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Roberto Marini plays Flor Peeters




Flor Peeters - Organ Music
Organista: Roberto Marini
Organo: Kristus-Koningkerk di Antwerpen
Brilliant Classics - 2CD - DDD - 95637 - 2019

Abbiamo recensito in queste pagine diverse altre performances discografiche di Roberto Marini e sempre ne abbiamo sottolineato le grandi doti musicali ed interpretative; a latere di queste sue indiscutibili doti ne abbiamo apprezzata in particolar modo un'altra, quella di andare a cercare -e trovare- per le sue interpretazioni gli strumenti più adatti al repertorio ed all'autore. Ciò è palese in quasi tutta la sua produzione discografica (in particolar modo nell'integrale di Reger) ed anche in quella che trattiamo oggi. Per le musiche di Flor Peeters incise su questo doppio CD, Marini non solo si è scelto uno dei migliori organi fiamminghi ma, anche, uno degli strumenti più "vicini" all'estetica musicale dell'autore, molto simile a quello su cui lo stesso Peeters fu organista durante tutta la sua carriera.
Di Flor Peeters abbiamo già parlato ampiamente su questa pagina e dobbiamo dire che, a livello personale, consideriamo questo autore tra i migliori esponenti del Novecento organistico europeo. Non esistono molte incisioni discografiche (non più di 5 o 6) interamente dedicate a questo autore; oltre a queste sono, a nostro parere, assolutamente dirimenti e significative le tre incisioni (due LP del 1970 ed uno del 1976) effettuate dallo stesso Peeters alla consolle del "suo" organo di Mechelen, che mettono tre punti fermi sulla sua tematica compositiva ed interpretativa.
Quello che colpisce di più nella scelta del repertorio di questa incisione è l'assoluta mancanza dei "Corali", cioè di quei quasi duecento brani che Peeters, sia sotto forma di "Preludi al Corale" che di "Inni", ha dedicato alla liturgia. Se questa scelta può apparentemente denotare una preferenza dell'interprete per gli aspetti più "concertistici" della musica di Peeters, la mancanza di altri brani che solitamente gli organisti utilizzano a questo scopo (uno per tutti, il "Concert Piece", che in quest'incisione non c'è) ci fa riflettere sulle modalità che hanno guidato Marini nella scelta del repertorio. Scorrendo i titoli del disco possiamo vedere che il periodo preso in considerazione da Marini va dal 1925 ("Symphonic Fantasy on an Eastern Gregorian Alleluia") al 1973 ("Paraphrase on Salve Regina"). Se noi pensiamo che dal 1973 al 1986 (anno della sua morte) Peeters produsse altre dodici composizioni per organo rispetto alle più di trecento precedenti, possiamo constatare che Marini ha voluto rappresentare in quest'incisione tutta la parabola artistica dell'autore che, come abbiamo sottolineato nella pagina a lui dedicata, ha effettuato un percorso che, partendo dal sinfonismo organistico delle origini, lo ha portato nel tempo ad affinare una tecnica compositiva che si è sempre più orientata verso un neoclassicismo che se nelle prime sue manifestazioni si "appoggiava" alle formule dei neoclassici tedeschi (nella Sinfonia per Organo del 1940 troviamo tutti -ma proprio tutti- gli spunti musicali che caratterizzano la Prima Sonata per organo di Hindemith, composta solo tre anni prima), successivamente ha cercato e trovato dapprima un punto di equilibrio per poi consolidarsi in un'estetica che approda ad un linguaggio del tutto nuovo ed assai caratterizzato dalle origini classiche della musica fiamminga. Non per nulla Peeters, che è universalmente considerato il più grande autore "belga" del Novecento, non ha mai rinunciato a definirsi, peraltro orgogliosamente, come musicista "Fiammingo".
E Roberto Marini rende un doveroso omaggio a quest'orgoglio aprendo l'incisione con la "Vlaamse Rhapsodie" (Rapsodia Fiamminga) che Peeters compone mentre si trova a Knokke (sul Mare del Nord) nel 1935 e dedica alla sua terra costruendo una magnifica serie di variazioni sul tema di una canzone popolare fiamminga ("Ik zag Cæcilia komen, langs enen waterkant"); sicuramente questo brano, che non è tra i più conosciuti a livello internazionale, è -oltre che un vero e proprio atto d'amore rivolto alla sua terra ed alle sue tradizioni- uno dei brani più entusiasmanti -e difficili- della produzione organistica di Peeters. Segue la "Suite Modale" del 1938, l'"Aria" del 1945 e l'"Elegie" del 1935 (dedicata alla memoria della madre). Si saltano poi trentotto anni e possiamo ascoltare la "Paraphrase on Salve Regina" del 1973, composizione assolutamente significativa dell'ormai raggiunta maturità artistica dell'autore, per poi passare alla "Lied Symphony", composta nel 1948 a seguito di una tournée effettuata l'anno precedente negli Stati Uniti e che si rivela un inno musicale di ringraziamento che l'autore dedica alla Natura ed al suo Creatore formato da cinque "quadri" musicali dedicati, rispettivamente, all'Oceano, al Deserto, ai Fiori, alle Montagne e, per finire, al Sole. Sicuramente una delle composizioni più intimamente "descrittive" che Peeters realizza in uno stile "evocativo" di grande suggestione e potenza immaginifica. Il secondo disco si apre con la "Toccata, Fugue et Hymne sur Ave Maris Stella", composta nel 1933 e dedicata a Charles Tournemire (di cui si possono percepire echi molto significativi) a cui segue un'opera ancora precedente, la "Symphonische Fantasie" sopra il tema gregoriano dell'Alleluia Pasquale, composta nel 1925 e dedicata da Peeters alla memoria del suo maestro Oscar Depuydt. I "Drei Preludien und Fugen" del 1950 sono dedicati al fratello Guido (valentissimo studioso e critico musicale) e testimoniano l'avvicinamento di Peeters alla musica modale, che egli utilizza qui come tonalità per i tre brani, rispettivamente costruiti sui modi Lidio, Dorico e Misolidio. Si ritorna poi indietro al 1929 con le "Variationen und Finale über ein altflämisches Lied", dedicate a Marcel Dupré e costruite sul tema del canto popolare "Leat ons mit herten reyne", per concludere con la "Sinfonia per Organo" del 1940, dedicata alla moglie, di cui abbiamo già sottolineato le origini tematiche e formali di carattere squisitamente hindemithiano.
Come si può vedere, il repertorio scelto da Roberto Marini per quest'incisione è una specie di percorso musicale attraverso la personalità (ed anche la persona) di questo grande compositore (che per pura sfortuna non siamo riusciti a conoscere di persona) e non deve ingannare l'apparente "saltabeccare" da un periodo all'altro poichè in questa incisione è sempre ben presente il "fil rouge" che unisce, spesso anche con più di un legame, queste composizioni che ci presentano una figura assolutamente maiuscola dell'organo europeo del Novecento. Risaltano qui le origini squisitamente "sinfoniche" di Peeters, la sua costante ricerca di un linguaggio "nuovo" ma sempre ben connesso alla tradizione fiamminga, gli spunti derivanti dall'amicizia personale con gli altri grandi organisti e compositori europei del Novecento con cui egli era amico ed intratteneva una costante ed assidua corrispondenza, le suggestioni derivate dalle sue tournées statunitensi che gli consentirono di acquisire panorami musicali (e non solo musicali) di amplissimo respiro, un lavoro di appassionata e continua ricerca di un ideale musicale assolutamente personale e, infine, un grande amore per la sua terra, sempre ben presente in tutta la sua produzione.
Roberto Marini ci presenta tutto questo con l'accuratezza, la tecnica, la ricerca e l'appprofondimento che caratterizzano tutte le sue produzioni discografiche. Non dobbiamo qui ripetere le lodi che già ampiamente in passato gli abbiamo rivolto per la sua splendida musicalità, la sua perizia nell'"entrare" nelle pieghe più nascoste della musica e della sua capacità, straordinaria, di proporci sempre e comunque ogni autore nella luce più "giusta"; ci limiteremo a dire che anche qui, come in tutti gli altri suoi dischi, egli ci propone un "viaggio" che non va alla ricerca degli aspetti più virtuosistici e d'effetto ma, bensì, va a scoprire aspetti ben più profondi dell'ispirazione che li guida, ed alle -prevedibili- critiche che gli amanti della velocità e dello "spettacolo" fine a se stesso quasi sicuramente gli rivolgeranno (la sua Vlaamse Rhapsodie dura -esattamente- tre minuti in più di quella interpretata dallo stesso Peeters), egli risponde con una visione d'insieme accuratissima ed approfonditissima, presentandoci non una serie di brani slegati e disconnessi, ma un "percorso" musicale a tutto tondo in cui ogni cosa ha un suo perchè ed è strettamente interconnessa con il resto. In questi CD noi non ascoltiamo "alcuni brani" di Peeters, bensì "la musica" di Peeters, che è tutt'altra cosa.
Abbiamo citato in apertura l'ottima scelta dello strumento per la realizzazione di quest'incisione. Sicuramente la predilezione per l'organo della Kristus-Konigkerk di Anversa è stata guidata dalla volontà di rappresentare al meglio il percorso musicale che caratterizza la produzione di Peeters e, aggiungiamo noi come parere personale, ci pare che questa scelta sia stata davvero ottima. Si tratta di un grande strumento, realizzato da Klais nel 1930, che conta quattro tastiere e pedaliera (come quello di Mechelen, leggermente più grande e realizzato quasi trent'anni dopo, nel 1958, da Stevens) e 72 registri nominali, pari a 98 reali (quello di Peeters a Mechelen ne conta invece 83 nominali, pari a 118 reali). Nonostante i trent'anni di differenza che intercorrono tra i due organi, quello che appare evidente e che li accomuna è la disposizione fonica, ricca di fondi possenti e robusti, Ripieni di spiccato carattere e brillantezza, ancie di grande sonorità e molto ben calibrate ed un'abbondante dotazione di mutazioni semplici e composte (Terze, Quinte, Sesquialtera, Cornetti) a tutte le tastiere che gli consentono di rappresentare al meglio le caratteristiche di un repertorio che necessita di strumenti timbricamente molto "completi" per poterne rappresentare al meglio tutte le caratteristiche e potenzialità. Dalle prime impressioni d'ascolto di questo organo, esso ci sembrerebbe leggermente più "pesante", soprattutto per ciò che riguarda gli insiemi, rispetto a quello di Mechelen (che abbiamo a suo tempo avuto modo di provare e che, a nostro parere, mostra una "chiarezza" maggiore ed una più spiccata impostazione "neoclassica") ed un carattere molto "germanico" e vicino a quello del Klais 1937 della Cattedrale di Gent, molto più grande ed articolato e che, a suo tempo, avevamo trovato veramente "difficile" da "guidare" anche per via della grande distanza tra la consolle ed i vari corpi d'organo. Al netto delle considerazioni personali, comunque, l'organo scelto da Marini per quest'incisione, pur rivelandosi più affine alla musica del Peeters "giovane", presenta tutte le caratteristiche per descrivere pessochè alla perfezione un repertorio che racchiude in uno stesso autore le diverse tendenze organistiche del Novecento ed è stato molto gratificante per noi, in un panorama organario europeo ormai dominato da un neoclassicismo persin troppo "spinto", ascoltarne le sonorità ampie, piene, robuste e magistralmente amalgamate così come le voci solistiche di grande carattere, personalità e suggestione.
Le registrazioni sono state effettuate nel mese di Novembre 2017 con alla consolle di mixaggio Marien Stouten, che alle attività di organista (diplomato a Gent con Michiels, è titolare alla Nicolaaskerk di Brouwershaven, in Olanda), direttore di coro, docente di organo e produttore musicale affianca anche quella di valente tecnico del suono, che svolge anche nel campo della realizzazione di organi virtuali per la "Voxus Virtual Organs", ditta olandese da lui fondata nel 2009 insieme ad altri due amici (Bert-Jan de Waard e Roland van den Berg) e che ha realizzato importanti ed apprezzatissime versioni "virtuali" (da utilizzarsi con "Hauptwek") di grandi strumenti tra cui il Muller 1738 di Haarlem (Olanda) e lo Stahlhuth-Jann 2002 di Dudelangen (Lussemburgo). Da buon organista, Stouten riesce a cogliere qui tutte le caratteristiche timbrico-foniche dell'organo con un'ottima presa di suono e con una fedeltà di "sostanza", sia per gli insiemi che per le varie voci solistiche, molto accurata, con un "ambiente" ed una "presenza" veramente apprezzabili. Il lavoro di editing e realizzazione dei masters è stato poi effettuato in Italia dal nostro Federico Savio, con la sua nota e consueta alta perizia ed abilità; il risultato finale, a nostro parere, è veramente eccellente.
Molto apprezzabile, infine, la veste grafica, che comprende un libretto a corredo di sedici pagine con note sul repertorio di Roberto Marini, descrizione accurata dell'organo, consuete note biografiche sull'interprete (tutto in lingua Inglese ed Italiana) ed un'essenziale iconografia.
Si tratta di una produzione importante, di grande valore e di altissima qualità, che va ad arricchire in modo oltremodo significativo il panorama discografico internazionale con un imperdibile contributo alla conoscenza di un autore che, nonostante sia molto conosciuto, non è stato finora valorizzato a sufficienza. Riteniamo questo doppio Cd assolutamente fondamentale per la nostra -e per la vostra- discoteca.



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