Logo Arretrati

Nuove Opere per organo di Grimoaldo Macchia




Grimoaldo Macchia - The Great Organ Works
Organista: Ivan Ronda
Organo Chiesa di S.Tommaso Apostolo di Pontevico
Fugatto - FUG 070 - DDD - 2017

Abbiamo ricevuto con piacere questa ultima impresa musicale dell'organista Ivan Ronda dedicata alle opere di uno dei più interessanti compositori italiani contemporanei, quel Grimoaldo Macchia di cui abbiamo già parlato QUI e QUI e che abbiamo citato anche recentemente in questa recensione del bel disco inciso da Domenico Severin all'organo della Cattedrale di Uppsala.
Nato a Roma, classe 1972, Grimoaldo Macchia è un musicista completo che dedica la sua attività a svariati e molteplici aspetti della musica. Pianista, Organista, Compositore, Arrangiatore, Direttore d'Orchestra e laureato in Didattica della Musica, ha studiato a Roma e si è perfezionato a Perugia e la sua brillante carriera lo ha portato ad esibirsi sia come solista che come direttore di diversi gruppi strumentali sia in Italia che all'Estero, sempre con lusinghieri successi di pubblico e critica. Le sue composizioni sono state pubblicate dalle più prestigiose case musicali del Mondo e moltissimi organisti le hanno interpretate in concerto ed incise su dischi spesso a lui specificatamente dedicati. Recentemente trasferitosi nella Confederazione Elvetica, Macchia prosegue la sua attività sia di interprete che di compositore e questo disco è dedicato alle sue più recenti opere per organo.
Anche in questo disco non possiamo che apprezzare l'impostazione della sua arte compositiva che, partendo da una solida base formalmente ineccepibile, vi innesta innumerevoli stilemi propri di generi lontanissimi (anche temporalmente) tra di loro e li fa interagire alla perfezione tra di loro, dimostrandone una conoscenza (ed una frequentazione) molto profonda. Ascoltando questo disco, personalmente, abbiamo pensato che noi -se fossimo stati nei suoi panni- non lo avremmo intitolato "The Great Organ Works" ma, invece, lo avremmo denominato "Fusion Organ Works" poichè i procedimenti costruttivi di questi brani -fatte ovviamente le dovute differenze di genere- prendono ampi spunti di ispirazione da quelli utilizzati nell'omonima musica Fusion, che ebbe in Frank Zappa uno dei suoi iniziatori e che nei mitici Weather Report trovò forse la sua più alta espressione. Ovviamente Macchia non è il primo che adotta questo genere di stile compositivo (Guy Bovet ne è stato forse il primo esponente qui in Europa) ma sicuramente la sua capacità di far interagire stili diversi nelle sue composizioni è assolutamente interessante e fornisce risultati di grande impatto musicale. Nelle precedenti recensioni avevamo già sottolineato questa caratteristica come uno dei punti focali della sua produzione; in questo ultimo disco, però, dobbiamo sinceramente dire che questa dote, rispetto al passato, si è molto raffinata e che l'elaborazione formale dei pezzi qui presentati va ben oltre ad una semplice costruzione di brani "alla maniera di..." (procedimento che risale all'Ottocento) e dimostra da parte dell'autore una conoscenza molto approfondita di generi che con l'organo -almeno con quello liturgico- ben poco hanno a che fare come, ad esempio, i ritmi latino-americani, il jazz ed i cosidetti "ballabili", cioè i vari tipi di ballo moderno (Tango, Samba, Cha Cha Cha ed altri). Ma a tutto questo il Macchia unisce una solida conoscenza della musica organistica "classica" di cui ripropone forme anche molto antiche (Saltarello, Pavana, Canzona, Preambulum, Toccata) e, per buona misura, anche una splendida padronanza dell'arte della variazione. Non mancano, infine, ampi spunti della musica organistica più descrittiva del XX secolo, che troviamo nella Suite dedicata alla Via Crucis.
In questo disco, insomma, ritroviamo non solo un compositore eclettico e "disinvolto" ma, anche, un profondo conoscitore della letteratura organistica (ed anche non organistica) mondiale, dalla quale egli attinge a piene mani materiale per un'ispirazione fresca, spesso anche leggermente iconoclasta, che ci propone una musica molto raffinata, oltremodo gradevole e sensorialmente accattivante.
L'organista Ivan Ronda ci propone, come inizio del disco, la "Suite Antique", che presenta sette brevi brani (Preambulum, Canzona, Pavane, Dance, Tourdion, Toccata e Saltarello) impostati su altrettanti modi gregoriani e costruiti utilizzando forme anche assai antiche che si mescolano impercettibilmente con intrecci di sapore neoclassico moderno (echi di Litaize e Langlais) su temi dal sapore popolarmente arcaico che ci proiettano in un'atmosfera temporalmente sospesa tra passato e presente. Il secondo brano "Alouette, gentile alouette", una canzoncina-filastrocca francese molto nota il cui tema è stato spesso utiizzato come colonna sonora di diversi cartoni animati e che nel 1970, quando Macchia non era ancora nato, era stato oggetto di una monumentale improvvisazione (poi trascritta da David Briggs) da parte di Pierre Cochereau, è strutturato su Tema, Cinque variazioni e Finale. L'autore propone un diverso stile per ogni variazione, trattando il tema principalmente mediante le usuali tecniche di elaborazione ma con un particolare occhio di riguardo verso procedimenti di sviluppo armonico di tipo spiccatamente "americano" che gli conferiscono un carattere del tutto particolare. Il terzo brano, commissionato a Macchia dallo stesso Ivan Ronda che qui lo interpreta, è fondamentalmente una suite di danze ("Dance Suite on 'Yankee Doodle'") che si differenzia dalle "normali" analoghe composizioni per organo poichè ad alcune forme canoniche affianca alcune delle cosidette "Danze Moderne" (Cha Cha Cha, Beguine, Samba) ed un paio di danze basate su ritmi "sincopati" (Jazz e Swing) per concludersi con una ridondante Marcia unita ad una singolare Polka "Country". Il tema è quello della popolare canzone americana, divenuta famosa soprattutto durante la Guerra di Secessione ma di origine precedente, che si presta facilmente e molto volentieri alle trasformazioni a cui l'autore lo sottopone per offrirci una sventagliata di buonumore ed allegria. Cambio netto di atmosfera con la "Toccata Jig über Gregorian Sequentia 'Dies Irae'". Si tratta di una toccata sviluppata su un tempo di 6/8 (da qui l'appellativo "Jig", una tipica danza irlandese in sei ottavi) di carattere imponente (ed in alcuni punti anche molto drammatico) con sprazzi di alto virtuosismo in cui risuonano ampi echi del miglior Dupré mentre il tema del Dies Irae volteggia ed incombe pesante e minaccioso per abbattersi poi potentissimo in un finale dai bagliori apocalittici. Il "Perpetuum Diabolicum über die Namen BACH und REGER" è, a tutti gli effetti, un pezzo di bravura. In questa composizione, basata sugli acronimi musicali dei nomi dei due compositori (B=Sib A=La C=Do H=Si e R=Re E=Mi G=Sol E=Mi R=Re), è una specie di "summa" della tecnica del pedale. Non è certo una novità nella letteratura organistica moderna la composizione di brani in cui la tecnica dell'uso del pedale, sia monofonica che polifonica (con lo stesso piede si suonano più note contemporaneamente), viene portata alle sue estreme possibilità; in questo brano Macchia dimostra di conoscerne molto bene tutti i segreti e confeziona per Ivan Ronda (il pezzo è a lui dedicato) un brano in cui il virtuosismo la fa da padrone; un sapiente ed accurato lavoro di registrazione organistica ne sottolinea magnificamente le varie sezioni per un risultato di grande impatto sonoro ed emozionale, in modo particolare se -in occasioni live- l'operato dell'organista può essere seguito direttamente o per video dal pubblico. E, a questo punto, altro "salto" stilistico, quasi spiazzante: la "Latin Jazz Toccata", introdotta da un "incipit" che sembra arrivare direttamente dalle migliori orchestre latino-americane, ci travolge con il suo ritmo caldo, avvolgente e coinvolgente. Virtuosismo strumentale, "groove" impeccabile e "latin soul" profondo e sentito caratterizzano questa trascinante composizione. Il disco si chiude con "15 Bilder auf dem Kreuzweg", cioè con la "Via Crucis". Come altri diversi autori, sia moderni che contemporanei, che hanno affrontato questo impegnativo tema religioso e liturgico, anche Grimoaldo Macchia ha voluto descrivere in musica le "Stazioni" della strada che condusse Cristo alla Croce. In questo caso non si può mai parlare in termini di "stile" o di forma ma il compito del compositore è, piuttosto, quello di esprimere sensazioni, impressioni e sentimenti dettati dai vari episodi della vicenda. Si tratta, in definitiva, di musica "descrittiva" che dipinge per gli ascoltatori i vari "quadri" cercando di trasmettere emozioni ad essi legate. Il Grimoaldo Macchia che troviamo qui non è quello delle danze, del Samba, del Jazz e neppure quello della "pedalazione" virtuosistica; ascoltando i brani della sua Via Crucis troviamo un compositore che, levato il vestito di scena ed a chiesa ormai vuota, da solo nella penombra, seduto alla consolle medita sulla Passione di Cristo e mette in musica i suoi pensieri. In questi brani noi troviamo molti echi di Tournemire, di Dupré, di Vierne e di Duruflé ma non sono le citazioni che fanno quest'opera, è lo spirito che la pervade dall'inizio alla fine, uno spirito profondamente "umano" e compassionevole prima che religioso, che la caratterizza come grande affresco musicale non di una vicenda storico-religiosa ma di una condivisione etimologicamente e sinceramente "patetica". Sicuramente, a nostro parere, la migliore composizione di Macchia presente in questo disco.
Di Ivan Ronda abbiamo già parlato diverse volte su queste pagine in occasione di sue incisioni bachiane, di Mozart e di altri autori; di lui abbiamo sempre lodato la perizia interpretativa figlia di studi approfonditi e di una grande esperienza maturata anche grazie alla frequentazione di grandi maestri come Guillou. Concertista apprezzatissimo in tutto il Mondo, egli si contraddistingue sempre per l'approfondimento molto accurato delle fonti musicologiche, che gli consente un atteggiamento giustamente filologico nella proposizione di un discorso musicale completo, attento e di grande efficacia a cui si aggiunge un'altrettanto approfondita conoscenza delle caratteristiche delle varie scuole organarie ed una straordinaria padronanza dei vari strumenti su cui si esibisce, riuscendo a farli esprimere sempre al massimo delle loro possibilità fonico-timbriche. Una curatissima e spesso assai raffinata arte della registrazione completa il quadro artistico di questo bravo organista che anche in quest'incisione si dimostra assolutamente all'altezza delle aspettative.
L'organo utilizzato per l'incisione è il grande Mascioni 2009 della chiesa di S.Tommaso Apostolo di Pontevico, usato anche per la precedente incisione del disco contenente musiche di Händel, Reubke, Reger, Peeters e Gershwin. Si tratta di un grande strumento con tre tastiere e pedaliera che ad una base fonica spiccatamente "italiana" unisce anche una ragionevole numero di registri "coloristici" ed "orchestrali" che, come abbiamo già detto nella scorsa occasione, lo rende particolarmente adatto ad un repertorio quanto mai vasto ed articolato e su cui le composizioni di Grimoaldo Macchia, con il loro ampio spaziare tra stili e generi diversi, riescono ad esprimere tutta la loro completezza.
Registrazione effettuata nel Luglio 2017. La perizia e professionalità di Federico Savio al mixer e la sua abilità ed accuratezza nel lavoro di postproduzione confezionano un prodotto discografico di grande livello e di ottima qualità. Libretto ben curato nella veste grafica, con un gradevole ed ironico disegno di copertina, con testi in Italiano ed Inglese ed appropriati inserti fotografici.
In definitiva, un disco molto bello, che abbiamo gradito molto e che ci propone -cosa sempre meno scontata di questi tempi- musiche di un bravo autore italiano contemporaneo il cui ascolto aprirà a tutti, addetti ai lavori e non, diversi orizzonti musicali inediti e talora non convenzionali. Da acquistare subito senza indugio.



Torna all'Indice Recensioni
Torna all'Indice Categorie


Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2018