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Violino, Organo ed Hamonium




Il Violino mistico tra Ottocento e Novecento
Organista: Andrea Toschi
Violino: Roberto Noferini
Organo: Chiesa Parrocchiale di Cremolino
Armonium Maier fine sec. XIX
Violino Scarampella 1865
Tactus - CD - DDD - TC 870002 - 2020

Quello che abbiamo sempre apprezzato di Andrea Toschi è il fatto che egli non incide mai un disco "a caso" e, neppure, "per caso". La sua preparazione tecnica ed artistica gli consentirebbe agevolmente di "sfornare" ottime incisioni di qualsiasi repertorio, dall'antico al contemporaneo, di cavalcare l'onda della performance "virtuosistica", di ritagliarsi una buona fetta di visibilità nel mare magnum della discografia organistica "tradizionale" e, a buona ragione, di permettersi di "dire qualcosa di nuovo" anche in merito ad autori e repertori che sembrerebbero già ampiamente "sviscerati". Invece Toschi ha sempre scelto di cimentarsi nella ricerca, nell'approfondimento e nella proposizione di musiche "non convenzionali", andando a scovare, con certosina pazienza e minuziosa ricerca musicologica e storiografica, vere e proprie chicche musicali che non appartengono al repertorio organistico convenzionale ma che rappresentano veri e propri "tesori nascosti" nelle pieghe meno frequentate della letteratura musicale. La sua ricerca e la sua opera, già fin dal suo primo disco dedicato alla musica organistica contemporanea, hanno riguardato ben precisi ambiti di cui egli si è sempre dimostrato profondo studioso e conoscitore e, in questo panorama, egli ha sempre prediletto la scuola organistica italiana, per così dire, "moderna", predilezione che lo ha portato ad esplorare con successo (suo) e soddisfazione (nostra) la collaborazione dell'organo con altri strumenti. Se il suo disco in trio con le trombe di Tampieri e Baratin scorre un repertorio spiccatamente "contemporaneo", nelle sue produzioni in coppia con il violino di Roberto Noferini, con il violoncello di Luca Paccagnella, con il flauto di Daniele Ruggieri e con il pianoforte di Marco Alpi, lo sguardo si rivolge ad un periodo più definito e meno conosciuto, che attraversa il confine tra Ottocento e Novecento e che vede anche l'utilizzo di quello che a quell'epoca era considerato l'organo "da casa" o da salone, cioè l'Harmonium. Possiamo dire, a questo proposito e senza timore di essere smentiti, che Andrea Toschi è oggi sicuramente uno dei maggiori conoscitori ed esecutori di musica per Harmonium non solo a livello nazionale ma, anche, europeo.
Il disco che presentiamo oggi, recentissimo, segue questo filone di ricerca, valorizzazione e riproposizione e riguarda, appunto, la musica per organo (e/o Harmonium) e violino. Abbiamo già descritto in precedenti recensioni le particolarità storiche e musicali di questo tipo di repertorio, che vide il suo massimo periodo di fortuna per circa un secolo, dalla metà dell'Ottocento fino alla metà del secolo seguente e che, pur risultando di vastissime proporzioni, ben poco è stato considerato non solo dagli organisti ma, soprattutto, dai critici e dagli studiosi. Eppure è proprio in queste musiche che si cela il segreto dell'evoluzione della musica (non solo organistica) italiana verso la modernità e, lo abbiamo già detto e ripetuto più volte, senza questo enorme e preziosissimo "sottobosco" musicale non ci sarebbero stati i grandi esponenti della scuola organistica e musicale italiana moderna che da questo panorama (oggi dimenticato ma allora molto fervente e dinamico) di personaggi -si fa per dire- "minori" hanno tratto la linfa per crescere e progredire.
Come nelle sue produzioni passate, anche qui Toschi va a ricercare (e trovare) pagine di musicisti poco o per nulla conosciuti, le studia, le inquadra alla perfezione nella loro epoca, nella loro estetica e nella loro ispirazione e ce le propone in una performance maiuscola in cui, come dicevamo in apertura, nulla è lasciato al caso. Dei sedici autori presenti nel disco solo tre sono -ma non ne siamo sicuri- noti. Ildebrando Pizzetti è forse quello più conosciuto, Giulio Bentivoglio e Lino Liviabella sono forse noti solo agli addetti ai lavori mentre gli altri risultano anche a noi (che di musica organistica ne mastichiamo da tempo) illustri sconosciuti. Guglielmo Zuelli... chi era costui? Ammettiamo di non averlo mai sentito nominare, ma ascoltando il suo brano iniziale del disco, "Passa il Natale", siamo rimasti letteralmente affascinati da una personalità musicale che nulla ha da invidiare a nomi ben più importanti e conosciuti anche a livello europeo in fatto di novità, espressività e ricerca formale, stilistica e strutturale, ed è solo dopo aver letto il commento allegato al disco che abbiamo trovato la risposta al quesito iniziale: Zuelli fu allievo di Malipiero. Tutto si spiega.
Il disco contiene diciotto brani che trascorrono, come già accennato, circa mezzo secolo di musica italiana, dagli anni Ottanta dell'Ottocento agli anni Trenta del Novecento. Insieme a Zuelli troviamo Francesco Mantica con la sua "Piccola Pastorale", Carlo Cordara con l'"Offertorio", Antonio Ascenso ("Clamavi ad te Domine"), Cesare Galeotti con "Cavatine", il Preludio di Iginio Gobessi, la "Melodia" di Vittorio Premoli, Alessandro Peroni con "Venite Adoremus", Giuseppe Verme con la sua "Berceuse", l'"Augurio Nuziale" di Pizzetti, "Pensiero Elegiaco e Scherzetto" di Giovanni Premoli, la "Benedizione Nuziale" di Giulio Bentivoglio, "Ave Maria" di Dino Menichetti, "Nela chiesetta" di Renato Moffa, l'"Adagio" di Bruno Arbusti e, in conclusione, tre brani di Lino Liviabella: "Aria", "Andante" e "Suonatina per l'Elevazione".
Come si vede, si tratta di un repertorio molto vasto ed articolato, che rappresenta varie sfaccettature di un'estetica musicale che ci porge diverse riflessioni su un periodo musicale di transizione, in cui da una parte si cercavano strade espressive alternative alla melodrammaticità allora imperante mentre, dall'altra, si esploravano esperienze musicali già in atto in altri Paesi Europei in cui si tentava (e si era già riusciti) a recuperare un'autonomia stilistica ed estetica alla musica strettamente strumentale, estrapolandola dal contesto "operistico" che l'aveva -soprattutto qui in Italia- pesantemente caratterizzata nei decenni precedenti. Da quest'incisione emergono in modo evidente le differenziazioni che caratterizzarono quel periodo di ricerca e di "normalizzazione". In effetti ognuno degli autori qui rappresentati ha svolto un suo personale e particolare percorso estetico-musicale per portare il suo contributo all'evoluzione musicale italiana del Novecento. Troviamo qui reminiscenze della ricerca armonica e timbrica propria dell'ambiente francese, echi della ricerca "filologica" che in quegli anni interessava la musica strumentale germanica, ricerca che -per quel che riguarda l'organo- nei primi decenni del Novecento diede poi origine all'"Orgelbewegung" (che ebbe in Italia il suo corrispettivo nel movimento della cosidetta "Riforma Ceciliana") e svariati ed interessantissimi aspetti di ricerca personale, spesso spinti a livelli di pura sperimentazione, che comprendono spunti improvvisativi, rivalutazione della musica modale, episodi sofisticatamente concertati in cui violino ed organo (od Harmonium) dialogano in perfetta simbiosi, atmosfere mistico-spirituali quasi introspettive, espressioni armoniche assai ricercate e talora spiazzanti, proposizioni ritmiche nuove e, forse preponderante, una ricerca timbrica che riesce a creare, grazie ad una registrazione organistica accuratissima, atmosfere di grande suggestione e rara bellezza.
Andrea Toschi, anche qui, dimostra di essere quell'interprete completo che abbiamo potuto apprezzare in passato. Noi, che lo abbiamo potuto apprezzare "live in concert" e, soprattutto, nelle fasi di "backstage", siamo sempre rimasti colpiti dalla sua accuratezza (che spesso sconfina nella pignoleria più spinta) nell'approccio complessivo alle partiture. Il suo cammino viene da lontano, dalla ricerca meticolosa della partitura, dalla profonda analisi musicale, dal quasi maniacale approfondimento delle caratteristiche musicologiche, espressive e personali degli autori, dalla precisione dell'inquadramento delle varie musiche nella loro epoca e nel loro ambiente ed, infine, dalla sua tecnica esecutiva che non trascura neppure i passaggi più banali per costruire e realizzare interpretazioni che se non possiamo definire "perfette" (la perfezione, come si sa, non è di questo Mondo), poco ci manca. A completare il quadro si aggiunge, infine, la profonda conoscenza che l'organista dimostra dell'organo e, in particolare, degli organi "riformati" (come quello di quest'incisione), di cui penetra tutti i segreti e da cui riesce a trarre nuances timbrico-foniche assolutamente sorprendenti.
Di Roberto Noferini, che già abbiamo trattato in occasione di precedenti recensioni, non possiamo che rimarcarne l'altissimo livello interpretativo e la splendida musicalità con cui si approccia ad un repertorio che, per certi aspetti, risulta "difficile" da inquadrare nelle giuste caratteristiche espressive e che spesso richiede una visione che va ben oltre l'esecuzione pura e semplice ma richiede una compartecipazione assoluta con l'altro strumento. In questo disco, come già in quelli precedenti, Noferini e Toschi si mettono "al servizio" della partitura per rendercela nel modo e nel momento migliore, senza indulgere a tentazioni "solistiche" d'effetto ma di scarsa pregnanza, esaltandone in modo pieno e completo la musicalità e l'espressività.
Come abbiamo già detto, l'organo utilizzato per l'incisione è uno strumento "riformato", cioè realizzato secondo i canoni della cosidetta "Riforma Organaria" italiana del primo Novecento, di cui presenta tutte le caratteristiche migliori. Esso fu costruito da Carlo Vegezzi Bossi nel 1914 e presenta due tastiere, pedaliera, 24 registri nominali (33 reali) e trasmissione pneumatica tubolare (per maggiori informazioni consultate questo sito). La sua disposizione fonica è molto caratteristica dell'organaria "riformata" di quell'epoca e si basa, per il Grande Organo, sulle timbriche tradizionali italiane che, a parte un Diapason di 8 piedi, sono costituite da una bella piramide di Ripieno che dal Principale 16 arriva fino alla Trigesimasesta con le prime due file (Duodecima e Decimaquinta) azionabili separatamente, un paio di Flauti (8 e 4), l'Unda Maris (che è una versione "moderna" della Voce Umana) ed una bella Tromba. All'Espressivo sono riservate le voci "coloristiche" e solistiche tra cui un'Eolina di 4 piedi, un caratteristico Oboe ed un bel "Concerto Viole". Il pedale si fonda su di un bel Contrabbasso-Violone 16 di carattere squisitamente francese e come voce "solista" presenta un gradevolissimo Violoncello ad anima. Queste caratteristiche timbriche, oltre alla coevità dell'organo con il periodo in cui furono scritte le opere presentate nel disco, rendono questo strumento particolarmente adatto ad una perfetta rappresentazione del repertorio scelto dall'organista e contribuiscono largamente ad un risultato di grande suggestione e gradevolezza.
Anche nella scelta dell'Harmonium, Andrea Toschi ha dimostrato tutta la sua perizia e conoscenza dell'argomento, utilizzando uno splendido armonium tedesco Maier di fine Ottocento ad aspirazione che presenta quattro file intere di ancie da cui derivano dodici registri nominali (quattro ai Bassi e quattro ai Soprani), tre derivati (2 ai bassi ed uno ai soprani) ed un registro combinato; non mancano, ovviamente, le classiche "ginocchiere", gli accoppiamenti delle ottave sia nei Bassi che nei Soprani, le "gelosie" (corrispondenti alle "persiane espressive" dell'organo) anteriore e posteriore ed un caratteristico "Tremolo", ottenuto mediante una ventola rotante che diffrange il suono di alcuni registri. Le caratteristiche di questo Harmonium sono veramente eccezionali ed in molti punti d'ascolto dell'incisione rimane difficile, anche per un orecchio allenato, riconoscere la differenza con l'organo.
Le registrazioni sonore sono state effettuate, per i brani con l'Harmonium, nel mese di Febbraio 2019 presso la chiesa di Santa Maria della Misericordia di Bologna e nel seguente mese di Aprile presso la chiesa parrocchiale di Cremolino. Alla consolle di mixaggio Stefano Albarello, che ha seguito anche le successive operazioni di editing e mastering. La presa di suono è precisissima, accuratissima e molto presente nell'evidenziazione e nella cattura di tutte le particolarità timbriche dei vari strumenti, privilegiando una visione d'insieme in cui violino ed organo (ed Harmonium) raggiungono un equilibrio perfetto senza peraltro cedere nulla della loro espressività. Molto gradevole il libretto a corredo, con iconografie essenziali ed interessanti testi di Mariateresa Dellaborra in Italiano ed Inglese.
In definitiva, un disco molto bello, oltremodo interessante per il repertorio assai "particolare" e per la grande valenza artistico-musicale dell'interpretazione. Un disco che non si compra "a caso" o "per caso", ma che si acquista a ragion veduta e che darà a tutti, addetti ai lavori e semplici appassionati, ampie e gradevolissime soddisfazioni.



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