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Opere per organo di Wilhelm Friedemann Bach




Wilhelm Friedemann Bach - Complete Organ Works
Organista: Friedhelm Flamme
Organo della Münsterkirche St.Alexandri di Einbeck
cpo - 777 527-2 - DDD - 2010

Dedichiamo questa recensione ad un disco relativamente "vecchio", pubblicato nel 2010, che tratta le opere di quello che fu considerato -alla sua epoca e musicalmente parlando- il più grande erede di Johann Sebastian Bach, cioè Wilhelm Friedemann Bach. Egli era il figlio primogenito del Kantor (nacque nel 1710) e come tale -come tutti gli altri figli di Johann Sebastian- fu istruito alla musica dal padre ma, contrariamente agli altri suoi fratelli che guadagnarono una fama "internazionale" (Carl Philipp Emanuel e Johann Christian), Friedemann non riuscì mai ad ottenere un successo duraturo ed universalmente riconosciuto nell'Europa di quel tempo; di conseguenza egli non ottenne neppure un posto di riguardo nella storia della musica europea. Eppure egli, in vita, era considerato il più grande organista, addirittura migliore -sia nella tecnica che nell'ispirazione- di suo padre. In effetti, stando alle cronache dell'epoca, Friedemann aveva una padronanza del linguaggio ed una tale "confidenza" con l'organo da consentirgli di improvvisare all'organo per ore ed ore, riuscendo ad elaborare idee musicali di amplissimo respiro e di inedita ispirazione, riuscendo a coniugare il rigido contrappunto appreso dal padre con le nuove tendenze della musica "galante" che proprio in quegli anni si andavano diffondendo in Europa (e che furono, in effetti, la fortuna dei suoi fratelli più famosi). Le cause della sua "non fortuna" nel panorama musicale del Settecento Europeo non sono mai state approfondite, se non tramite ipotesi che hanno riguardato il suo carattere "ribelle" alla convenzionalità, la sua "irrequietezza" comportamentale (pare fosse di carattere assai irascibile) che lo portò spesso a collidere anche con coloro che lo stimavano e che lo avrebbero volentieri aiutato (come la Principessa Anna Amalia, sorella di Federico il Grande) se egli non avesse irrimediabilmente minato i suoi rapporti con loro. Alcuni storici e studiosi hanno anche insinuato il dubbio che alla fonte dei problemi relazionali di Friedemann ci fossero il vizio del bere e/o la passione per il gioco ma non ci sono risultanze storiche evidenti per confortare questa tesi. Sta di fatto,comunque, che questo grande organista ed improvvisatore trascorse la sua vita (sia personale che musicale) tra alti e bassi, alternando tournées esaltanti che lo proiettavano momentaneamente all'apice della notorietà a periodi di quasi-povertà durante i quali, per vivere, era costretto a vendere per pochi spiccioli i manoscritti della composizioni sue e del padre (la vulgata riferisce, a questo proposito e -anche qui- senza alcun riscontro di valore sostanziale, che addirittura egli avesse venduto manoscritti di suo padre -ed anche suoi- come carta da imballaggio e che gli stessi siano poi stati rinvenuti presso alcuni commercianti che li usavano per incartare la carne o le verdure). Altrettanto tormentata fu la sua "carriera" come organista. Considerato da tutti, come abbiamo detto, il più grande organista della sua epoca, Friedemann -che, tra l'altro, si era anche brillantemente laureato in Giurisprudenza e Matematica a Lipsia- ebbe con facilità la nomina come organista alla Liebfrauenkirche di Halle, dove esercitò per quasi vent'anni (ed è per questo motivo che egli viene definito come "il Bach di Halle") ma da dove, nel 1767, si dimise (ma pare sia stato invece "licenziato" per motivi di "grave trascuratezza" nel servizio e "cattivo contegno") per iniziare una carriera che oggi potremmo definire da freelance, intraprendendo le sue famose tournées che lo portarono a suonare a Lipsia, Wolfenbüttel, Brunswick, Vienna, Dresda, Berlino e -forse- anche a San Pietroburgo. In occasione di queste sue performances, era lui stesso che si proponeva alle varie chiese come organista e, allo stesso modo, era sempre lui che richiedeva in prima persona ai diversi editori musicali dell'epoca la pubblicazione delle sue composizioni. Ma queste sue richieste, vuoi anche per una buona dose di spregiudicatezza da parte sua (egli richiedeva infatti compensi molto consistenti che spesso nè le chiese nè gli editori gli potevano concedere) non vennero mai accolte anche per un motivo di "gusto contingente", poichè la musica che egli faceva, pur se indulgente allo stile galante, era rimasta troppo ancorata al contrappunto e, in quei tempi di rapida mutazione dei gusti musicali, non avrebbe riscosso alcun favore nè da parte dei musicisti nè del pubblico. Fu così che nel 1773, dopo innumerevoli peregrinazioni, lo ritroviamo a Berlino in estrema povertà, dove vivrà i suoi ultimi dieci anni di vita (fino al 1784, anno della sua morte) grazie al supporto finanziario di alcuni amici e conoscenti, gratificato solo da un incarico onorifico e "fittizio" di Kapellmeister che non eserciterà mai.
La sua produzione musicale a noi pervenuta conta un'Opera, 24 Cantate Sacre, 2 Cantate profane, una Messa "tedesca", alcune opere vocali soliste, sette concerti per Cembalo (o due cembali) sia solista che con orchestra, alcune raccolte di brani per cembalo solo (Sonate, Fantasie, Preludi, Polonaises), otto sonate per Flauto, alcuni brani (trii e duetti) per archi e nove sinfonie per orchestra. La sua produzione organistica, invece, rispetto alla sua fama di incommensurabile esecutore ed improvvisatore, è quasi risibile: scritte specificatamente per organo troviamo solo undici fughe (di cui otto pubblicate insieme) e sette Preludi-Corali. In questo disco, oltre a queste composizioni, troviamo anche due Fantasie che possono essere intese per l'esecuzione sia al cembalo che all'organo.
Se noi compariamo le opere per organo di Friedemann con quelle scritte più o meno nello stesso periodo, tra il 1750 ed il 1770, da uno dei suoi fratelli più famosi, cioè le Sonate di Carl Philipp Emanuel, che era più giovane di lui di soli quattro anni, non ci vuole molto per capire quello che è il vero motivo, al di là del carattere e dei veri o presunti vizi, della scarsa considerazione che i contemporanei avevano di lui. Friedemann "parte" da lontano, dal contrappunto rigoroso del passato (molti echi di Pachelbel risuonano spesso nelle sue opere) e di suo padre ma, per quanto il nuovo "stile galante" cominci ad arieggiare -ed anche più profondo di quanto a prima vista possa apparire all'ascolto- nelle sue composizioni, esso rimane sempre come una delle possibilità espressive e non LA possibilità espressiva unica e dominante. Se noi analizziamo alcuni suoi temi vediamo che essi in qualche caso, addirittura, anticipano idee musicali che avranno poi grande peso nel Primo Ottocento con i protoromantici; ma è il suo attaccamento "ancestrale" agli stilemi del contrappunto che, come suol dirsi oggi, lo frega. In un'epoca in cui la società, in tutti i sensi, cercava di lasciarsi alle spalle qualche secolo di guerre, vita grama e difficoltà, anche per la musica tirava aria di "disimpegno" e l'austerità quasi mistica del contrappunto e le complicate polifonie del passato (sia vocali che strumentali) venivano rifiutate per aprire gli orizzonti europei alla cantabilità, alla melodia ed alla gradevolezza d'ascolto. La "teoria -o musica- degli affetti" di due secoli prima cambiava radicalmente target, cioè cambiava il tipo di "affetti" (cioè di sensazioni) che doveva provocare negli ascoltatori, ed in questo giocava una grande partita la musica italiana strumentale e teatrale, che Friedemann sicuramente apprezzò quando visse a Dresda ma che non seppe assimilare nel modo giusto o, perlomeno, non seppe utilizzare a suo favore. Se da una parte, ascoltando questo disco, non possiamo che rimanere affascinati dall'inventiva, dalla scrittura e -diciamolo pure- anche dalla sua genialità, dall'altra è un vago sentore di "antico" che ci prende le narici (o, per meglio dire, le orecchie) e se oggi questo a noi appare un pregio da valorizzare, a quei tempi era, sic et simpliciter, "puzza di vecchio". Questo ha fatto si che, già pochi anni dopo la sua morte, Wilhelm Fredemann Bach fosse totalmente dimenticato (come già peraltro era accaduto a suo padre) e che per risentire parlare di lui si dovrà aspettare fino al Primo Novecento.
Friedhelm Flamme, organista, Kapellmeister e direttore d'orchestra molto apprezzato e concertista di fama internazionale, diplomato a Detmold con Weinberger e specialista della musica barocca germanica del Nord (di cui ha già inciso numerosi dischi di una raccolta di intregrali dedicate a Lübeck, Reincken, Kneller, Hanff, Ritter, Scheidt, Tunder, Prætorius e molti altri) si cimenta con le opere di Wilhelm Friedemann Bach con un approccio giustamente filologico e senza preconcetti stilistici, rendendone in modo assai accattivante le diverse caratteristiche e sottolineandone con le giuste luci la costruzione e l'ispirazione. La sua interpretazione non è eclatante sotto il punto di vista del virtuosismo, che egli non pone mai come fine ultimo ma come (e così deve essere soprattutto nelle due Fantasie cembalo-organistiche in cui più presente è questa caratteristica) mezzo espressivo. La tecnica contrappuntistica è precisa, attenta, particolarmente curata nei fraseggi e riesce a dare perfettamente l'idea dell'unitarietà delle varie composizioni e della specificità di un repertorio che ci mostra temi di fuga di spiccato carattere "galante" ma che, trattati secondo i canoni di un contrappunto rigoroso, prendono caratteristiche del tutto particolari. Molta attenzione l'organista dedica alla "registrazione" dei vari brani, scegliendo timbri sempre appropriati e particolarmente adatti per sottolinearne le caratteristiche formali e costruttive. A questo proposito, notiamo che Flamme utilizza molto poco l'"Organo Pleno", riservandolo solamente ad alcuni brani (L'ultima Fuga della raccolta di otto, il corale "Wir Christenleut" ed il finale della Fantasia in Do minore) mentre troviamo assolutamente deiziose le registrazioni utilizzate per i Preludi-Corali nei quali formalmente emerge chiara la discendenza di Friedemann dall'arte di suo padre. In complesso, l'interpretazione di Flamme risulta di ottimo livello anche se -almeno in qualche tratto- avremmo preferito un pizzico di "grinta" in più.
Lo strumento utilizzato per l'incisione è un organo di medie dimensioni, realizzato da Hillebrand nel 2008 per la Münsterkirche di Einbeck e che ricalca la base fonico-timbrica classica del primo organo di questa chiesa, costruito nel 1732 da Vater, allievo di Schnitger, base a cui sono stati aggiunti altri registri per un totale di trentasette nominali (48 reali) disposti su due tastiere e pedaliera con trasmissione meccanica. Il carattere di questo strumento è, quindi, direttamente rispondente alle specifiche degli organi che venivano costruiti in Germania all'epoca in cui Wilhelm Friedemann Bach operava e, pertanto, risulta adattissimo per l'interpretazione delle sue musiche.
L'incisione è stata effettuata nel mese di Agosto 2009 sotto la supervisione di Gregor van den Boom. La presa di suono risulta molto buona, senza apprezzabili difetti ed ottimamente calibrata sia per ciò che riguarda la resa delle voci solistiche che degli insiemi. A questo proposito occorre notare che i somieri delle due tastiere dell'organo sono sistemati uno dietro l'altro e, pertanto, il lavoro di incisione ha dovuto tenere conto di questa caratteristica per evitare il fisiologico "appiattimento" dei piani sonori, riuscendo comunque a mantenere una discreta spazializzazione del suono. Molto accurato risulta il lavoro di postproduzione e di grande interesse il libretto a corredo i cui testi, redatti in Tedesco, Inglese e Francese, sono molto curati ed approfonditi nonchè corredati da essenziali inserti iconografici in bianco/nero.
In definitiva, abbiamo trovato questo disco molto ben realizzato e di buon interesse non solo per gli addetti ai lavori ma anche per gli appassionati di musica organistica. Lo consigliamo volentieri a tutti.



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