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Organo-Orchestra Lingiardi




The Lingiardi Orchestra Organ... for a violin
Organista: Marco Ruggeri - Violino: Lina Uinskyte
Organo Chiesa di S.Pietro al Po di Cremona
Fugatto Records - FUG 059 - DDD - 2015

E' raro trovare nel panorama discografico dischi che riescano a coniugare diverse tematiche con buoni risultati. Il disco che trattiamo qui ci riesce in modo egregio e, secondo noi, rappresenta un ottimo connubio tra l'arte della trascrizione, l'utilizzo dell'organo in coppia con un altro strumento (il violino) e l'uso di uno strumento storico di carattere particolare e molto rappresentativo di una ben determinata epoca organaria italiana.
L'organo scelto per questa incisione è uno dei cosidetti "organi-orchestra" che l'organaro Luigi Lingiardi (con il fratello Giacomo) realizzò nel 1877 per la chiesa di San Pietro al Po di Cremona, sul modello di diversi altri strumenti di similare impostazione già realizzati negli anni precedenti. La casa organaria Lingiardi (figlia artistica degli Amati) ha potuto vantare una carriera lunga quasi centovent'anni durante la quale operò in tre periodi-chiave della storia dell'organo italiano: l'organo "operistico" serassiano, il trentennio della cosidetta "transizione" verso l'organo "riformato" ed, infine, il primo ventennio dell'imperante Riforma organaria. Le scelte che fece, soprattutto nel periodo di transizione (dal 1870 al 1900) non furono facili e la esposero (soprattutto Luigi e Giacomo) a dure e pesanti critiche da parte del nuovo movimento che si stava aprendo baldanzosamente la strada verso il successo; i Lingiardi non si lasciarono "smontare" più di tanto da questa situazione e, forti delle loro convinzioni (che non vedevano negli organi francesi coevi tutta quella "novità" -soprattutto fonico-timbrica- che invece affascinava i riformisti) realizzarono, proprio in quel periodo, alcuni dei loro migliori strumenti, che Luigi stesso definì come "Organi-Orchestra", che presentavano una notevole raffinatezza di timbri e, soprattutto, un'innovazione -mai vista prima d'allora negli organi italiani- che introduceva la doppia pressione. In pratica, il somiere veniva diviso in due parti (il cosidetto "somiere a doppia secreta") ognuna delle quali alimentata da una pressione d'aria differente; per i registri labiali veniva utilizzata una normale pressione "italiana classica" di circa 50 mm. a colonna d'acqua mentre i registri ad ancia venivano alimentati con una pressione decisamente più alta (fino ad 80 mm.). Questa soluzione, in stretta analogia con i "claviers de bombarde" degli organi classici francesi, faceva anche superare la precedente corrispondenza delle tastiere ai corpi d'organo, abolendo la tastiera del cosidetto "Organo in Eco" (che era solitamente la seconda) e facendo azionare da essa i registri ad ancia a forte pressione; tutti gli altri registri, compresi quelli dell'organo d'eco, venivano azionati dalla prima. Gli strumenti che Lingiardi realizzò in questo modo furono più di una decina (il più grande dei quali fu installato nel Duomo di Novara nel 1870) e quello utilizzato per questa incisione ne è l'ultimo esemplare, realizzato quattro anni prima della morte di Luigi, avvenuta a Pavia nel 1882.
Questo organo, restaurato dapprima da Mascioni nel 1988 e poi da Giani nel 2008, oltre a questa particolarità, presenta una tavolozza timbrica ricchissima, degna davvero di una grande orchestra, esibendo caratteristiche timbrico-foniche di splendida bellezza che in questo disco vengono utilizzate, con assoluta proprietà di linguaggio, da Marco Ruggeri per presentare un repertorio di sue trascrizioni di tre opere molto belle e poco conosciute. Due appartengono alla musica "moderna"; la prima -che apre il disco- è il Concerto Gregoriano per Violino e Orchestra di Respighi, opera interessantissima e di splendido valore musicale (oggi purtroppo quasi dimenticata), scritta nel 1922 nella quale le modalità del canto gregoriano servono ad impostare più che altro un "ambiente" musicale che rispecchia perfettamente un periodo di grande transizione nel quale si stava riscoprendo quel tipo di musica (allo stesso periodo risalgono anche il Quartetto Dorico ed il Concerto Misolidio dello stesso Respighi) nel quale due melodie (quella del Victimæ Paschali Laudes e quella dell'Alleluja) vengono utilizzate come base melodica di due dei tre movimenti e trattate secondo i procedimenti di variazione, modifica e parafrasi cari all'autore in un ambito squisitamente rapsodico.
La seconda opera "moderna", che chiude l'incisione, è invece il Concerto per Violino ed Orchestra Op. 48, composto da Kabalevsky nel 1948. Questo autore sovietico, apprezzato in patria per le sue composizioni vocali (tra cui cantate, canzoni ed opere liriche) ed all'estero per le sue opere orchestrali, è stato uno dei musicisti più apprezzati della Russia Sovietica. Musicalmente più "formale" ed armonicamente più "convenzionale" dei suoi compatrioti contemporanei, le sue musiche sono state tra quelle meglio considerate e più apprezzate dal pubblico (e dal popolo) sovietico, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando il suo campo d'azione si aperse, con particolare riguardo ed attenzione, all'educazione musicale per i bambini e per i ragazzi, fondando un movimento pedagogico-musicale di enorme impatto sulle giovani generazioni di musicisti sovietici che ancora oggi -grazie ai suoi insegnamenti- spiccano nel Mondo per la loro arte. In questo concerto sono presenti e ben delineati tutti gli elementi propri della scuola musicale sovietica ma, al contrario di altre opere di autori coevi, vengono presentati in un compendio di grande equilibrio e di delicata eleganza; la robustezza lirica dei temi, le ritmiche forti e molto caratterizzanti e le melodie dalla cantabilità popolare ed al tempo stesso raffinata ci servono su di un piatto d'argento la figura di uno dei migliori musicisti del Novecento.
In mezzo a queste due opere, quasi a fare da trait-d'union ed a ricordare le origini della grande scuola romantica europea, ecco un'opera molto bella del "protoromantico" per eccellenza, quel Felix Mendelssohn-Bartholdy che al tempo stesso viene considerato l'iniziatore del movimento romantico e -per ciò che riguarda la sua musica organistica- il primo esponente del neoclassicismo. Il brano qui presentato è il Concerto in Re minore per Violino ed orchestra (per la verità, l'organico originale prevede, oltre al solista, due violini, una viola ed il basso continuo), che presenta diverse analogie con l'altro concerto -più noto- dello stesso autore, quello in Mi minore. Quest'opera, che presenta tratti a volte spiccatamente schubertiani, è caratterizzata da molti aspetti squisitamente romantici in cui freschezza di ispirazione, i tratti arditamente virtuosistici del solista, la cantabilità dei tempi, il lirismo del canto popolare dell'andante centrale, la ritmicità incalzante dell'Allegro finale (con il suo tema di Aria Russa che fa un po' da preparazione al seguente Concerto di Kabalevsky) ci propongono una composizione fresca, sincera, abbastanza lontana dagli accademismi di maniera, ricca di spontaneità e di vero spirito "romantico".
L'idea di affidare al Lingiardi di San Pietro al Po la parte dell'orchestra per queste tre opere di grande bellezza è stata sicuramente, da parte di Marco Ruggeri, una scommessa e forse un azzardo; ma poichè "audaces fortuna iuvat", dobbiamo sinceramente dire che il risultato finale è di ottima qualità musicale e di splendido interesse artistico. Di certo hanno aiutato molto le caratteristiche dello strumento, che Ruggeri conosce a menadito e sa sfruttare al meglio delle sue possibilità. Come trascrizioni, esse si dimostrano molto azzeccate, sempre molto aderenti alla partitura orchestrale senza inutili fronzoli e senza quelle cadute di stile che spesso si possono osservare in altre trascrizioni più famose ed apprezzate. Ruggeri trascrive "asciutto", essenziale ed in modo che l'organo sia il "partner" del violino e non viceversa, mettendo bene in pratica quel "..per violino e orchestra" che sta scritto sotto i titoli dei brani. Come organista (di lui abbiamo già recensito altri dischi su queste pagine), Marco Ruggeri si conferma interprete attento, preciso, di solido background artistico e di raffinata tecnica, tutte doti a cui si deve aggiungere la perfetta padronanza dello strumento ed un'invidiabile abilità e saggezza nella scelta delle registrazioni.
Lina Uinskyte, violinista lituana molto apprezzata in tutta Europa, può vantare un curriculum invidiabile sia come solista che con orchestra ed altri strumenti. Dotata di una musicalità spiccatissima e di una tecnica di alto livello, in questo disco sfoggia un perfetto affiatamento musicale ed artistico con l'organista, con cui dialoga e "gioca" (dal francese "jouer", che significa anche "suonare") alla pari e con cui trova un'intesa che rendono queste interpretazioni assolutamente interessanti, con il giusto lirismo, la cantabilità molto sentita, i tratti solistici sempre giustamente sottolineati ed il virtuosismo di ottima scuola, sempre rispettoso delle intenzioni degli autori e mai finalizzato ad uno sterile autocompiacimento. Per pura combinazione (ma sarà davvero così?...) il violino utilizzato dalla Uinskyte in questa incisione è uno strumento pressochè coevo dell'organo Lingiardi assieme al quale si esibisce.
Tecnicamente questa produzione si rivela molto interessante, non solo per il fatto che dietro ai microfoni ed alle consolles troviamo il "solito" Federico Savio, che anche in questo caso riesce a dare il meglio delle sue qualità fonico-tecniche che non si esauriscono con la presa del suono ma che si esplicitano anche -ed ancora meglio- nelle procedure di postproduzione, ma anche per la veste grafica molto accurata, accattivante e ricca di notizie, testi (in italiano, francese ed inglese) e fotografie che inquadrano molto bene ad in modo esauriente tutta la materia.
In definitiva, un disco molto interessante e di gradevolissimo ascolto che consigliamo molto volentieri ai nostri amici lettori.



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