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Improvvisazioni su liriche di Cécile Sauvage - Paolo Bottini




...dalla porta delle rondini...
Organista: Paolo Bottini
Voce Recitante: Elena Bugini
Organo: Grand'Eglise di Saint-Etienne
Fugatto Records - CD - DDD - FUG078 - 2019

"Hors des sillons battus". Questa frase, che negli Anni Settanta del secolo scorso era il "sottotitolo" di una serie di incisioni discografiche di musica organistica "rara" edita dalla francese Fy Records, ci è tornata alla mente ascoltando quest'ultimo disco di Paolo Bottini. In parole povere, essa indica chi si discosta dalla strada comoda, percorsa da tutti, per avventurarsi in strade nuove, sconosciute, che portano a ben diversi orizzonti. E Paolo Bottini, anche in questo caso, come in altri che abbiamo già apprezzato su queste pagine, dimostra una sana e robusta attitudine a viaggiare "fuori dai solchi segnati" per intreprendere percorsi diversi, non abituali e quasi sempre assai affascinanti. L'occasione, questa volta, gli viene offerta dalle opere della poetessa francese Cécile Sauvage, molto nota nell'ambiente letterario europeo del Primo Novecento e madre, anche se non tutti lo sanno, di Olivier Messiaen, uno dei più grandi musicisti del secolo scorso.
Non è questo il luogo più adatto per descrivere la poetica e le opere di questa scrittrice; noi ci occupiamo di musica organistica, ma è ampiamente evidente che i legami tra questa poetessa e la musica sono assoluti ed indissolubili. Cécile Sauvage, appellata come "poétesse de la maternité", è stata una figura che nel panorama letterario del primo Novecento ha rappresentato un particolare filone culturale in cui era la semplicità della natura, gli affetti più profondi, la serenità delle piccole cose quotidiane ed il vivere con gioia le fasi della vita (in particolare la maternità) erano i punti focali, che ella descrive nelle sue opere con una leggerezza assolutamente particolare, quasi disarmante di fronte ad una persona che, sic et simpliciter, mette a nudo il suo animo e lo condivide con parole semplici, amicali, quasi sussurrate all'orecchio ma che riempiono l'anima e aprono finestre enormi verso l'infinito.
Indubbiamente questo atteggiamento mentale della Sauvage ha influito fortemente sulla personalità di Olivier Messiaen, che nelle sue musiche rispecchia molti di questi aspetti, primo tra tutti la serenità d'animo, che traspare in diverse sue opere ed è sottolineata anche da alcuni titoli come, ad esempio, le "Allelujas sereins d'une âme qui desire le ciel" de L'Ascension ("serene", non rimbombanti, nè sguaiate) così come anche l'atteggiamento che egli dimostra nei confronti della maternità, verso la quale, nella sua grande opera "La Nativité du Seigneur", manifesta gli stessi atteggiamenti che la madre aveva a suo tempo espresso nella raccolta "L'âme en bourgeon" (Il germoglio di un'anima) quando ne stava attendendo la nascita. Dalla madre, Olivier ha anche ereditato l'atteggiamento di stupore e di assoluta compenetrazione con la natura, vista come grande madre dell'Umanità e -anche qui- tante sue composizioni lo dimostrano (ad esempio "Les oiseaux et les sources" della Messe de la Pentecôte) così come le lunghe passeggiate che egli spesso faceva nella Foresta di Fontainebleau dove, immerso -proprio come sua madre- nella natura, annotava con cura i canti delle varie specie di uccelli per poi trasportarli nelle sue composizioni più emozionanti. Sotto questo punto di vista anche Olivier, come prima di lui sua madre aveva fatto per la sua opera letteraria, "prende" la Natura (con la "N" maiuscola) come grande ispiratrice della sua produzione musicale.
L'attaccamento e la devozione di Olivier Messiaen per la madre furono tra i sentimenti dominanti della sua vita, tanto che egli, nella sua maturità musicale, volle "contraccambiare" le poesie che la madre gli aveva dedicato prima della nascita con una serie di improvvisazioni organistiche ispirate proprio da quei versi.
Non è la prima volta che la musica organistica trova un connubio forte con la poesia o con la letteratura (in questa pagina avevamo a suo tempo recensito un bel disco di musica e poesia spagnola) ma se solitamente si tende ad unire le liriche a brani d'autore che ne dimostrano una qualche affinità, in questo caso Bottini utilizza l'arte dell'improvvisazione per "interpretare" quello che le poesie ci vogliono dire, quasi a tradurre nel linguaggio universale della musica i messaggi che in esse sono contenuti e che non potrebbero essere comprensibili da chi non conosce la lingua francese. In quest'ottica, l'organista funge da "interprete universale", assumendosi l'onere (e l'onore) di "interpretare" un messaggio artistico e di renderlo disponibile a tutti.
Per questo gravoso compito Paolo Bottini adotta lo stesso metodo di Olivier Messiaen, andando ad "estrarre" dalle varie poetiche il "senso" più universale ed utilizzando questo "distillato" per la costruzione di una serie di tredici improvvisazioni che, alternandosi alle liriche recitate da Elena Bugini, vanno a scandagliare e ci propongono un emozionante quadro dei vari aspetti lirici ed intimistici della produzione di Cécile Sauvage, rendendocela via via sempre più vicina, amica e -perchè no- anche sentimentalmente complice.
Le liriche presentate e commentate in musica del disco sono estratte da diverse raccolte ("L'anima in boccio", "Pensieri ed estratti di lettere", "Primavera/Primula", "Santa Maria Egiziaca") e spaziano attraverso le rappresentazioni più genuine e spontanee dell'animo della poetessa, attraversandone gli orizzonti ora amplissimi ("Bellezza di contrasti ed intensità", "La piana e l'aurora", "Nulla più che Musica", ecc.), ora più spiccatamente bucolici ("Fiori sparpagliati", Capretta delle basse Alpi di Francia", "Come un Giglio al Mattino", ecc.) fino a quelli più intimistici e personali ("Un raggio di gioia sul cuore", "Il Cavaliere Rosa", "Preghiera della sera", "Il momento della Morte"). Sotto il punto di vista stilistico, le improvvisazioni di Paolo Bottini traggono ampi spunti dalla musica organistica francese del primo Novecento, privilegiando ampiamente l'aspetto descrittivo e pittorico che scorre qui molto libero anche se sempre ben ancorato ad un fondamentale rispetto delle forme. La creatività ampia e la molteplicità di spunti melodici si compenetra ampiamente con sostenuti innesti armonici di tipo squisitamente orchestrale che scorrono attraverso un caleidoscopio di suoni che rappresentano, con spunti talora geniali, le altrettanto multiformi poetiche da cui sono ispirati. Non mancano, ovviamente, citazioni stilistiche tratte dalla musica di Messiaen così come vengono ampiamente utilizzate diverse tecniche compositive proprie della musica organistica francese moderna che, in questo caso, vengono sottomesse all'esigenza di espressione e comunicazione di un messaggio che proviene direttamente dall'animo umano.
Le caratteristiche che più abbiamo apprezzato in queste improvvisazioni sono quelle della sobrietà e della serenità. Paolo Bottini ci "offre" attraverso le sue creazioni musicali esattamente le impressioni e le sensazioni che abbiamo potuto trarre dalla lettura delle liriche da cui prendono ispirazione e, talora, giungono anche ad esaltarne alcuni aspetti più nascosti, riuscendo perfettamente nel compito di essere quell'interprete universale di cui abbiamo parlato più sopra senza facili effetti, senza magniloquenza e senza alcun bisogno di "alzare la voce". Il suo discorso musicale e strumentale, così come le opere letterarie della Sauvage, è semplice, chiaro, spesso sottovoce e quasi sussurrato ma assolutamente coinvolgente.
Abbiamo sempre apprezzato da parte di Paolo Bottini la grande sensibilità nella scelta degli strumenti per le sue incisioni. Anche in questo caso, dobbiamo dire, la scelta è stata assolutamente magistrale, poichè egli ha voluto utilizzare l'organo della Grand'Eglise di Saint-Étienne, il paese situato nel Lionese in cui Cécile Sauvage visse e che la ispirò per le sue liriche. Non si tratta dello strumento che ella probabilmente ascoltò in gioventù poichè quello strumento, uno Zeiger di metà Ottocento, fu distrutto da un incendio nel 1910, ma la scelta di incidere questo disco negli stessi luoghi in cui la poetessa visse e operò la dice lunga sulla sensibilità che ha guidato questa produzione discografica. L'organo attuale fu installato nel 1922 da Mutin e presenta 45 registri nominali (54 reali) su tre tastiere e pedaliera con trasmissione meccanica coadiuvata dalla macchina Barker per il Grand Orgue ed il Recit. La tavolozza timbrica è quella solidamente impostata sull'eredità di Cavaillé-Coll, con robusti ed ampi "Fonds" ed una nutrita batteria di "Anches" su tutte le tastiere e sul pedale. Oggettivamente "povero" di Ripieni (ma quella era la caratteristica dell'organaria francese di quell'epoca), presenta anche una buona serie di Flauti e di registri "coloristici" che si dimostrano veramente indicati per il discorso musicale dell'interprete, che li utilizza con sapiente ed accorta maestria.
Le registrazioni, relativamente recenti (risalgono all'Agosto 2017), sono state effettuate da Grégory Aliot e Nicolas Hoste degli Ohmnibus Studios di Saint-Étienne. Le operazioni di editing, mastering e postproduzione sono invece state effettuate dal nostro inossidabile Federico Savio. La presa di suono è molto "naturale" sia per la voce che per lo strumento ed anche il "rumore" della macchina Barker (così come qualche rumore di fondo) rende assai "spontanea" l'incisione. Un cenno particolare va al libretto a corredo, molto ampio (24 pagine comprese le copertine) con un interessante ed approfondito testo (in lingua italiana e francese) di Elena Bugini, che oltre ad essere la Voce Recitante nell'incisione, è anche la traduttrice dei testi della Sauvage, di cui sono riportati ampi estratti che forniscono all'ascoltatore le chiavi di lettura originali per ogni improvvisazione. Il layout grafico, di grande delicatezza ed ispirato da una delle liriche presentate (e che dà il titolo al disco) è curato da Alessandra Gennari.
Il tutto per una produzione discografica molto interessante e gradevole, che fornirà momenti di pensiero e riflessione sia agli amanti della poesia che agli appassionati di musica organistica.



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