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Busoni-Bottini - Classicamente




Busoni-Bottini - Classicamente
Organista: Paolo Bottini
Organo Collegiata di Sant'Andrea di Empoli
Bongiovanni - GB 5191-2 - 2016

Recensiamo qui un bel disco che Paolo Bottini ha dedicato alle musiche di Ferruccio Busoni. Non è la prima volta che Bottini si cimenta in questo gratificante (sia per chi suona che per chi ascolta) esercizio di "portare" sul Re degli strumenti musicali (cioè l'organo) musiche concepite e nate per il Principe degli stessi (il pianoforte); lo aveva già fatto circa un lustro orsono con le musiche di Debussy (che abbiamo recensito QUI) ed il risultato era stato veramente soddisfacente. Oggi, lasciato da parte il periodo dell'impressionismo francese (anche se Debussy odiava chi definiva "impressionista" la sua musica), Bottini dedica il suo disco ad uno dei maggiori esponenti di quel movimento musicale -pressochè contemporaneo di Debussy ma di tutt'altra ispirazione- che lo stesso Busoni, già in età matura, definì come "Giovane Classicità", una teoria estetico-musicale che molti interpretarono come un "neoclassicismo" (cioè un semplice ritorno agli stilemi classici) non molto differente da quelle che nascevano ovunque in quel tempo ma che, invece, con quella contraddizione di termini prospettava la nascita di una musica "nuova" (o, come egli dice, "giovane") che, prendendo come base la musica classica, che egli identificava soprattutto con quella di Bach (non per nulla le sue trascrizioni -ma sarebbe meglio definirle "elaborazioni"- delle opere del Kantor di Lipsia -sette volumi realizzati nell'arco di vent'anni- sono e rimangono punti focali e fondamentali dell'arte della trascrizione pianistica), tenendone valide tutte le successive evoluzioni formali e stilistiche e portandole a loro volta agli estremi limiti delle loro possibilità espressive oltrepassandone e rielaborandone gli schematismi, potesse fornire l'adeguato terreno di coltura per quella che noi oggi comunemente definiamo "musica moderna".
Non è il caso di fare qui nè l'analisi della vita nè dell'estetica busoniana poichè ci hanno già pensato ben più illustri critici. Basterà ricordare che Busoni, figlio d'arte, già all'età di sette anni si esibiva come virtuoso al pianoforte e a dodici componeva il suo primo concerto per pianoforte ed orchestra. La sua vita musicale lo portò a viaggiare in tutto il Mondo (sia in quello "vecchio" -Europa- che in quello "nuovo" -Stati Uniti-) come uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi. La sua tecnica pianistica era davvero eccelsa ed inarrivabile e risentiva molto delle tecniche pianistiche per quei tempi "rivoluzionarie" di Breithaupt, che Busoni apprezzava moltissimo. Egli viaggiò moltissimo sia come interprete che come docente (tra i suoi allievi troviamo anche Sibelius) e le sue ispirazioni musicali ebbero modo di essere influenzate da diversi movimenti artistico-culturali -anche non musicali- dell'epoca che contribuirono alla formazione di una sua ben definita estetica musicale, peraltro da lui molto bene illustrata in un suo saggio teorico del 1909 dove, appunto, compare per la prima volta la definizione del Giovane Classicità.
Ma se Busoni è rimasto un'icona musicale per la sua arte pianistica e per le sue ineguagliabili trascrizioni, altrettanto non si può dire per la sua attività compositiva. In effetti, ancora oggi, le composizioni di Busoni -a parte le trascrizioni- non sono certo il pane quotidiano dei pianisti e questo è molto strano, soprattutto se consideriamo che il giovane Busoni a soli diciassette anni aveva già composto una quarantina di opere e che alla fine della sua vita (1924) il suo catalogo contava opere per pianoforte, pianoforte ed orchestra, cantate, una messa, quattro opere teatrali (di cui scrisse anche i libretti e delle quali una -Doktor Faust- rimase incompiuta) e, ovviamente, le famosissime trascrizioni-elaborazioni bachiane.
Ed è assai singolare che noi, oggi, troviamo alcune di queste composizioni proposte in questo disco non suonate al pianoforte ma, addirittura, all'organo che -come tutti sappiamo- possiede capacità espressive del tutto differenti. Ed è altrettanto singolare notare come nel panorama discografico ben poche, a parte una quasi-integrale della Naxos dei primi anni Duemila, siano le edizioni specificatamente dedicate alle sue musiche ed altrettanto sporadiche siano state le iniziative discografiche in occasione del centocinquantesimo anniversario della sua nascita. In questo ambito il disco di Bottini si inserisce ben a proposito e se -forse- non sarà del tutto apprezzato dai pianisti più "duri e puri", dall'altra parte apre per gli organisti una finestra assai ampia di una visione musicale ed estetica fondata sulle possibilità dinamiche ed espressive del pianoforte ma che anche all'organo, se ben ponderata ed accuratamente "registrata", dà ottimi risultati e molti spunti di analisi e riflessione.
Il repertorio che Paolo Bottini ci propone in questo disco è sostanzialmente incentrato sulle opere "giovanili". Si inizia con il Preludio e Fuga Op. 5, pubblicato a Vienna nel 1884 quando Busoni aveva diciott'anni e si prosegue con dodici preludi tratti dai 24 Preludi Op. 37, composti tra il 1879 ed il 1880 all'età di dodici anni e pubblicati a Milano nel 1882. Seguono poi tre ("Dama", "Cavaliere" e "Paggio") delle Sei macchiette medioevali, composte nel 1883 senza numero d'opera e pubblicate a Bologna nello stesso anno, probabilmente insieme all'Op.13. Agli anni precedenti al 1882 risalgono invece le Quattro Danze Antiche Op. 11 (Minuetto, Gavotta, Giga e Bourrée, presentate nel disco in ordine differente) pubblicate a Milano, appunto, nel 1882. Nello stesso anno 1882 vengono anche pubblicati, a Bologna, i Tre racconti fantastici Op. 12, composti nel 1878, di cui Bottini ci presenta i primi due, "Duello" e "Klein Zaches". Della raccolta "An die Jugend", senza numero d'Opus e pubblicata nel 1909, che raccoglie diversi brani ispirati da Bach, Mozart e Paganini, Paolo Bottini ci presenta le prime due parti del primo brano Preludietto e Fughetta (in originale "Preludietto, Fughetta ed Esercizio") mentre il Waffentanz Op. 30a-1, primo brano dei "Zwei Tanzstüche" (Waffentanz e Friedenstanz, pubblicati ad Amburgo nel 1914) a loro volta rielaborazione dei "Kontrapunktisches Tanzstück und Kleine Balletszene III Op. 30" scritti nel 1891, conclude l'incisione.
Anche in questo disco, come in quello precedente dedicato a Debussy, l'organista dimostra una particolare capacità di "entrare" nello spirito delle composizioni proposte, di cui sa cogliere molto bene le caratteristiche compositive e, soprattutto, una grande attitudine a trasferirne sull'organo le peculiarità espressive essenzialmente "pianistiche", che egli ci presenta utilizzando molto bene i cambi di tastiera, la sfumatura delle registrazioni ed il sapiente utilizzo della persiana. Ovviamente, l'effetto organistico è differente da quello pianistico ma, sinceramente, dobbiamo dire che questi brani proposti all'organo riescono a fornirci spunti estetico-espressivi assai interessanti e ad inquadrare molto bene la figura musicale di Busoni anche in quei pochi brani (in special modo l'ultimo) in cui ben chiaramente si comprende quello che lui intendeva dire a proposito della "Giovane Classicità".
Lo strumento utilizzato per l'incisione è prestigioso ed importante. Si tratta del grande organo costruito nel 1968 da Bevilacqua per la Collegiata di Sant'Andrea di Empoli, poi parzialmente rifatto ed ampliato da Chichi nel 2004. Con i suoi 46 registri nominali (51 reali + otto in prolungamento) disposti su tre tastiere e pedaliera, quest'organo presenta una robusta tavolozza timbrica spiccatamente italiana che pochissimo indulge a contaminazioni "orchestrali" ma che rivela una solidità e compattezza timbrica veramente sorprendente e che si dimostra veramente adatto per la proposizione di questo tipo di musiche.
La registrazione è stata effettuata nel Dicembre 2015 e vede al mixer il "solito" Federico Savio che, in questo caso probabilmente d'intesa con l'interprete, adotta una presa di suono leggermente più "ampia" rispetto al solito. Se questo accorgimento, da una parte, può essere penalizzante in termini di pulizia e chiarezza del suono, dall'altra "riempie" molto più corposamente l'ambiente, esaltando le caratteristiche espressive di questa musica. Unico neo abbastanza percepibile è il rumore di fondo causato dal motore dell'organo (ma a questo proposito c'è un'apposita avvertenza in seconda di copertina), rumore che, peraltro e come sempre nel caso di incisioni organistiche, fa parte integrante dell'ambiente.
Sempre perfetto, come sempre, il lavoro di postproduzione e montaggio. Molto completo ed interessante, infine, il libretto a corredo, assai corposo (28 pagine più copertine) e con ricchi, articolati ed interessanti testi di Elena Bugini e dello stesso Paolo Bottini. Assai interessante (ed "intrigante") la grafica di copertina (opera di Daniela Gorla) in cui le immagini di un giovane Busoni e di un vecchio Busoni si confrontano ed "interfacciano" in modo quasi metafisico con la tastiera del pianoforte e le canne di un organo.
In definitiva, un bel disco fuori dagli schemi precostituiti, che ad un gradevolissimo ascolto unisce anche molte interessanti prospettive di rivisitazione di una delle più grandi figure della musica italiana (ed europea) del Primo Novecento. Da acquistare senza indugio.



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