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Musica per Harmonium e Pianoforte nei salotti dell'Ottocento




Divertimento Italiano - Musica per Harmonium e Pianoforte nei salotti dell'Ottocento
Harmonium: Andrea Toschi
Pianoforte: Carlo Mazzoli
Tactus - DDD - TC 850004 - 2018

Il "Salotto" in generale (ed il "Salotto Musicale" in particolare) è stato un fenomeno artistico e culturale che, soprattutto in Italia, ha segnato in modo profondo la vita artistica, culturale e musicale, aprendo orizzonti che per circa un secolo (dall'inizio dell'Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento) hanno consentito alla Musica di ritagliarsi spazi nella società che prima erano impensabili e che, poi, si sarebbero trasformati, con l'avvento delle cosidette "Società Filarmoniche" e similari, in una fruizione molto più aperta e, per dirla in modo semplice, "popolare".
Prima dell'Ottocento, in tutta Europa, il fare musica "colta" era privilegio delle Case Regnanti, dove l'educazione e la pratica musicale erano solamente due delle innumerevoli discipline che venivano impartite ai nobili rampolli, che spesso e volentieri trovavano come "istitutori musicali" i migliori musicisti e compositori dell'epoca, i quali spesso -come avviene oggi per gli allenatori delle squadre di calcio- erano contesi dalle varie Corti e si trasferivano spesso e volentieri da una Casa Regnante europea all'altra, segnando così fortemente l'evoluzione di quella che nei secoli seguenti sarò denominata come Musica Classica Europea.
La nascita dei "Salotti" segue di pari passo la nascita della cosidetta "borghesia", cioè di quella classe sociale intermedia che, talora anche sprovvista dei necessari Quarti di Nobiltà, anche grazie all'evoluzione economica e sociale del tempo, proprio nell'Ottocento diventò l'ago della bilancia per la nascita e l'evoluzione di idee nuove che, per ciò che ci riguarda, condussero la penisola italica all'unificazione in Stato Nazionale. D'altra parte, lo sappiamo tutti, le idee "risorgimentali" ebbero origine proprio nei "salotti" (torinesi) dei primi decenni dell'Ottocento ed anche il nostro stesso Inno Nazionale (quel "Fratelli d'Italia" che è diventato Inno Ufficiale della nostra Nazione "solo" il 4 Dicembre 2017 (!)) ha avuto origine da un "salotto" borghese di Torino nel seguente modo (note tratte dagli scritti di Carlo Alberto Barrili, biografo di Mameli): "Colà, una sera di mezzo Settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno (1847 - N.d.R.) per ogni terra d'Italia (...). In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore (...). Giungeva egli appunto da Genova e, voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: 'Toh.. -gli disse- te lo manda Goffredo'. Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è, gli fan ressa d'attorno. 'Una cosa stupenda!' esclama il maestro, e legge ad alta voce e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio."... e a questo punto è Novaro stesso che parla: "Sentii dentro di me qualcosa di straordinario (...). So che piansi, che ero agitato e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo con i versi di Goffredo sul leggìo e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'Inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me. Mi trattenni ancora un poco in casa di Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte, Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio, lo scrissi su un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani; nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio. Fu questo l'originale dell'Inno Fratelli d'Italia.".
A parte il tono patriotticamente agiografico e le contraddizioni del testo (cembalo o pianoforte?), questa era l'atmosfera che si respirava nei "salotti" della borghesia di quel tempo. E la stessa atmosfera, meno intrisa però d'enfasi patriottica (anche se uno degli autori presenti nel disco partecipò alla "Spedizione dei Mille" di Garibaldi), la si respira ascoltando le musiche di questo disco che, pur non presentando l'organo come strumento protagonista, ci propone un repertorio rarissimo, in cui compaiono autori che nessuno, probabilmente neppure gli "addetti ai lavori", ha mai sentito nominare ma che, in quegli anni, costituivano quel "sottobosco" musicale, ormai da circa un secolo dimenticato, che, forte di una tradizione musicale pluricentenaria ed una preparazione tecnica di alto livello, da una parte con le trascrizioni rendeva fruibili anche da noi musiche ed opere straniere e, con le sue composizioni (solidamente ancorate alla tradizione ma con moderate aperture alla novità), teneva ben viva una cultura musicale spiccatamente "italiana" in una realtà sociale complessa, agitata e musicalmente monopolizzata dalla figura del grande "Beppino" Verdi.
Nell'ambito dei "salotti" musicali ottocenteschi, per le loro caratteristiche di intrattenimento famigliare e conviviale, lo strumento principe era, naturalmente, il pianoforte, a cui venivano di volta in volta affiancati altri strumenti (violino, violoncello, flauto) e cantanti. Alla tastiera sedevano molto spesso le giovani damigelle che effettuavano gli studi musicali sotto la guida di istitutori privati, che, altrettanto spesso, erano maestri di musica a livello locale ma che -se andiamo a vedere le loro composizioni- quasi sempre si dimostravano musicisti di ottima levatura e di grande esperienza (e gli autori presentati nel disco lo dimostrano). L'harmonium, che a quei tempi era considerato l'organo "da casa", era altrettanto utilizzato in sostituzione del pianoforte e, talvolta, era anche utilizzato in coppia con esso; a questo proposito esiste una vastissima letteratura (a partire dal Prelude, Fugue et Variation di Franck, la cui stesura originale -a detta di molti critici- fu scritta, appunto, per questa coppia di strumenti e, guarda caso, è dedicato a due fanciulle che -come usava allora- con tutta probabilità lo suonarono nell'ambito di un "salotto", anche se la "prima" di quest'opera avvenne in concerto con lo stesso Franck all'harmonium e D'Indy al pianoforte) che testimonia quanto l'accoppiata harmonium-pianoforte fosse a quell'epoca molto praticata.
Il repertorio scelto per questo disco è, come dice il titolo, "italiano", cioè presenta musiche di una serie di autori che appartennero a quella categoria dei musicisti "locali" di cui abbiamo parlato prima e che in Italia rappresentavano (e facevano) la Musica nella sua accezione più "popolare"; talvolta erano insegnanti presso scuole private di musica, oppure direttori di banda o, anche, organisti (ma molto sovente, soprattutto nelle piccole realtà di provincia, tutte queste figure coincidevano) a cui in molti casi si deve la fondazione di svariati istituti musicali, alcuni dei quali poi trasformatisi nei più prestigiosi Conservatori italiani. La caratteristica peculiare di tutte queste figure è la perfetta padronanza della materia e la perizia in un tipo di composizione che spaziava attraverso generi musicali assai diversi tra di loro, dalla musica sacra alla trascrizione, dal balletto alla romanza, dalla composizione cameristica a quella per ensemble diversi, rivelandoci figure di solida scuola e di notevole ispirazione, con amplissima conoscenza della musica europea del tempo (soprattutto di quella francese) e spesso con un atteggiamento di ricerca formale che ancora oggi stupisce per la sua novità.
Nel disco troviamo undici brani di sette autori diversi. Si comincia con la "Grande Fantaisie sur le 'Domino Noir' de Auber", brano scritto nel 1880 da Giuliano Balbi, che ci porta nel campo della trascrizione. In effetti, questa Fantasia è una successione di sei movimenti che propongono le arie più importanti di una -per quei tempi- celeberrima opera teatrale di Daniel Auber, composta nel 1837 e che a Parigi, dalla sua apparizione fino a quel momento, aveva avuto più di mille repliche ed era -oggettivamente- l'opera più nota e conosciuta in tutta Europa. Ovviamente, a quell'epoca non esistevano i mezzi di comunicazione di massa (radio, tv, ed anche il fonografo -inventato da pochi anni- non era ancora entrato nella dotazione di quei pochi facoltosi che se lo sarebbero potuto permettere) e, quindi, il modo più comune di far conoscere queste opere (ed anche quelle degli autori italiani) era -appunto- la trascrizione. L'arte della trascrizione, a quei tempi, era per lo più praticata da musicisti "di Provincia", che tramite questo genere di composizioni facevano conoscere anche dove non esistevano i teatri le musiche più "alla moda". Questo sistema era inoltre molto praticato anche con i complessi bandistici e -come ben sappiamo- con l'organo, ed è proprio in seguito a questa consuetudine che prese forma quel fenomeno per cui anche in chiesa, durante le funzioni sacre, non era per nulla raro ascoltare, magari all'Offertorio ed all'Elevazione, le arie delle più note opere di Verdi. Di Balbi in questo disco troviamo anche un altro brano, questa volta più facile, dal titolo "Sous les rosiers", un Valzer appositamente scritto per un'esecuzione gradevole ed un effetto delicato, particolarmente adatto -appunto- per i salotti musicali. Giovanni Battista Croff, milanese e figlio d'arte, fu molto attivo non solo musicalmente (fu professore al Conservatorio) ma anche, dapprima, nei moti indipendentisti lombardi (compose diverse opere corali, tra cui alcuni inni patriottici che solo per puro caso sfuggirono alla distruzione ordinata dagli Austriaci alla vigilia dei moti del 1848) e, poi, come Garibaldino nella spedizione dei Mille. Nel disco ci vengono presentati due "Duetti" composti nel 1852 per 'Harmonium ovvero Fisarmonica" e Pianoforte, in cui possiamo apprezzare una composizione di stampo squisitamente classico e di ispirazione ricca di eleganti spunti melodici e di squisita eleganza formale. Domenico Silverj è una figura abbastanza nota nell'ambiente musicale marchigiano e romano. Nobile (aveva il titolo di Conte), fu educato -come era d'uso in quei tempi- alla carriera militare e, per la sua nobiltà, all'età di diciotto anni, venne ammesso a fare parte della Guardia Pontificia, la speciale arma militare che allora (ed ancora oggi) aveva l'incarico di salvaguardare la sicurezza del Pontefice. Educato alla musica fin da bambino, durante la sua permanenza a Roma ebbe occasione di conoscere diversi grandi musicisti -tra cui anche Rossini-che influirono sensibilmente sulla sua produzione musicale. Nonostante le sue alterne vicende politiche (aderì alla Repubblica Romana, alla caduta di questa fu espulso dalla nobiltà pontificia e messo in stato di "sorvegliato speciale" per poi aderire con entusiasmo al Regno d'Italia) Silverj è conosciuto per alcune sue composizioni che divennero "famose". La principale è (titolo originale) "L'Armonia Religiosa", una marcia pontificale da lui composta per il nuovo Papa Pio IX, che venne ufficializzata come inno del Papa e che, con alterne fortune, è rimasta nel repertorio ufficiale vaticano fino a pochi anni fa (questo brano, oggettivamente di grande impatto, fu molto apprezzato e venne rinominato, in inglese, "The Silveri Trumpets"; da lì a togliere una "i" e farlo diventare "The Silver Trumpets" il passo fu breve ed ancora oggi questo brano è così conosciuto), tra le altre possiamo annoverare il "Miserere" del 1872, una Messa Solenne, un'opera teatrale ("Giuditta"), una rappresentazione musicale delle "Sette Parole di Cristo" e, sua ultima opera, lo "Stabat Mater". Tra la sua produzione "minore" troviamo anche i due brani presenti in questo disco, la "Serenata" e la "Piccola Sonata Elegiaca", la prima scritta espressamente per Harmonium e Pianoforte, la seconda per Pianoforte ed "Harmoniflute", uno strumento a tastiera di invenzione francese (fu presentato nel 1855 all'Esposizione di Parigi) che rappresentava una via di mezzo tra la fisarmonica e l'harmonium e che divenne molto celebre e popolare, tanto da godere della scrittura di un apposito "metodo" di studio. Nei due brani di Silverj presentati nel disco si coglie subito l'ottima scuola e la forte influenza del cosidetto "bel canto", di cui possiamo apprezzare diverse delicate ed elegantissime citazioni. Nel disco troviamo poi due brevi pezzi di Emilio Mantelli, i "Due Piccoli Divertimenti", anche questi concepiti per essere eseguiti con l'Harmoniflute (di cui abbiamo parlato prima) ed il Pianoforte, dove sono le sfumature di colore e il gioco espressivo tra gli strumenti a dare vita a piccoli momenti di pura evasione musicale. Il "Bollero" (sic) di Carlo Spattini, compositore vercellese di cui non troverete alcun cenno neppure nelle più complete Enciclopedie della Musica, ci testimonia invece quanto il panorama musicale italiano "salottiero" dell'Ottocento risentisse fortemente anche delle influenze dei "ritmi" di danza che a quell'epoca interessavano la musica orchestrale europea (e non solo orchestrale; il famoso "Bolero de Concert" di Lefébure-Wély, che siamo abituati ad ascoltare eseguito all'organo, in effetti fu composto per Harmonium) ed il brano di Spattini ci testimonia come anche quella tendenza musicale fosse giunta nella nostra penisola grazie al lavoro ed all'interesse dei nostri musicisti "minori". Concludono il disco le "Variazioni per Pianoforte e Fisarmonica o Harmonium" di Ferdinando Bruno, musicista napoletano pressochè sconosciuto al grande pubblico, e la "Melodia" del milanese Filippo Filippi, che non fu solo un ottimo compositore ma, anche, un apprezzatissimo critico musicale e direttore per un paio di anni della Gazzetta Musicale milanese.
Andrea Toschi e Carlo Mazzoli, entrambi bolognesi e dai curricula onusti di successi sia come concertisti che come performers in incisioni discografiche di altissimo livello (dei dischi di Toschi abbiamo già parlato diverse volte su queste pagine), in questa produzione si sono approcciati ad un repertorio per certi versi "leggero" ma impegnativo sotto il punto di vista della ricerca e della riproposizione dell'"ambiente" in cui queste musiche furono composte e venivano eseguite, con l'esatto spirito di quel tempo, che è -fondamentalmente- quello del "divertimento", inteso in due significati della parola stessa, cioè "allontanare i pensieri da una cosa per rivorgerli ad un'altra" (in questo caso, potremmo dire, distoglierli dalle preoccupazioni quotidiane per rivolgerli alla Musica) e "passare il tempo in modo piacevole, procurando diletto e svago", e non è per un caso che il disco si intitola -giustamente- "Divertimento Italiano". Sotto questo punto di vista, l'approccio risulta perfetto; Toschi e Mazzoli dialogano, si confrontano, si affiancano e divergono, si palleggiano con maestria ed esperienza i temi, gli sviluppi ed i respiri di queste musiche, ricreando alla perfezione quella che -presumiamo- era l'atmosfera dei salotti musicali dell'Ottocento e riportando, con loro, alla ribalta un repertorio che, a dispetto della "puzza di vecchio" che si potrebbe a tutta prima percepire da queste pagine finora dimenticate, ci dimostra -ma già altre volte lo abbiamo sottolineato su queste pagine- che la musica (in questo caso quella italiana) dell'Ottocento ha visto in queste centinaia di musicisti di secondo piano il vero humus da cui ha poi avuto origine la musica italiana moderna.
Alla bellezza del repertorio si unisce, poi, anche una "chicca" di filologia strumentale, che -secondo noi- è un'ulteriore dimostrazione di quanto sia stata accurata la preparazione e la realizzazione di questo disco. Per l'interpretazione Toschi e Mazzoli hanno infatti scelto due splendidi strumenti d'epoca, rispettivamente un harmonium a pressione Kasriel datato 1905 ed uno splendido pianoforte targato Pleyel risalente al 1860.
Anche se questo disco non rientra propriamente nell'ambito della musica organistica che siamo soliti recensire, lo abbiamo trovato assolutamente splendido, di grande interesse musicale e storiografico e straordinariamente gradevole all'ascolto. Lo consigliamo davvero con piacere a tutti i nostri lettori... e che divertimento sia!



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