nutrita serie di brani composti nel 1888 (lo stesso anno della costruzione dell'organo di Savigliano): due estratti (n.2 - Poco Allegro e n.4 - Poco Andante) dalle "Quattro Sonate per il Vespero", l'Andante Pastorale, il secondo dei "Tre Adagi per l'Elevazione", la Sonata per la Comunione, l'Adagio per flauto e la Sonata in Fa maggiore. E' molto interessante apprezzare in questi brani un'ispirazione molto vicina a quella che caratterizzerà negli anni a venire le composizioni di Bottazzo e che ritroveremo poi in forma più elaborata ed approfondita in Ravanello, due autori che sono ritenuti "fondamentali" nell'attuazione della Riforma organistica italiana.
Walter Savant-Levet è ormai un ospite fisso di queste pagine (questa è l'ottava recensione che lo riguarda) e non ci pare davvero il caso di sottolinearne ulteriormente la statura musicale, che già abbiamo ampiamente illustrato evidenziandone la tecnica strepitosa, l'approccio rigorosamente filologico ma sempre appassionato al repertorio e la splendida capacità di piegare ai suoi voleri (ed ai voleri della musica) tutti gli strumenti su cui pone le mani, sfruttandone fino in fondo tutte le migliori caratteristiche tecniche, foniche e timbriche. In questo disco egli, oltre a confermare tutto questo, ci pare persino più "grintoso" del solito affrontando le pagine del Petrali giovane, mentre del Petrali "maturo" egli sa cogliere in profondità l'evoluzione stilistica e le caratteristiche più appropriate, offrendoci di questo autore un ritratto completo, approfondito ed a tratti perfino "affettuoso", il tutto per una produzione discografica che abbiamo gradito ed apprezzato in modo particolare.
Dello strumento abbiamo già parlato nella precedente recensione; ci preme qui evidenziare la bontà e l'accuratezza del lavoro di restauro effettuato dalla ditta Brondino-Vegezzi Bossi di Centallo, erede naturale e splendida prosecutrice della tradizione dei Vittino, che ha restituito quest'organo all'originale splendore, splendore che questo disco ci offre in tutta la sua completezza.
Anche quest'incisione è stata effettuata da Roberto Ricco nello scorso Ottobre 2014. Anche qui resa fonica accuratissima e splendida "presenza" della tavolozza timbrica sia per ciò che riguarda i registri solistici che gli insiemi; presa di suono molto accurata, "ambiente" ottimale e curatissimo lavoro di montaggio e post-produzione. Libretto a corredo molto curato ed in linea con gli standard qualitativi della collana discografica, con interessanti testi a corredo e l'usuale presenza delle indicazioni di registrazione con progetto grafico di Adriano Giacometto.
In conclusione, un disco molto bello che tratta un grande autore italiano, un repertorio proprio di un particolare momento della storia dell'organo ed uno strumento timbricamente entusiasmante, che farà la gioia di tutti coloro che apprezzano ed amano l'organo italiano. Non lasciatevelo sfuggire.



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