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Le Sonate per organo di Reger




Reger - Organ Sonatas
Organista: Adriano Falcioni
Organo Cattedrale di S.Lorenzo di Perugia
Brilliant Classics - 95075 - DDD - 2017

Reger su un Tamburini. Perfetto. La prima volta che ascoltammo Reger su di un Tamburini fu a Roma, nel Settembre del 1971 (avevamo 16 anni) nella Chiesa di S.Ignazio. Alla storica (ed ormai "vintage") consolle del Tamburini 3 tastiere costruito nel 1935 sedeva un giovane Giancarlo Parodi, nostro conterraneo (lui di Novi Ligure, noi di Ovada), che nel suo programma propose -guarda caso- proprio una delle sonate regeriane di questo disco, la seconda in Re minore Op. 60. Era la prima volta che ascoltavamo la musica di Reger "live in concert" (a parte qualche raro disco vinile di riservata importazione, a quei tempi non c'erano molti organisti che dedicavano le loro fatiche al cosidetto "Bach del Novecento") e, sinceramente, quel concerto fu per noi un evento unico, irripetibile ed indimenticabile ed una delle sue caratteristiche fu proprio l'apprezzare quanto le timbriche tipicamente italiane di quell'organo si rivelassero assolutamente perfette per una musica che, allora come adesso, si preferisce eseguire (ed ascoltare) sui grandi strumenti germanici coevi all'autore. Certamente, la filologia è importante e la scelta dell'organo più "giusto" per la musica di Reger porta inevitabilmente a travalicare le Alpi per riuscire a proporre le composizioni di questo genio nell'atmosfera e nella più consona cornice storico-musicologica, ma questo disco ci dimostra ampiamente che la musica di Reger (così come quella di Bach, per cui riteniamo valido lo stesso discorso) non è musica "per un certo tipo di organo", bensì "musica per organo" tout-court. E' ovvio che, come per tutta la musica, anche quella di Reger deve essere inquadrata nella sua epoca, nel suo contesto e nella personalità (molto complessa) del suo autore, ma è altrettanto chiaro che la valenza universale di alcune sue caratteristiche (come, ad esempio, l'utilizzo di un rigido contrappunto di origine classica mediato da un postromanticismo di grandissima espressività) che superano e rendono assolutamente superflue tutte le dispute e le questioni filologico-metodologiche che possono valere, ad esempio, per le opere organistiche di alcuni grandi suoi contemporanei francesi come Vierne e Tournemire.
Il repertorio proposto da Adriano Falcioni in questo disco è rappresentativo di un particolarer aspetto dell'opera compositiva di Reger, quello delle Sonate per organo. Reger ne compose solo due (a fronte, ad esempio, delle più numerose Fantasie-Corali) e l'ampiezza degli sviluppi, la varietà dei temi, la costruzione formale e le ardite architetture ne fanno -formalmente- due Suites (da non confondersi con le sue due "Suites" per organo vere e proprie, Op. 16 e 92) che illustrano in modo molto eloquente la figura di questo compositore; alle Sonate, Falcioni unisce poi la più che nota "Fantasia e Fuga su B.A.C.H." Op. 46, che rappresenta forse uno degli omaggi musicali più imponenti ed importanti della letteratura organistica al grande Kantor di Lipsia.
La genesi delle sonate di Reger è sintomatica dell'evoluzione della sua personalità musicale. La "Prima Sonata in Fa Diesis minore Op. 33" fu composta nel 1895, quando Reger aveva ventidue anni ed è, essenzialmente, una Suite di tre brani con caratteristiche diverse, tanto che Reger stesso, in una sua lettera a Straube (con cui proprio in quegli anni aveva iniziato una stretta collaborazione artistica) dice che non si tratta di un brano in forma di sonata ma che il titolo serve come "titolo collettivo"; in questo caso, Reger aderisce, anche se in modo parziale, alle teorie sulla musica tedesca che erano allora in discussione in Germania, secondo cui la forma musicale di Sonata male si accordava con le forme musicali più "dignitose" e più adatte all'organo il quale, secondo queste teorie, doveva rimanere uno strumento "sacro" anche se installato in una sala da concerto ma, d'altro canto, ammetteva che -in effetti- se adeguatamente "trattata", la forma di Sonata poteva anche essere in grado di esprimere tutte le caratteristiche di spiritualità e religiosità necessarie. Reger si pone questo problema e, con questa prima Sonata, muove un primo passo verso una soluzione che, da una parte, mantiene intatta la caratteristica della musica organistica "tedesca" (prendendo sempre la musica di Bach come base e fondamento) e, dall'altra, riesce in buona parte ad "adattare" la cosidetta "Sonata da camera" alle esigenze della musica organistica. A questo proposito, è illuminante il fatto che Reger, forse dubbioso sul risultato ottenuto, inviò la partitura di questa Sonata a Rheinberger (che a quei tempi era la personalità musicale in assoluto più rilevante in merito alle sonate organistiche) per sollecitarne un giudizio che, in effetti, fu assolutamente positivo.
Forte di questo successo, Reger prosegue nella sua opera di adattamento della sonata all'estetica organistica germanica di quel tempo e, nel 1902, pubblica la "Seconda Sonata in Re minore Op. 60" che è -e rimane- forse una delle sue migliori composizioni (e che, personalmente, preferiamo di molto alla precedente). Qui è molto più evidente il grande lavoro effettuato dall'autore sul concetto formale del brano e la sua maggiore organicità in termini stilistici e di linguaggio. I movimenti salgono a quattro ma risultano assai più compatti e precisamente definiti (e, in effetti, la durata di questa sonata è minore rispetto alla prima); la caratteristica principale di quest'opera, a cui Reger lavorò per più di due anni in termini di rifinitura, è una stupefacente rispondenza agli ideali sui quali era stata basata anche la prima sonata, cioè il mantenimento (ma qui non solo vengono mantenuti ma, addirittura, rinforzati) dei canoni specifici fondanti della musica "germanica" (in primis il contrappunto e la grande scuola di Bach), la maggiore valorizzazione degli aspetti relativi all'integrazione tra la sonata "da concerto" (quella di Rheinberger, per intenderci) e le caratteristiche di religiosità e dignità dello strumento "sacro" per eccellenza e, infine, la presenza di tutte quelle caratteristiche "tardoromantiche" proprie della musica "cameristica" di Reger, che fanno di questa composizione un vero e proprio capolavoro.
La "Fantasia e Fuga su B.A.C.H. Op. 46" si pone, temporalmente, a cavallo tra le due Sonate. Fu infatti composta nel 1900 e pare che Reger abbia impiegato solamente quattro giorni per scriverla. Si tratta di un omaggio che l'autore rivolge alla musica del Kantor di Lipsia, musica su cui si era formato, su cui aveva già lavorato ampiamente (effettuando trascrizioni sia per organo che per pianoforte) e che, soprattutto, rappresentava per quei tempi il concetto stesso di "germanicità musicale", che non era allora ancora intesa con un concetto di superiorità, bensì come una definizione di "genere" autonomo, svincolato dalle influenze dell'estetica francese allora dominante in Europa e rispettoso e fiero delle sue origini. Se pensiamo alle dimensioni ed alle caratteristiche formali, contrappuntistiche e musicali di questo brano e teniamo conto del fatto che Reger lo scrisse in quattro giorni, ci appare ben chiara, al di là di ogni altra considerazione musicologica, la personalità dell'autore. Sicuramente, questo brano -che è forse uno dei più conosciuti ed eseguiti di Reger, rappresenta (anche se molto spesso lo si considera solamente un "pezzo di alto virtuosismo organistico") in modo completo tutti gli aspetti di questo compositore.
Adriano Falcioni, titolare alla consolle dell'organo della Cattedrale di Perugia su cui ha inciso questo disco, è un solido interprete, formato alla scuola di Van de Pol e perfezionato con i maggiori maestri europei (Guillou, Leonhardt, Marie-Claire Alain, Kynaston e diversi altri) che ha al suo arco molte frecce che gli consentono di poter presentare un repertorio vastissimo che spazia dai barocchi ai romantici, dai classici ai contemporanei con interessantissime escursioni in ambiti poco battuti (musiche di Ligeti, Escaich, Hakim e tanti altri) nonchè nel poco praticato mondo del concertismo per organo ed orchestra, del quale può presentare un repertorio che comprende anche diverse "chicche" quali il Concerto Romano di Casella, il Concerto Gregoriano di Yon, il Concerto per Organo ed Orchestra Op. 52 di Peeters e la terza Sinfonia di Saint-Saens. Riguardo alla musica di Reger, Falcioni ha sempre coltivato una particolare predilezione per le musiche di questo autore, con un occhio di riguardo per le grandi composizioni, tra cui le Fantasie-Corali e le opere di più ampio respiro, raccogliendo in un certo senso l'eredità del grande Fernando Germani nell'ottica di un concertismo di assoluta qualità e rappresentatività. Esteticamente parlando, Falcioni si rifà in alcuni aspetti della sua interpretazione ad alcuni interpreti regeriani del recente passato, riuscendo a coniugare una visione squisitamente "italiana" (come quella di Germani e, più recentemente, di Marini) con l'estetica timbrica -ad esempio- delle migliori interpretazioni della Rosalinde Haas (foniche precise, ben caratterizzate e splendidamente utilizzate) ed una precisione esecutiva che ricorda da vicino quella di Kurt Rapf. Tutto questo rende del tutto "personale", ed assai interessante sotto tutti i punti di vista, l'interpretazione di Falcioni, che pur senza mai esagerare e -anzi- tenendo bene la barra dritta verso gli ideali estetici di cui abbiamo parlato prima, riesce ad offrirci un Reger per diversi aspetti anche "nuovo" e molto interessante.
Sull'organo utilizzato per l'incisione di questo disco bisogna fare un discorso leggermente più approfondito. Si tratta di un grande organo, realizzato da Tamburini nel 1967 su progetto fonico di Fernando Germani. Esteticamente parlando, questo strumento si piazza nella prima fase di quell'evoluzione stilistico-timbrica che caratterizzò la produzione di questa ditta a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, evoluzione che da una parte portò ad una parziale "rifondazione" dell'ideale estetico "eclettico-italiano" dei decenni precedenti e ad un progressivo ripensamento delle timbriche generali mediante l'inserimento di registri molto caratterizzati e caratterizzanti nelle tavolozze foniche, comunque sempre saldamente fondate sugli ideali sonori tipicamente italiani. In particolare, in quegli anni, gli strumenti di Tamburini si arricchirono di mutazioni e, in particolar modo, di ancie di ogni tessitura e di ogni tipo, tra cui -molto scenografiche- le cosidette "trombe a padiglione" (quelle, per intenderci, utilizzate per l'organo dell'Auditorium RAI di Napoli, realizzato quattro anni prima di quello di Perugia ed anch'esso progettato da Germani). A questo proposito, è interessante notare come, nello strumento della Cattedrale di Perugia, su di un totale di 87 registri, ben 20 siano ad ancia e, ancora più interessante, è constatare come l'organista, nel disco, sappia utilizzarli tutti nel migliore dei modi. Organizzato su quattro tastiere e pedaliera azionanti due corpi d'organo (uno in transetto ed un altro in coro), questo organo è stato recentemente reintonato dall'organaro Pietro Corna di Bergamo, che ha anche provveduto ad effettuare alcuni miglioramenti fonico-timbrici che non solo ne hanno "ripreso" l'originale voce ma, anche, ne hanno migliorato la resa acustica complessiva.
L'incisione è stata effettuata nei giorni 27 e 28 Novembre dello scorso anno 2016 e, nonostante la relativamente facile presa di suono (i corpi d'organo sono, come suol dirsi, ad altezza d'uomo), la resa fonica non risultava per nulla scontata, visto che stiamo parlando di un ambiente molto vasto in cui i tempi di riverbero ed eco viaggiano sui sei secondi abbondanti, cosa che in particolari condizioni non giova certo alla pulizia di un'incisione discografica. Nonostante ciò, la presa di suono è molto accurata, precisa e molto attenta a sottolineare tutte le varie voci e ad esaltare i vari insiemi, in particolar modo i Ripieni e le Ancie, rendendoci un'incisione molto bella, gradevole e di grande effetto.
Abbastanza curata la veste grafica, con brevi ma esaurienti testi illustrativi in Italiano ed Inglese ed alcune belle iconografie che contribuiscono a rendere questa produzione molto interessante e di ottimo livello. Raccomandiamo con piacere questo disco a tutti i nostri amici lettori, che vi troveranno un ottimo repertorio, un bravissimo interprete ed uno strumento di sicuro interesse.



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