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Inventio




Inventio
Organista: Domenico Severin
Organo Eglise Saint-Martin di Vertus
Appassionato - AP.010.2016.07 - DDD - 2016

Abbiamo già più volte sottolineato in queste pagine quanto l'arte interpretativa di Domenico Severin riesca a comprendere innumerevoli tipi di repertorio e come questa "poliedricità" non sia semplicemente una naturale capacità di "leggere" una qualsivoglia partitura, quanto il fatto di capire sempre e comunque tutto quello che sta dietro e "dentro" quella partitura, proponendola con piena cognizione di causa, adeguato atteggiamento filologico ed attenta ed approfondita analisi storiografica e musicologica. Severin è un organista che può vantare tutti questi grandi pregi, che gli consentono di proporci le pagine dei grandi romantici, i brani dei "riformisti" italiani, le architetture dei grandi barocchi e la soavità dei classici francesi ognuno perfettamente inquadrato e collocato nella sua giusta dimensione, ognuno visto e colto pienamente nella sua epoca e tutti sottolineati da scelte strumentali accuratamente ragionate, attentamente operate e filologicamente rigorose.
E l'ultima fatica discografica di questo bravo interprete rispetta pienamente tutti questi requisiti e, anzi, ne aggiunge uno che spesso sfugge anche agli addetti ai lavori. Il titolo del disco, "Inventio", è una specie di password che ci da la possibilità di entrare in un campo di analisi formale che sovente non viene molto considerato, quello dell'analisi del linguaggio musicale in analogia alle varie parti del cosidetto "discorso retorico", che è -per dirla in breve- l'arte di fare un discorso che riesca a suscitare -e gestire- le emozioni degli ascoltatori. Questo tipo di analisi è perfettamente attagliata al repertorio presentato nel disco, che tratta alcuni dei grandi compositori "intorno" a Bach e -ovviamente- lo stesso Kantor di Lipsia. Il linguaggio musicale del cosiddetto "barocco tedesco" è infatti quello che più rispecchia le convenzioni della retorica classica e sono proprio le varie forme musicali di quel periodo che possono essere comparate alle figure discorsive e che, opportunamente concatenate tra di loro, formano -ad esempio- le grandi fantasie sui corali di Buxtehude, veri e propri capolavori di "retorica musicale" da noi definite, in tempi non sospetti, "postromantiche" quanto le analoghe composizioni di Reger proprio per la loro capacità di suscitare negli ascoltatori le più disparate emozioni.
In quest'ottica, il disco ci propone sette brani di autori coevi a Bach (Preludio in Mi minore di Bruhns, Ciacona in Mi minore e Preludio in Sol minore di Buxtehude, Capriccio in Re e Preambulum in Mi di Böhm e la Fuga in Sol minore di Reinken) e tre composizioni dello stesso Bach, la Fantasia e Fuga in Sol minore BWV542, la Fantasia (Pièce d'Orgue) BWV 572 e la Toccata, Adagio e Fuga in Do maggiore BWV 564.
Inutile dire che sono soprattutto le opere dei coevi che maggiormente rappresentano nel migliore dei modi le caratteristiche "retoriche" di cui abbiamo parlato più sopra; è infatti nella loro costruzione formale che più si rispecchia quell'alternanza di figure musicali (e discorsive) che riescono a suscitare quelle emozioni spesso assai contrastanti proprie dell'estetica musicale barocca; nelle opere di Bach, invece, assistiamo ad un'evoluzione formale che se da una parte prende le mosse dagli stessi argomenti comuni di quel periodo, dall'altra vede una maggiore compattezza formale, in cui non abbiamo più tanti brevi episodi concatenati tra di loro, bensì una decisa evoluzione dello sviluppo del discorso musicale in pochi episodi (due, al massimo tre) che presentano caratteristiche di maggiore coesione e compattezza unite ad un'elaborazione contrappuntistica di ben più alto spessore (come, ad esempio, nel movimento centrale "Gravement" della Fantasia BWV 572).
Come abbiamo già detto in apertura, anche qui Domenico Severin sfoggia non solo un'ottima tecnica strumentale, ma anche una invidiabile capacità di andare a cogliere tutto quello che sta dietro le note, con un'attenzione particolare non solo agli aspetti prettamente musicali del repertorio ma, anche, agli approfondimenti storici, musicologici e stilistici di tutto il periodo a cui esso appartiene. La cosa che -sinceramente- apprezziamo di più in questo interprete è proprio questa sua capacità di cogliere questi aspetti fondamentali delle opere e di renderli "palesi" ed apprezzabili nelle sue interpretazioni. La facilità con cui egli riesce a far emergere queste caratteristiche l'abbiamo già apprezzata nelle musiche di Franck e Mendelssohn, nelle Triosonate di Bach, nelle opere di Manari, Ravanello e di tanti altri riformisti italiani; oggi le apprezziamo nei grandi barocchi tedeschi dei quali egli ci propone una lettura assolutamente interessante e di grande fascino.
Anche la scelta dello strumento è -diciamolo pure- perfetta. Era da qualche tempo che non sentivamo più parlare dell'organo di Vertus, più precisamente dall'integrale bachiana incisa da Vernet nel 1997, peraltro realizzata quando allo strumento mancavano ancora tutti i sei registri della terza tastiera (Pectoral). Si tratta di uno strumento costruito da Bernard Aubertin nel 1996 su modello degli strumenti germanici barocchi con tre tastiere di 53 note (prima ottava corta) e pedaliera retta di 30 note con un totale -attuale- di 40 registri nominali, pari a 53 reali. Di carattere timbrico squisitamente nordeuropeo, questo strumento ha purtuttavia una particolarità nell'intonazione abbastanza dolce e non troppo aggressiva, che ne rende il suono molto più gradevole ed apprezzabile rispetto a tanti strumenti di carattere simile recentemente realizzati sia in Europa che nella nostra penisola. La tavolozza timbrica, oltremodo ricca e variegata, rende quest'organo praticamente perfetto per sottolineare nel migliore dei modi le caratteristiche delle opere presentate nel disco.
Tecnicamente parlando, la realizzazione è molto buona. Registrato nel mese di Luglio dello scorso anno 2016, non ci è dato sapere (non ne abbiamo trovato cenno nè sulla confezione nè all'interno del libretto allegato) chi abbia effettuato la presa di suono nè chi abbia curato le operazioni di postproduzione. La registrazione è, comunque, molto buona e ben curata, con particolare attenzione ad evidenziare bene le varie caratteristiche timbriche dell'organo ed a sottolinearne nel contempo gli insiemi ben pastosi, robusti e di grande impatto. Molto curata appare anche la parte della postproduzione, sempre attenta a non penalizzare in alcun modo la naturalezza del suono, mantenendone intatto l'ambiente e la profondità. Molto interessante, infine, il libretto a corredo, con una completa, approfondita ed interessante trattazione a firma Hélène Le Cointre Severin in Francese, Italiano ed Inglese. Accurato, infine, e mai invasivo l'utilizzo dei contributi fotografici che ci rappresentano le diverse particolarità dell'organo.
Personalmente non ci siamo perduti una nota di questo disco, che riteniamo molto bello, interessante e di gradevolissimo ascolto per tutti. Da mettere subito nella nostra discoteca!



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