Logo Arretrati

Integrale di Pietro Yon




Pietro Alessandro Yon - Complete Organ Works
Organista: Elisa Teglia
Organi: Duomo di Como
Cattedrale di Cuneo
Chiesa della Natività della B.V.Maria di Trebaseleghe
Chiesa della SS.Annunziata di Bologna
Tactus - DDD - TC 882370 - 2018

Più di vent'anni fa, quando le pagine di questo sito erano agli esordi, avevamo trattato la figura di Pietro Alessandro Yon in questa pagina ed avevamo datto che, allora, di incisioni discografiche delle sue opere organistiche qui in Italia -ed in Europa- se ne potevano contare davvero pochissime (alcuni brani incisi da Nosetti, Parodi, Sacchetti e pochi altri), mentre -al contrario- negli Stati Uniti d'America, dove egli è stato sempre considerato uno dei fondatori dell'arte organistica "americana", moltissime case discografiche lo avevano celebrato con importanti ed apprezzatissime incisioni.
Dalla pubblicazione di quella pagina ad oggi sono cambiate moltissime cose e, anche grazie alla comparsa sulla grande rete dei canali video generalisti (Youtube, Vimeo, etc.), la conoscenza della musica organistica si è ampliata in modo esponenziale, rendendo possibile, da una parte, la riscoperta a livello planetario di tantissimi autori fino ad oggi sconosciuti (oppure conosciuti solo agli addetti ai lavori) e, dall'altra, ha consentito a molte case discografiche la produzione di incisioni "dedicate" appositamente a tali figure, tra le quali -appunto- Pietro Yon (abbiamo recensito QUI un bel disco a lui dedicato da Andrea Toschi e Marco Alpi e QUI alcuni video di sue composizioni).
Esiste una bella integrale (finora parziale, di tre CD, alla quale mancano ancora le tre sonate, l'unico movimento pubblicato della quarta -Pastorale- ed un paio di altri brani ma che comprende anche la versione del Concerto Gregoriano per organo e pianoforte) edita da Elegia Classics in cui le opere di Yon sono interpretate da Diego Cannizzaro e Massimo Gabba agli organi della Cattedrale di Messina (Tamburini 1948), della chiesa del Santo Volto di Torino (Ruffatti 2007, progetto di Massimo Nosetti) e della Basilica di S.Gaudenzio di Novara (Mascioni 1948). Quella che mancava finora era un'integrale realizzata da un singolo organista su strumenti italiani di epoca coeva all'autore, che rimarcasse in modo ancora più deciso l'"italianità" di Pietro Alessandro Yon poichè egli, nonostante le vicende personali lo avessero portato a diventare cittadino statunitense e laggiù abbia espletato per intero la sua carriera musicale, era e rimase sempre un italiano figlio della sua terra (Settimo Vittone, vicino a Torino, dove ancora oggi esistono diversi nuclei famigliari con il suo cognome, uno dei quali risiede nella via a lui dedicata, peraltro con il toponimo sbagliato di "via Pietro A. Jon"). E l'Italia Pietro la portò sempre dentro il suo cuore fino alla fine della sua vita, avvenuta nel 1943, dedicando proprio alla sua terra natale un bel brano ("Christmas in Settimo Vittone") ed alla nostra penisola diversi brani evocativi e di rara delicatezza ("Christmas in Sicily", "Cornamusa Siciliana", "Pastorale Sorrentina" e la splendida "Rapsodia Italiana" in cui temi popolari e patriottici (tra i quali l'Inno di Garibaldi e "La Bella Gigogin") vengono presentati in un caleidoscopio musicale particolarmente rappresentativo della realtà italiana, da poco consolidata come unità nazionale, del primo Novecento). Ma Pietro Yon si sentiva anche figlio -adottivo- della grande nazione "americana" (cioè statunitense) e, come tale, anche ad essa dedicò diverse pagine di grande suggestione tra le quali la famosissima e conosciutissima "American Rhapsody" in cui -anche qui- ci presenta un affresco musicale nel quale spiccano diverse melodie popolar-patriottiche americane (tra cui anche "The Star-Spangles Banner", l'inno nazionale americano) e, non direttamente ma per stretta analogia stilistica, gli echi squisitamente "yankees" che caratterizzano il "Concert Study n. 1".
Abbiamo salutato quindi con grande soddisfazione l'apparizione sul mercato di quest'altra interessantissima integrale, interpretata dalla brava Elisa Teglia, che ci propone le opere di Pietro Yon in tutta la loro splendida completezza e varietà stilistica e che, con squisita delicatezza, ci "riporta a casa" questo autore proponendocelo su ben quattro splendidi organi italiani, tre dei quali assolutamente coevi all'autore. In effetti, il problema più "filologico" che si presenta per l'interpretazione delle musiche di Yon è proprio quello della scelta degli strumenti. E' fuori di dubbio che gli organi per cui egli scrisse le sue opere sono i grandi strumenti delle chiese e delle sale da concerto statunitensi, già fin da allora ricchissimi di tavolozze timbriche e di accessori tecnico-fonici che in Italia (a parte alcuni sporadici casi) non era assolutamente consueto poter apprezzare. E questa stretta connessione con gli organi americani sono ben evidenti nelle partiture di Yon, che prevede spesso ed espressamente l'utilizzo di registri percussivi come l'Arpa o le Campane e, altrettanto espressamente, spesso prevede un utilizzo altamente virtuosistico di un tipo di pedaliera molto estesa e dalle caratteristiche strutturali (solitamente radiale e concava) che qui da noi ben pochi organari allora utilizzavano. La prima tentazione che verrebbe ad un organista italiano per interpretare le musiche di Pietro Yon sarebbe, quindi, di trasvolare e, come suol dirsi, "pescare nel mucchio" delle centinaia di grandi organi che, di là dall'Atlantico, ottimamente -e in modo filologicamente assolutamente correttissimo- si presterebbero a questo scopo. La seconda soluzione è quella adottata da Elegia Classics per la sua integrale, cioè di utilizzare organi italiani di costruzione più recente (cioè di tipo "eclettico") e timbricamente molto adatti all'interpretazione di questo repertorio. Elisa Teglia ha scelto una terza via, forse più impegnativa, ma anche più gratificante, cioè quella di andare alla ricerca di strumenti italiani "coetanei" di Yon e che più presentino affinità con le richieste fonico-timbriche delle sue composizioni. Li ha trovati nell'organo del Duomo di Como (Balbiani-Vegezzi Bossi 1932), in quello della Cattedrale di Cuneo (Vegezzi Bossi 1914) ed in quello della Chiesa della Natività della Vergine Maria di Trebaseleghe (Tamburini 1914), ai quali ha aggiunto un organo più recente (Zanin 1964) in omaggio alla sua terra (Elisa Teglia è bolognese), quello della chiesa dell'Annunziata -appunto- di Bologna.
Ma di questi strumenti parleremo più avanti. Torniamo ora al contenuto di questi quattro ottimi dischi, dove -oltre ai brani già prima citati- troviamo tutta la produzione organistica solista di Pietro Alessandro Yon (ma, per la verità, egli fu anche un prolifico compositore di musica strumentale, orchestrale e liturgica) che comprende, oltre ai titoli già prima citati, le tre Sonate ("Sonata Prima", "Sonata Cromatica" e "Sonata Romantica"), la "Prima Suite Religiosa" dedicata all'Avvento, il "Processionale di Pasqua - Cristo Trionfante", l'"Hymn of Glory", la "Pastorale" (unico movimento pubblicato della quarta sonata), "Gesù Bambino" (il brano più noto ed apprezzato negli States, dove è sempre eseguito per le Feste Natalizie in una miriade di trascrizioni per qualsiasi tipo di organico strumentale e vocale), il "Concerto Gregoriano" (qui nella versione per organo solo), il "Second Concert Study", i rimanenti brani della collezione dei 12 Divertimenti" ("Rimembranza", "Elan du Coeur", "Minuetto antico e Musetta", "Eco", "Arpa Notturna", "Trio all'Ottava", "Humoresque-L'organo primitivo" e "Speranza") e le altre composizioni singole ("Elegia", "Marche Pastorale", "Canto Elegiaco", "Preludio Pastorale Dies est Lætitiæ", "Toccata" e "La Concertina-Suite Umoresca").
Non tratteremo qui l'estetica musicale di Yon (lo abbiamo già fatto nelle precendenti trattazioni); ci limiteremo a ricordare che la grande scuola organistica italiana da cui egli proveniva, e di cui è stato a sua volta uno dei migliori esponenti, gli ha permesso di esprimere all'organo tutte le caratteristiche di un periodo musicale fertilissimo e di grande importanza, che vedeva da una parte una scuola di solidissima tecnica ed un'espressività che, prendendo le mosse dalla musica orchestrale italiana del Primo Novecento, con la sua spiccata e deliziosa cantabilità e con una concretissima ma sofisticata costruzione delle armonie, ha reso possibile una produzione musicale che comprende i molteplici aspetti della composizione organistica. Nella sua produzione troviamo tutti i gradi della tecnica (dalla semplice melodia accompagnata al brano concertistico di grande spettacolo), ma è il grado di "difficoltà" interpretativa che rimane sempre su livelli molto alti. In effetti tutti i suoi brani, dal più apparentemente semplice fino al Finale del Concerto Gregoriano, necessitano di una profonda conoscenza e di una assoluta padronanza di quella che era la scuola organistica italiana di quell'epoca. Non si può affrontare l'interpretazione delle musiche di Yon senza sapere da dove egli veniva (Burbatti, Sgambati, Renzi, Fumagalli, Remondi) e, soprattutto, dove sarebbe andato. A questo proposito è interessante notare che egli, negli Stati Uniti, non fu solo il "grande concertista" che stupiva le platee (anche altri nostri organisti lo fecero, e con grande successo) ma fu anche -e per questo è là molto ricordato ed apprezzato- un ottimo didatta (ricordiamo qui la scuola di musica che fondò con il fratello Costantino) che contribuì in modo decisivo alla trasformazione della scuola organistica "americana" da quella che era un'estetica tardo-ottocentesca importata dall'Europa (in special modo dall'Inghilterra e dalla Francia) a quella che sarà la musica americana (non solo organistica) del XX secolo; questo è tanto vero quanto il fatto che molti allievi della scuola degli Yon diventeranno grandi nomi nel panorama del Novecento americano in campi musicali anche differenti dall'organo (un nome per tutti: Cole Porter). Sotto questo punto di vista, quindi, Pietro Alessandro Yon può essere considerato -e per gli statunitensi in effetti lo è- come uno dei fondatori della Musica "americana" del Novecento.
Elisa Teglia è una nostra bravissima organista che, dopo aver studiato con Matesic, ha approfondito il repertorio romantico (con van Oosten), l'improvvisazione e la musica antica. Laureata in Musicologia ed autrice di un interessante studio monografico dedicato a Theodore Dubois, ha svolto attività didattica presso diversi Conservatori italiani (Frosinone, Cuneo) ed attualmente insegna Organo presso il Conservatorio di Reggio Calabria. All'attività di ricerca musicologica e di docenza, affianca una corposa attività concertistica che l'ha portata ad esibirsi, sempre con lusinghieri successi, in tutta Europa, dove è particolarmente apprezzata per le sue interpretazioni del repertorio francese romantico e per le sue improvvisazioni.
Il suo approccio con la musica di Yon appare subito molto confidenziale e, a differenza di molti organisti statunitensi, le sue interpretazioni mettono subito in evidenza quello che a tali organisti manca: il background musicale "italiano" di cui le opere di questo autore sono letteralmente impregnate. Come abbiamo già detto, dietro alle musiche di Yon ci stanno i grandi musicisti italiani di fine Ottocento-primo Novecento (li abbiamo citati), musicisti che gli organisti americani non conoscono (ma spesso non sono conosciuti neppure da quelli italiani...) e che non fanno parte della storia musicale americana. Se -per fare un piccolo esempio- nella famosa pastorale "Gesù Bambino", che negli States è un vero e proprio "must" della musica natalizia, gli Americani vedono un bel "pezzo caratteristico" da sfoggiare con eleganza e grazia, a noi italiani questo brano evoca -letteralmente- immagini e panorami natalizi che ognuno di noi -a seconda delle regioni in cui è nato e cresciuto- ha realmente conosciuto e vissuto (personalmente, le varie composizioni di Yon per il Natale -Festa per la quale egli aveva una speciale predilezione- ci ricordano gli anni d'infanzia quando, nei giorni precedenti il Natale, i suonatori di cornamuse e "ciaramelle" passavano nelle vie della nostra città spandendo allegria e speranza nella venuta del Salvatore). Ecco, nelle interpretazioni di Elisa Teglia noi ritroviamo anche questo duplice aspetto musical-popolare che, per ovvi motivi, non può essere nè colto nè esplicato dai tanti e pur bravissimi organisti americani che con le musiche di Yon si confrontano pressochè quotidianamente.
Questo approccio è, secondo noi, oltre alle notevoli qualità tecniche che la Teglia ci dimostra in questi dischi, uno dei più interessanti punti di forza che caratterizza questa produzione discografica. Oltre a ciò, risulta evidente che l'organista ha "preparato" con una cura quasi "scientifica" le incisioni andando ad indagare, da brava musicologa qual'è, la personalità musicale dell'autore, il suo retroterra culturale e la complessità del periodo musicale, peraltro diviso su due mondi musicali molto diversi, in cui Yon ha svolto la sua attività. Tutto questo, unito ad una capacità di lettura della partitura (e qui, lo ricordiamo sempre, per "lettura" non intendiamo il leggere le note, ma cercare, capire e riuscire a rappresentare tutto quello che si cela dietro di esse) veramente approfondita ed una tecnica esecutiva molto raffinata in cui il virtuosismo raggiunge altissimi livelli senza peraltro mai sfociare in quel "sopra le righe" (che spesso travalica nel "kitsch") che si riscontra in molti interpreti statunitensi, costituisce il pregio di questa integrale, che riteniamo sia particolarmente degna di attenzione e considerazione.
Abbiamo prima citato la filosofia che ha guidato Elisa Teglia nella scelta degli strumenti. Sono tutti organi italiani di grandi dimensioni, tre dei quali assolutamente coevi all'autore, che si rivelano -per qualità tecniche, disposizioni foniche e tavolozze timbriche- assolutamente perfetti per la musica di Yon.
Il Balbiani Vegezzi-Bossi del Duomo di Como, realizzato nel 1932 e successivamente ampliato in diversi interventi (l'ultimo dei quali nel 2000 ad opera di Mascioni) presenta cinque corpi fonici suddivisi su quattro tastiere e pedaliera, per un totale di 68 registri nominali (108 reali) a cui si aggiungono i due registri meccanici di Arpa e Campane, che sono spesso richiesti espressamente da Yon nelle sue composizioni. Lo strumento della Cattedrale di Cuneo, realizzato da Francesco Vegezzi-Bossi nel 1914, presenta invece 47 registri nominali (pari a 64 reali) ed il registro delle Campane. A Trebaseleghe troviamo invece un Tamburini, anch'esso costruito nel 1914 e "rielaborato" da Bonato nel 2004, che su tre tastiere e pedaliera conta 72 registri nominali (98 reali) tra i quali alcuni di grande personalità (tra cui le Tube Mirabilis, le Viole Pompose e le chamades) ed assolutamente necessari per il repertorio di Yon. Lo Zanin 1964 della chiesa dell'Annunziata di Bologna si presenta invece più "misurato" nell'equilibrio fonico-timbrico (e, d'altronde, tra esso e gli altri intercorre mezzo secolo) che conta 46 registri nominali, pari a 64 reali su tre tastiere e pedaliera. Se gli strumenti più "vecchi" presentano intatte le caratteristiche timbriche della loro epoca, con molti registri coloristici e d'effetto (Concerti Viole, Violoni, Violini e Violoncelli, Dulciane, Salicionali, Armonie Eteree, Voci Angeliche, ecc.), lo Zanin 1964 denota un'impostazione più "italiana classica" in cui è la piramide del Ripieno, assieme ai diversi tipi di Flauto, alle mutazioni ed alle brillanti ancie, a caratterizzarne il profilo fonico. Elisa Teglia utilizza questi strumenti suddividendo il repertorio a seconda delle loro caratteristiche. I brani di carattere più "organistico puro" (Sonate, Concert Studies, Toccata ed altri) ce li presenta sullo Zanin di Bologna, ad altri due (Como e Cuneo) dedica la parte di repertorio più "espressivo-coloristico-descrittivo-evocativo" mentre al Tamburini di Trebaseleghe, che risulta -grazie anche alle integrazioni di Bonato del 2004- di carattere molto "eclettico", dedica le altre composizioni, tra le quali il "Concerto Gregoriano", che con questo organo, letteralmente, "ci va a nozze".
L'incisione di questa integrale si è svolta in quattro sessioni di registrazione che hanno impegnato l'organista per un anno (Luglio 2016, Gennaio, Aprile e Giugno 2017). La registrazione, l'editing e le procedure di post-produzione sono state effettuate da Giuseppe Monari. La presa di suono, particolarmente accurata e "dedicata" alle caratteristiche fonico-timbriche di ogni strumento, ci rende splendidamente i suoni, le atmosfere e le nuances che le voci di questi organi riescono a suscitare, compresi i "rumori" prodotti dai meccanismi dei registri meccanici (Campane, Arpa) che -contrariamente a quello che alcuni "puristi" del suono sostengono- non risultano affatto "fastidiosi", bensì ce ne rendono con assoluta fedeltà le caratteristiche più complete. Rumore di fondo calibrato e misurato, "ambiente" sapientemente dosato, resa degli insiemi di grande compattezza e giusta sottolineatura delle voci solistiche fanno di questa produzione -a nostro parere- una delle migliori nel panorama discografico italiano dello scorso anno.
Sobrio e pratico cofanetto, esauriente e completo libretto di 24 pagine (più copertine) con interessanti approfondimenti sull'autore e sul repertorio a cura della stessa Elisa Teglia e di Lorenzo Postuggia (in Italiano ed Inglese), ampia e completa descrizione degli strumenti utilizzati con belle immagini a corredo, il tutto per una veste grafica compatta ed elegante.
Che dire in conclusione? Sicuramente si tratta di una produzione che si ritaglia di diritto un posto di merito nel mercato discografico internazionale e che, supponiamo, sarà particolarmente gradita non solo qui in Italia ed in Europa ma, a maggior ragione, negli Stati Uniti d'America, dove la figura di Pietro Alessandro Yon è molto più conosciuta ed apprezzata. Il repertorio, "alto" ma sempre ben gradevole anche per un ascolto "disimpegnato" ed "occasionale", rende quest'integrale assolutamente indispensabile per tutti coloro che amano la musica organistica. Acquistate questo disco e... Buon Ascolto!



Torna all'Indice Recensioni
Torna all'Indice Categorie


Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2019