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Il grande organo di Barge




Il grande organo di Barge
Organista: Walter Savant-Levet
Organo Chiesa di S.Giovanni Battista di Barge
Edizioni Leonardi Milano - LEOCD057 - DDD - 2015

Il disco che trattiamo qui è una bella testimonanza di una particolare epoca dell'organo italiano, quel periodo in cui i prodromi della Riforma stavano rapidamente coinvolgendo il panorama musicale organario ed organistico della nostra penisola e che si manifestò in modi diversi a seconda delle circostanze. Fu infatti nell'ultimo decennio del XIX secolo che l'organaria italiana voltò pagina, sulla scia dei nuovi strumenti che cominciarono ad essere realizzati in varie città italiane e che videro nel poderoso organo -costruito da Trice nel 1891 per la Basilica dell'Immacolata Concezione di Genova- l'inizio "ufficiale" dell'organo "moderno" italiano. Da quel momento, infatti, il riformismo organario (ed organistico) divenne un movimento capillare e diffusissimo che interessò sia le nuove realizzazioni che gli strumenti già esistenti, per la maggior parte, risalenti ai decenni precedenti, in un orizzonte che vedeva le migliori fabbriche organarie del tempo fregiarsi, nel logo, di diciture quali "Premiata fabbrica .... specializzata in organi riformati - Riforme", e ciò stava a significare che non solo si costruivano nuovi organi secondo le nuove regole ma, anche, si "adattavano" organi già esistenti (e questo accadeva molto spesso per quelle chiese che possedevano un vecchio organo ma non i soldi per poterlo sostituire con uno nuovo). Lo strumento proposto in questo disco appartiene a questa seconda categoria, con la differenza, però, che i lavori di riforma riguardarono un organo che già al momento della sua costruzione, avvenuta nel 1852, proponeva una tavolozza timbrica di tutto rispetto e che con quell'intervento, se da una parte vide leggermente modificata la sua impostazione fonica secondo la nuova estetica riformata, dall'altra potè godere di una "risistemazione" ed un ampiamento della tavolozza timbrica che portarono ad avere una superba macchina sonora che oggi, dopo un accurato restauro che ha -correttamente- mantenuto la stratificazione storica degli interventi, in questo disco, sotto le abili mani di Walter Savant-Levet, ci offre uno splendido caleidoscopio sonoro di grande carattere e bellezza.
Lo strumento della chiesa di San Giovanni Battista di Barge fu costruito nel 1852 da Alessandro Collino, a quei tempi uno dei più rinomati organari pinerolesi ed artefice di numerosi prestigiosi ed importanti strumenti nella zona del cuneese. Impostato sull'estetica organaria tipicamente orchestrale ottocentesca, già in origine si trattava di uno strumento "grande" sia per dimensioni che per numero di registri. Con due tastiere (Grande Organo ed Organo in Eco) e pedaliera corta di 12 note, presentava una robusta base fonica di 16 piedi al Grande Organo ed una piramide di Ripieno tra le più complete (fino alla Quadragesimaterza) oltre ad una splendida batteria di registri "orchestrali" tra cui un'agguerrita batteria di ancie tra le quali anche una squillante tromba "en chamade". Molto curiosamente, Collino in questo organo non inserisce il Cornetto (sempre presente negli organi di quell'epoca) ma lo sostituisce -caso più unico che raro- con una Sesquialtera e, altrettanto curiosamente, in questo strumento non c'è la sezione delle "percussioni", che a quell'epoca non mancava mai e che era solitamente costituita da Campanelli, Grancassa o Tamburo, Piatto e/o Sistro. Non sono noti i motivi di queste "anomalie" ma, guardandole con gli occhi di oggi, non possiamo fare a meno di considerare che il Collino anticipò di cinquant'anni esatti le norme emanate nel 1903 da Pio X che, testualmente, al Capo VI recitavano: "E' proibito in chiesa l'uso (...) degli strumenti fragorosi o leggeri, quali sono il tamburo, la grancassa, i piatti, i campanelli e simili." e che, con l'introduzione della Sesquialtera (registro molto antico che negli organi italiani era poco usato e comunque pressochè abbandonato già dal Settecento), anticipò di oltre un secolo le teorie dell'Orgelbewegung, che vedono la presenza di questo registro come fondamentale negli organi che dell'impostazione classica fanno la loro "correttezza filologica".
Come dicevamo in premessa, questo strumento -nel 1896- passò sotto le cure riformiste che, in quell'occasione, furono prestate da un grande organaro dell'epoca, Francesco Vittino, fratello di quell'Annetta Vittino che può essere considerata la prima donna-organaro d'Italia e che, andando sposa a Giacomo Vegezzi-Bossi, unificherà le sorti di due delle più famose dinastie organarie italiane. Vittino, nell'occasione, oltre a sostituire totalmente la manticeria, reimposta completamente la timbrica dello strumento, spostando alcuni registri, modificando le caratteristiche di altri ed installando anche diversi registri violeggianti di nuova concezione, tutti corredati del famoso "Gavioli", il freno armonico inventato da Lodovico Gavioli (la figura di Gavioli, geniale inventore di apparecchi meccanici sia nel campo dell'orologeria che della musica -tra cui diversi automi musicali-, attende da troppo tempo di essere rivalutata). Lo strumento che risulta da quest'operazione di "riforma" (che sotto alcuni punti di vista va anche a colmare alcune lacune dell'impostazione originale) rende questo strumento davvero completo e particolarmente interessante, ascrivendolo di fatto al novero degli organi "protoriformati", le cui caratteristiche tecniche e fonico-timbriche, pur rimanendo ancorate saldamente alla tradizione dei secoli precedenti (registri spezzati, solida base sulla piramide del Ripieno, pressione bassa e caratterizzazione spiccata dei timbri d'assolo e coloristici), sono abilmente integrate con le sonorità nuove dei violeggianti; la caratteristica più rimarcabile di questo organo continua ad essere -nonostante la rimozione delle trombe orizzontali- la spettacolare batteria di registri ad ancia, che ne costituiscono uno dei punti di forza.
La bontà della costruzione originale e l'accuratezza degli interventi effettuati da Vittino nel 1896 hanno fatto si che questo strumento sia arrivato ancora ben conservato, seppur con notevoli problemi di funzionamento, fino al decennio scorso quando, nell'ambito di un ampio restauri di tutta la chiesa, è stato deciso anche un restauro dello strumento che tenesse conto sia delle caratteristiche originali che degli interventi di riforma. Il lavoro, eseguito da Marzi tra il 2012 ed il 2014, ha permesso anche il recupero delle originarie Trombe Orizzontali di facciata ed il riequilibrio complessivo di tutte le voci, con particolare riguardo alle ancie, che costituiscono -come abbiamo già detto- uno dei punti di forza di questo strumento.
Il repertorio scelto da Walter Savant-Levet per illustrarci nel migliore dei modi le caratteristiche e le sonorità di questo organo si potrebbe definire "cucito su misura" poichè presenta una serie di brani le cui caratteristiche perfettamente si prestano a valorizzarne tutte le più variegate sfumature timbriche. Dal Primo Preludio e fuga di Mendelssohn si passa a due dei quattro "Skizzen" per pianoforte con pedaliera di Schumann a cui seguono l'"Andante Moderato" Op. 18 di Boëly, un "Offertorio" ed un "Versetto" di Edouard Batiste e due brani "Communion" e la "Sortie" in Mi bemolle di Léfébure-Wely. Una seconda parte ci presenta il "Primo Corale" di Franck, la Parafrasi sul coro dal "Judas Maccabeus" di Haendel elaborata da Guilmant, il "Minuetto" di Capocci, due brani tra i più "evocativi" di Bossi, "Chant du soir" e "Ländliche Szene" e, per finire, una delle composizioni più significative -e famose- di Yon, la "Rapsodia Italiana".
Come si può vedere si trascorre in questo disco tutto il periodo, durato circa un secolo e mezzo, in cui si sono succeduti Preromanticismo, Romanticismo e Postromanticismo, con un occhio particolare alle realtà francesi ed italiane. Per quest'ultimo aspetto abbiamo tre autori che hanno rappresentato nel migliore dei modi altrettanti periodi della "Riforma" (qui intesa nel senso strettamente strumentale e musicale e non sotto l'aspetto liturgico-religioso), dal protoriformismo di Capocci al post-riformismo di Yon. Dobbiamo dire che, personalmente, questo organo ci è parso molto più appropriato all'esecuzione dei brani della prima parte, quelli più preromantici; un po' meno per gli autori più tardi (ed anche nel Corale di Franck) poichè la caratteristica specifica di questo strumento, le cui voci solistiche sono molto caratterizzate sia timbricamente che fonicamente e tendono a differenziarsi dall'omogeneità complessiva, che peraltro -a differenza degli strumenti romantici francesi coevi- nei registri di fondo da otto piedi è assai carente (sono presenti, infatti, solo due Principali di tale misura, uno al Grande Organo ed uno più debole all'Organo Eco; tutti gli altri registri di otto piedi presenti appartengono ai registri da concerto od alle ancie), se da una parte rende questo organo letteralmente "strepitoso" -ad esempio- in Léfébure-Wely, dall'altra fa mancare quell'insieme timbricamente omogeneo che solamente negli strumenti veramente "riformati" e costruiti in seguito, ad esempio, da Carlo Vegezzi-Bossi, si può trovare ampiamente rappresentato. A parte questa considerazione -abbastanza personale peraltro- va però detto, a merito dell'interprete e della produzione, che questo repertorio, con le sue caratteristiche di brillantezza e di godibilità, serve magnificamente a mettere in risalto tutte le voci dello strumento e le sue caratteristiche fonico-timbriche sia per quanto riguarda gli insiemi (in cui, unitamente agli splendidi Ripieni, primeggia una batteria composta da ben dieci registri di ancia) sia per ciò che concerne le voci "orchestrali", tra le quali abbiamo apprezzato i brillanti Flauti (presenti in tutte le tessiture) e le famose "Viole" con freno Gavioli inserite da Vittino e che ne rappresentano il tocco "protoriformista" più evidente.
Le registrazioni sono state fatte molto recentemente, nel Settembre di quest'anno 2015, e ricalcano in pieno la precisione con cui Roberto Ricco, il tecnico del suono, caratterizza il suo lavoro; spiccano, come sempre, una presa di suono molto accurata ed attentissima nel cogliere tutte le minime sfumature delle varie voci di quest'organo-orchestra, caratterizzandole non solo sotto il punto di vista squisitamente solistico ma, soprattutto, rendendo loro piena presenza negli insiemi, per un risultato fonico di ottima qualità. Molto buono anche il lavoro di postproduzione, editing e montaggio, così come molto ben curato -come per tutti i dischi di questa collana- il libretto a corredo, che ci offre ampie notizie storiche e musicologiche sull'organo ed un esauriente commento alle musiche proposte, il tutto in lingua italiana ed inglese.
Non sappiamo se i nostri amici lettori possiedono anche gli altri dischi (molti dei quali da noi recensiti in passato su queste pagine) di questa prestigiosa collana delle Edizioni Leonardi. In caso affermativo, non esitate a procurarvi anche questa "chicca" musicale e strumentale. Se non li possedete, l'acquisto di questo disco sarà un ottimo inizio per incominciare a collezionarli tutti. Buon Ascolto!



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