Pietro Alessandro Yon
Organista: Andrea Toschi
Pianista: Marco Alpi
Organo Conservatorio "G.Nicolini" di Piacenza
La Bottega Discantica - Discantica 301 - DDD - 2017
Era ora!...Lo abbiamo detto non appena ci è capitato tra le mani questo ultimo disco, recentissima fatica interpretativa di Andrea Toschi, che riguarda la figura di un grande autore (nonchè organista, pianista e direttore d'orchestra) italiano-statunitense che risponde al nome di Pietro Alessandro Yon.
Era ora, perchè nel panorama discografico internazionale, a parte alcuni brani sparsi in incisioni di organisti statunitensi, ben poco troviamo di questo compositore ed ancora meno troviamo interpretato da organisti italiani; poche e saltuarie incisioni tra cui rimangono -a nostro parere- molto belle ed interessanti un "Concert Study n. 1" di Nosetti, un bel "Natale in Sicilia" di Giancarlo Parodi, una "Rapsodia Italiana" di Savant-Levet (nella collana discografica dedcata agli antichi organi del Canavese) ed una versione di Massimo Gabba (con il coro) della plurigettonata (negli Stati Uniti ne circolano decine di versioni diverse per qualsiasi tipo di strumenti e/o formazioni musicali) "Gesù Bambino". Questo disco, invece, è monografico, cioè dedicato interamente a Yon ed alla sua musica e, bisogna dirlo, la scelta di repertorio operata da Toschi è molto significativa e, bypassando elegantemente i brani più facilmente "effettistici", va a scavare (e scovare) le radici profonde della musicalità di Yon (tra cui la grande scuola italiana a cui si era formato), musicalità decisamente postromantica italiana a cui egli non rinunciò neppure quando era ormai diventato a tutti gli effetti un musicista "americano" e che sempre è stata una delle caratteristiche principali della sua produzione. Yon ha serbato l'Italia e le sue origini (sia personali che musicali) nel suo cuore fino alla fine ed è veramente arrivato il momento (grazie anche a questo disco) di rivedere, riscoprire e rivalutare la sua persona e la sua musica. Massimo Nosetti lo ha definito "Italian Virtuoso", e in questo caso la parola "virtuoso" va ben al di là del significato che comunemente si attribuisce agli organisti funambolici e pirotecnici. Le pagine di Yon sono tutte musicalmente "virtuose" e -a ben ascoltare- non troviamo differenze di ispirazione (e, ancor meno, cadute di stile) tra il "Concerto Gregoriano" e, ad esempio, il "Natale a Settimo Vittone"; entrambi i brani, pur nelle loro talora abissali differenze, "sono" Pietro Alessandro Yon, travolgente nelle sue asperità tecniche ed al tempo stesso altrettanto travolgente nella dolcezza e sincerità dell'ispirazione, nella descrittività quasi impressionista e nella sua costante reminiscenza sia personale (molti brani si ricollegano a ricordi di giovinezza) che musicale; sotto questo punto di vista è sorprendente notare come Yon, per le sue composizioni, abbia sempre perfettamente presenti -utilizzandole in modo magistrale- tecniche compositive che si rifanno a tutto il panorama organistico europeo, dal Rinascimento al Romanticismo, mediandole con la sua particolare ispirazione.
Non staremo qui a ricordare la storia personale e musicale di questo autore (lo abbiamo già fatto in passato dedicandogli questa pagina), andremo invece a vedere cosa ci riserva il repertorio di questo disco, che comprende sette brani per organo solo ed una splendida versione per organo e pianoforte del "Concerto Gregoriano", iniziando con la "Toccata" (con sottotitolo "Allegro Scherzoso", composta nel 1912 e dedicata da Yon al suo Maestro Remigio Renzi), che ci presenta fin da subito l'aspetto più virtuosistico della sua arte finemente messo a disposizione di un andamento ritmico vivace ma al tempo stesso quasi solenne che ci apre le porte di un'estetica quasi "americana" che Yon stava scoprendo proprio in quegli anni (si era trasferito negli States appena cinque anni prima) e che negli anni seguenti, come abbiamo già detto in precedenza, egli seppe sempre coniugare in modo splendido con le sue origini musicali italiane. Segue il "Canto Elegiaco", composto nel 1937, un brano assai significativo di quanto Yon sapesse intessere atmosfere di grande impatto emotivo e di intensa meditatività utilizzando la cantabilità e gli stilemi propri della grande scuola postromantica italiana; immaginate questo brano eseguito da un'orchestra ed avrete davanti a voi una colonna sonora perfetta per un film italiano neorealista degli Anni Cinquanta. I due brani seguenti ci rappresentano invece l'ispirazione "religiosa" di Yon (che scrisse moltissimi brani ad uso liturgico); sono entrambi basati su canti gregoriani ("Offertorio su Veni Domine" e "Finale su Creator Alme Siderum") ma al di là dei temi trattati e dell'ambito stilistico utilizzato (il primo è sviluppato nella forma di Corale, il secondo nella classica forma di Toccata con una parte centrale in forma di Corale) quello che balza agli occhi (anzi, alle orecchie) è -anche qui- una personalità musicale che è capace di coniugare stili e forme diverse per ottenere risultati di grande bellezza ed interesse. Seguono due brani tratti dai "12 Divertimenti", composti nel 1918. Si tratta della "Rimembranza" (n. 1 della raccolta) e del "Minuetto antico e Musetta" (n. 5). Se il primo è un cantabile di assoluta espressività in cui ritroviamo ampi cenni della scuola italiana (echi bossiani lo pervadono ampiamente), il secondo prende le mosse dalla forma musicale del Minuetto classico, qui ripreso e rielaborato in stile quasi romantico ma che nella parte centrale in contrappunto riassume tutte le sue peculiarità; la Musetta vorrebbe invece , come si evince dal titolo, rievocare le analoghe composizioni classiche francesi ma, in effetti, i temi presentati ricordano molto da vicino le melodie degli zampognari dell'antica Ciociarìa che Yon aveva certamente ascoltato -ed apprezzato- nel periodo natalizio durante gli anni romani. "Cristo Trionfante" (Processionale di Pasqua) è un brano composto nel 1924 e dedicato al fratello Valentino; l'incedere solenne calcato sui "fortissimo" dell'organo si alterna con le melodie dell'Alleluja pasquale cantate da registri caratteristici su di un carillon scandito dal flauto, il tutto ripetuto due volte e coronato da un finale assolutamente grandioso.
A cooncludere il disco è il "Concerto Gregoriano", forse l'opera più conosciuta di Yon, che ne scrisse ben tre versioni, una per organo e orchestra, una per pianoforte ed organo ed una "riduzione" per solo organo (si dice che scrisse questa riduzione per soddisfare le esigenze di alcuni organisti statunitensi che, suonandola, desideravano dare prova e sfoggio del loro virtuosismo). Indubbiamente, questa composizione è veramente bella e di splendida costruzione ed ispirazione ed è tuttora uno dei "cavalli di battaglia" degli organisti statunitensi, che la propongono in tutte le sue versioni. A questo proposito, in passato abbiamo presentato su di una pagina dedicata a musiche di autori italiani eseguite su organi statunitensi (che trovate QUI) una travolgente versione del Finale del Concerto interpretata su due organi da Diane Bish e Simon Preston ed una versione, sempre della Bish, di un altro brano assai noto di Yon, l'"Humoresque - L'organo primitivo"). Secondo alcuni critici, questo concerto, scritto ne 1920, rappresenta una specie di momento di svolta nella vita musicale di Yon; in effetti egli, pochi mesi dopo, ritorna in Italia dove rimarrà due anni, per poi reimbarcarsi definitivamente per gli Stati Uniti dove, quasi a sottolineare una definitiva "rottura" con il suo Paese d'origine, decide di assumere la cittadinanza americana per non tornare mai più. Alcuni pensano che in questa decisione di Yon di ritornare in America abbia giocato un ruolo la situazione politica italiana (ricordiamo che fu nell'ottobre di quell'anno 1922 che il Fascismo salì
al potere); di questa ipotesi però non ci sono conferme e questa "rottura con l'Italia" a noi pare piuttosto un aspetto di "distacco" da una realtà musicale che a Yon, dopo aver provato quali potessero essere i nuovi orizzonti dell'organo del Nuovo Mondo, dovette apparire ormai "vecchia" e priva di stimoli per la sua creatività che, in effetti, rispetto all'abiente musicale italiano era ormai proiettata in avanti nel tempo di una ventina d'anni. In effetti, come abbiamo già sottolineato in apertura, Yon non abbandonò mai gli stilemi propri della musica organistica italiana del Primo Novecento e, anzi, la pose sempre e fino all'ultimo alla base della sua musica, riuscendo proiettarla in un futuro che, In Italia, non avrebbe potuto mai avere.
I quattro movimenti del Concerto Gregoriano costituiscono una specie di "summa" compositiva di Yon ed il fatto di averla composta a soli 34 anni, avendo di fronte a se ancora altri ventitre anni di fama e successi la dice lunga su di lui. In essi troviamo tutti gli aspetti e la poliedriche sfaccettature di una personalità musicale completa, raffinatissima, elegante e di solidissima scuola che introietta in queste peculiarità un'evoluzione stilistica tutta nuova, propria del musicista curioso e desideroso di "andare avanti", rinunciando ad una staticità compositiva (che in Italia era rimasta legata alla Riforma e che non riusciva, se non in alcuni rari casi, ad evolversi verso la modernità). Eclatanti sortite di assoluto virtuosismo (sia dell'organo che del pianoforte) si alternano a momenti di dolce e delicata musicalità, temi sviluppati con deliziose figurazioni, dialoghi serrati tra i due strumenti, possenti figurazioni di solenne grandiosità ed una solida unitarietà formale fanno a nostro parere- di questa composizione un punto fermo nell'ambito dell'organo da concerto "italiano", che trova il paio -sempre a nostro parere- con il Concerto Romano, composto da Casella solo sei anni dopo.
L'interpretazione di questo brano da parte di Andrea Toschi all'organo e Marco Alpi al Pianoforte è assolutamente "up to date", nel senso che ne rispetta pienamente le caratteristiche, senza appesantirlo di inutili -e non richieste dall'autore- leziosità neoromantiche. La lettura è attentissima, precisa e ci offre -soprattutto grazie alle splendide registrazioni organistiche del Toschi- un Concerto sfavillante in ogni sua parte ed assolutamente aderente agli ideali musicali ed alle intenzioni dell'autore.
Di Andrea Toschi abbiamo già recensito in passato diversi dischi e in tutti non abbiamo potuto fare a meno di sottolineare l'estrema cura ed attenzione con cui egli "prepara" le sue interpretazioni, senza lasciare nulla al caso e, anzi, preoccupandosi di approfondire in modo quasi maniacale il background storico non solo degli autori che presenta ma, anche il contesto musicologico in cui operarono. Queste caratteristiche fanno sicuramente di Andrea Toschi un "esperto" del repertorio musicale e organistico italiano del Primo Novecento. Un'altra caratteristica peculiare delle interpretazioni di questo organista è un'attentissima cura nelle registrazioni (intendiamo qui la scelta dei registri), accuratissime e particolarmente aderenti agli ideali estetici del repertorio, cosa che in questo disco è particolarmente apprezzabile non solo nel Concerto ma, anche, in tutti i brani solistici.
Marco Alpi, pianista diplomato a Milano e perfezionato con i grandi nomi del pianismo mondiale (Badura-Skoda, Sandor, Fiorentino...), si dimostra in questa performance un partner musicale di grande levatura e di solidissima impostazione. Nel Concerto Gregoriano egli sfodera tutte le caratteristiche derivantigli da un'intensa attività di studio e di approfondimento di repertori musicali spesso poco conosciuti, specificatamente nell'ambito della musica italiana, che egli ha proposto spesso ed a cui ha dedicato diverse incisioni discografiche, tutte di grande successo. In questo disco, grazie ad un affiatamento quasi simbiotico con l'organo, Alpi conferma, soprattutto nei tratti assolutamente virtuosistici che Yon prevede per il pianoforte, tutte le sue doti musicali ed artistiche, contribuendo a renderci in modo mpeccabile un gioiello musicale di grande bellezza.
Un cenno doveroso è dovuto allo strumento utilizzato per l'incisione. Si tratta del grande Tamburini (quattro tastiere, 68 registri nominali, 86 reali) a trasmissione meccanica costruito nel 1975 per il Salone del Conservatorio "Nicolini" di Piacenza, dove Andrea Toschi e Marco Alpi sono docenti, e rimodernato ed ampliato nel 2014 con un intervento che ne ha "corroborato" la disposizione fonica con alcuni registri (soprattutto ad ancia) che ne fanno, attualmente, uno degli strumenti da concerto più rappresentativi e particolarmente adatto all'interpretazione di un vastissimo repertorio che può spaziare dai classici italiani fino agli autori contemporanei. Completo in ogni sezione timbrica, ricchissimo di voci caratteristiche (che Toschi qui utilizza con grande maestria) e particolarmente compatto negli insiemi, questo organo si rivela come uno strumento ideale -pur se assai lontano dalle impostazioni dagli organi utilizzati da Yon in America- per rappresentare non solo la musica, ma anche la figura di questo grande autore.
L'incisione è stata effettuata nei mesi di Aprile e Luglio dello scorso anno 2016 con Alessandro Campana alla consolle di mixaggio. Grazie alle caratteristiche da "sala di concerto" ed all'acustica "asciutta" dell'ambiente, la presa di suono si rivela quasi ideale per apprezzare tutte le caratteristiche timbriche e foniche degli strumenti utilizzati e, soprattutto, l'estrema precisione esecutiva degli interpreti. Ottimo anche il lavoro di postproduzione, che ci rende un prodotto discografico di altissima qualità e di rara bellezza. Molto ben curata, infine, la veste grafica, scevra da iconografie ridondanti e molto approfondita nella trattazione dell'argomento, con un'esauriente e completissima disamina su autore e repertorio da parte di Gian Nicola Vessia ed i curricula degli interpreti, tutto in lingua italiana ed inglese.
Consigliamo con grande piacere a tutti gli amanti dell'organo di procurarsi subito questo bel disco e di ascoltarlo con l'attenzione che merita, perchè lo riteniamo una delle produzioni migliori uscite sul mercato italiano negli ultimi anni.
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