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Ignazio Cirri - 12 Sonate per Organo




Ignazio Cirri - 12 Sonate per Organo
Organista: Massimo Gabba
Organo chiesa parrocchiale di S.Bononio di Pozzengo
Brilliant Classics - 94951 - DDD - 2015

l disco che recensiamo in questa trattazione fa parte dell'ormai nutritissimo gruppo delle incisioni dedicate alle composizioni organistiche di autori cosidetti "minori", cioè quei musicisti che durante la storia della musica hanno operato con impegno e dedizione -spesso dedicandovi tutta una vita- nello svolgimento di un'attività musicale che, pur se spesso corposa e prolifica, non li ha mai portati -per così dire- alla grande notorietà.
Abbiamo già trattato in passato alcune di queste figure e sempre ne abbiamo sottolineato l'importanza per la formazione di quel "sottobosco" musicale europeo fertile e necessario per la nascita delle grandi figure musicali che hanno avuto miglior gloria e notorietà. Questo fenomeno è sempre esistito nel panorama musicale del Vecchio Mondo; a parte pochi casi, tutti i grandi musicisti sono figli di una tradizione musicale che prescinde dalla loro specifica figura ma emergono da quel movimento continuo, incessante e spesso variegato di figure minori, oscuri precettori, organisti di cappelle o chiese minori e piccoli "artigiani della musica" che con la loro opera, spesso sconosciuta e nella maggior parte dei casi ancora sepolta negli archivi di piccole chiese, andavano formando e mantenevano vivo un tessuto musicale che oggi -soprattutto nel campo della musica organistica- si va perdendo definitivamente. Uno storico, tempo fa, soleva citarmi un esempio abbastanza illuminante; egli diceva che Napoleone Buonaparte senza i suoi soldati sarebbe stato un egregio Signor Nessuno. Ciò stava a significare, in parole più semplici, che la Storia con la esse maiuscola -formata dai grandi personaggi- non potrebbe esistere senza "le storie" (con la esse minuscola) di tutte quelle persone, spesso assolutamente sconosciute e dimenticate, che contribuiscono a crearla. Lo stesso -a nostro avviso- si può dire a proposito della Storia della Musica.
Ignazio Cirri fa ben parte di queste figure minori che, dopo aver dedicato una vita alla musica (e, badate bene, svolgendola senza abbandonare mai la sua città natale) ed aver lasciato una consistente mole di manoscritti, tuttora da riscoprire, si è ritrovato, come una moltitudine di altri musicisti, completamente dimenticato. Eppure, egli fu un valentissimo organista, compositore, maestro di cappella e -pare- poteva vantare un rapporto di stretta amicizia e di scambio culturale con Giovan Battista Martini.
Cirri nasce a Forlì nel Novembre 1711 (e vi morirà 76 anni dopo). Le notizie sulla sua vita e sulla sua opera sono assai scarse e frammentarie. Si sa che fu ordinato sacerdote e che nel 1731, a soli vent'anni, era già annoverato tra i Canonici della Cattedrale della sua città. Molto apprezzato sia come organista che come direttore di coro (fu Maestro di Cappella della Cattedrale di Forlì per più di quarant'anni), nel 1758 diventa membro dell'Accademia Filarmonica locale e si distingue anche per la sua attività di insegnante; tra i suoi allievi abbiamo non solo il fratello più giovane Giovanni Battista (che diventerà famoso e molto conosciuto sia a Parigi che a Londra, dove sarà musicista di Corte presso il Duca di York) ma anche Andrea Favi, un ottimo musicista che gli succederà come Maestro di Cappella a Forlì e che sarà anche apprezzatissimo Primo Maestro (cioè direttore dell'orchestra) della locale Accademia Filarmonica.
Ignazio Cirri ha lasciato un discreto numero di composizioni, per lo più di musica sacra, tuttora manoscritte e conservate presso l'archivio capitolare della Cattedrale di Forlì; solamente due sue raccolte sono state pubblicate a stampa a Londra (presumibilmente grazie all'interessamento del fratello) e consistono, precisamente, nelle Dodici Sonate per Organo Op. 1 (pubblicate da Welcker nel 1763 e presentate in questo disco) e nelle Sei Sonate per cembalo e Violino Op. 2. Esistono già alcune incisioni delle sonate per organo, tra cui una, parziale (tre sonate), di Stefano Innocenti ed un'altra, integrale, di Andrea Macinanti e Francesco Tasini all'organo della Cattedrale di Forlì; il disco di Massimo Gabba va ad aggiungersi ad esse ed amplia così il panorama che la discografia sta dedicando a questo autore, fornendoci un'ulteriore chiave di interpretazione della sua opera.
Le sonate di Cirri rispecchiano quella tradizione della Sonata strumentale (soprattutto cembalistica) che vedeva la struttura formale articolarsi su due soli movimenti, di cui solitamente il primo con andamento più lento e preparatorio al secondo, quasi sempre in tempo di Allegro. Questa impostazione formale deriva dalla sonata italiana scarlattiana, che solo in seguito accoglierà l'evoluzione stilistica nella classica e definitiva tripartizione dei movimenti (Allegro-Largo-Allegro). Circa lo stile, invece, Cirri dimostra in queste sonate una "moderata" adesione allo stile cosidetto galante, adottandone i tratti brillanti del Settecento strumentale italiano ma senza indulgere agli eccessi di originalità dei suoi contemporanei; questa caratteristica (forse dovuta al fatto che egli era e rimase sempre un "musicista da chiesa") se da una parte ne limita l'originalità dell'invenzione, ci presenta un musicista di solida fondazione e di ottima ispirazione, che non disdegna di impiegare anche in questi brani di carattere "leggero" gli stilemi di un contrappunto assai rigoroso e di ottima scuola che si dispiega soprattutto nelle ultime sonate, composte probabilmente in età matura e che all'ascolto si rivelano come le più interessanti.
Queste sonate spaziano in tutte le tonalità a quei tempi praticate negli strumenti con temperamento inequale; Do, Re, Fa, Sol La e Si bemolle, con una predilezione per la tonalità di Sol (tre sonate); la durata di queste composizioni non supera i cinque-sei minuti (tranne in un caso, dove il brano dura poco più di sette minuti) e, in linea generale, queste opere appartengono a quel particolare genere strumentale che poteva essere proposto, pressochè indifferentemente, sia all'organo che al cembalo e che faceva dell'eleganza stilistica e della gradevolezza dell'ascolto le caratteristiche principali e più largamente apprezzate.
Massimo Gabba coglie qui pienamente i tratti ispirativi che guidarono Cirri nella composizione di queste opere, in cui si coglie molto bene la solidità dell'impostazione "classica" sulla quale l'autore innesta gli stilemi più propri della musica galante e di intrattenimento; sotto questo punto di vista l'interprete ci propone una figura musicale "di transizione" che si destreggia abilmente tra uno stile contrappuntistico che mano a mano sta cedendo il posto ad un tipo di musica meno "serioso" e più "gradevole" in cui l'eleganza dei temi e la leggerezza degli sviluppi diventano la caratteristica principale. Ed è così che la caratteristica più interessante di questa incisione è il fatto che Massimo Gabba mantiene intatta quella "signorilità" d'interpretazione che non indulge mai nel privilegiare le peculiarità "virtuosistiche" di queste musiche, consentendoci così di coglierne lo spirito più originale e di inquadrarle nel giusto contesto musicale e storiografico. Sotto questo aspetto, l'organista (di cui abbiamo già recensito in passato alcune belle interpretazioni su queste pagine) ci conferma un approccio alla partitura quanto mai accurato, attento e -soprattutto- particolarmente rispettoso di quello che sta "dietro le note" e che solo gli interpreti più accurati riescono a cogliere.
Per quest'incisione Gabba ha scelto uno strumento molto interessante; si tratta di un organo risalente alla prima metà del Settecento le cui caratteristiche fonico-costruttive rimandano a quel Liborio Grisanti, organaro di origini partenopee trasferitosi nell'Astigiano proprio in quel periodo, che realizzò diversi strumenti di ottima fattura e qualità che troviamo ancora -più o meno funzionanti- in diverse chiese piemontesi. La caratteristica di questo strumento, come di tutti quelli realizzati da Grisanti, è di essere assolutamente "classico" e di rispecchiare la disposizione fonica essenziale di quel tempo, basata sulla piramide del Ripieno, spesso con pochissimi flauti ed ancor più sovente (come in questo caso) del tutto priva di registri ad ancia. L'organo della chiesa parrocchiale di San Bononio di Pozzengo, in provincia di Alessandria, si fonda su un Pincipale di otto piedi, l'ottava e cinque file di Ripieno (fino alla Vigesimanona) a cui si aggiungono un Flauto, il classicissimo Cornetto italiano nelle altrettanto classiche tre file ed una Voce Umana a cui si aggiunge un Basso, anch'esso di 8 piedi, al pedale (la tipica pedaliera inclinata italiana di 13 tasti). Questa configurazione timbrica, caratterizzata da un temperamento inequale come "ciliegina sulla torta", rappresenta lo "zoccolo duro" ed immutabile dell'organo italiano classico ed è indubbio che le musiche di Cirri con questo organo ci vanno a nozze e non possiamo che complimentarci con l'organista per questa felicissima scelta strumentale.
Sotto l'aspetto "tecnico" (le incisioni sono state effettuate nel mese di Agosto 2014) non possiamo che sottolineare -ancora- l'opera accuratissima e certosina di Federico Savio, che anche in questo caso non tradisce le aspettative dei melomani più esigenti, presentandoci una presa di suono che alla pulizia ed accuratezza della rappresentazione del "corpus" timbrico di questo bell'organo unisce sempre quella "morbidezza" di ambiente e raffinatezza di suono che sono ormai il suo marchio di fabbrica e che hanno fatto di lui uno dei migliori tecnici a livello europeo (e non solo per ciò che riguarda la musica organistica). Molto buona, anche se "spartana" all'aspetto, la veste grafica, assai essenziale nell'iconografia ma con interessanti ed esaurienti trattazioni musicologiche in lingua italiana ed inglese.
In definitiva, una bella produzione di ottimo interesse per gli amanti ed i cultori della musica organistica che intendano conoscere più in profondità, oltre ai grandi nomi dell'organo, anche il vasto, interessantissimo e talora curioso mondo degli "autori minori", che spesso -con grande sorpresa- tanto minori si rivelano non essere.



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