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Ponchielli all'Organo




Amilcare Ponchielli - Organ Works
Organista: Paolo Bottini
Organo: Chiesa di S.Dalmazio Vescovo di Paderno Ponchielli
Elegia Classics - CD - DDD - ELECLA 20082 - 2020

Il disco che recensiamo di seguito ci apre una finestra sulla vita musicale "giovanile" e sconosciuta di uno dei tanti autori che sono poi passati alla storia della Musica per altri (ed alti) meriti musicali. Amilcare Ponchielli, molto noto nel campo teatrale per diverse sue opere melodrammatiche (tra cui, certamente più nota, la "La Gioconda") fu anch'egli tra quei giovani che, nel secolo XIX ed anche in seguito, mossero i primi passi musicali alla tastiera di un organo, quasi sempre quello della parrocchia del loro paese natale. In effetti, a quei tempi, nei piccoli paesi c'erano due sole strade per suonare uno strumento: la Banda del paese (ed anche Ponchielli scrisse alcuni brani per Banda) oppure l'organo della Parrocchia. Senza scomodare l'organo Bossi 1797 di Roncole (ora Roncole Verdi) su cui il giovane Peppino Nazionale mosse i suoi primi passi, possiamo dire che la quasi totalità dei grandi musicisti dell'Otto-Novecento (da Verdi a Puccini) ebbero modo di conoscere ed apprezzare il suono e le particolari atmosfere musicali create da questo strumento. Ponchielli, nella fattispecie, fu assai fortunato poichè suo padre, che era maestro di scuola, svolgeva anche per passione (come tanti altri a quell'epoca) l'attività di organista nella chiesa di Paderno (ora -dal 1950- Paderno Ponchielli) e fu proprio dal padre che il giovanissimo Amilcare apprese i primi rudimenti dell'arte della musica. E li apprese così bene che alla tenera età di soli nove anni fu ammesso al Conservatorio di Milano, dove si distinse in ogni materia e dove conseguì il diploma con il massimo dei voti non ancora ventenne. E' curioso notare come Ponchielli, che da una parte aveva appena iniziato ad intraprendere la strada "operistica" che lo avrebbe portato al successo, in quegli anni immediatamente successivi al diploma abbia esercitato -come tanti altri musicisti- anche diverse attività come Direttore di Banda a Piacenza e Cremona e come Organista titolare presso la chiesa di S.Imerio di Cremona, incarico che lasciò nel 1860. Il seguito della carriera musicale di Amilcare Ponchielli lo troviamo ben evidenziato in qualsiasi enciclopedia della musica e non è qui il caso di ritornarci sopra. Quello che ci interessa, in effetti, è quello che lui fece durante il periodo in cui "tenne" l'organo di S.Imerio, strumento che era stato costruito da Angelo Bossi e che ricalcava, nonostante le sue piccole dimensioni, i dettami dell'organo italiano "orchestrale" dei decenni precedenti.
Ponchielli, è evidente, era figlio del suo tempo, cioè della rappresentazione teatrale melodrammatica, che in quegli anni veniva riproposta anche nelle chiese durante le attività liturgiche ed è questa l'atmosfera in cui egli vive e che si respira nelle sue composizioni organistiche. Ma, a differenza di tanti altri autori che -fondamentalmente- organisti erano e tali rimasero, dedicando i loro sforzi musicali quasi esclusivamente a questo strumento, nel giovane Ponchielli si trovano alcune caratteristiche che denotano nella sua personalità musicale una spinta verso nuovi orizzonti, quegli orizzonti che egli ancora non riusciva a vedere ma che già immaginava e "costruiva" dimostrando qualità musicali ed espressive che travalicavano abbondantemente la letteratura squisitamente organistica per aprirsi ai vasti scenari della musica orchestrale.
Sotto questo punto di vista (e ciò è immediatamente evidente nell'ascolto di questo disco), le composizioni organistiche di Ponchielli possono essere considerate delle "prove d'autore" nella quali egli considera -e tratta- l'organo come una "riduzione" dell'orchestra (e gli strumenti di allora erano perfetti per questo scopo) su cui "annotare" a futura memoria tecniche compositive, sperimentazioni armoniche, complessità ritmiche e, addirittura, tecniche di orchestrazione a quei tempi molto raffinate, tutte cose che differenziano quest'autore (che tutte queste cose le aveva studiate, ed anche molto bene) dagli altri compositori-organisti che cercavano di "imitare" con l'organo i suoni dell'orchestra. Nelle opere di Ponchielli l'organo non imita l'ochestra, ma lo diventa e, in modo particolare, in queste composizioni non si può più parlare di "registrazione" organistica, bensì di vera e propria "orchestrazione".
Paolo Bottini utilizza per quest'incisione la raccolta di brani organistici di Ponchielli dell'edizione, molto ben curata, di Marco Ruggeri pubblicata da Turris di Cremona nel 1999 ed brani che troviamo in questo disco sono particolarmente significativi per appalesarci tutte le caratteristiche musicali di questo grande musicista. Il primo brano è la "Sinfonia metà per organo e metà per pianoforte" (qui eseguita tutta all'organo) e che rispecchia da vicino quell'abitudine spiccatamente tardo-ottocentesca di scrivere brani che potessero essere eseguiti indifferentemente su entrambi gli strumenti. Segue la "Facile Marcia per Organo" ed il "Ripieno". Nel tipico stile di quell'epoca, troviamo poi "L'annunzio ai Pastori, Pastorale caratteristica per Sinfonia" a cui seguono un "Assai Moderato" ed un "Moderato". Il brano "Per Ripieno o per Elevazione" ci riporta al Ponchielli organista di chiesa; seguono poi il "Larghetto-Allegretto", l'"Adagio" e l'"Allegretto Campestre". La breve "Fuga" che segue è, in effetti, un "fugato" che dopo una rapida esposizione tematica lascia presto il posto ad uno sviluppo spiccatamente orchestrale. Seguono due "Versetti in Sesto Tono" del Ponchielli organista liturgico a cui seguono tre brani di differente genere ("Andante-Allegretto non tanto", "Andante Grave" e "Allegro-Allegretto") e, per finire, Bottini ci propone i "Tre pezzi in Sol maggiore" che chiudono il disco.
Ascoltando e considerando musicalmente questo repertorio possiamo dire che ben pochi sono i brani che traggono origine od ispirazione dall'attività "liturgica" di Ponchielli (la Pastorale, il Ripieno/Elevazione ed i Versetti), uno solo può essere considerato una vera e propria composizione "per organo orchestrale" (la Sinfonia) mentre tutto il resto è composto da "movimenti", cioè da brani che non hanno una destinazione precisa e definita e che personalmente consideriamo come "esercizi di stile" che non hanno l'organo come fine ultimo e specifico, bensì rappresentano quelle che in precedenza abbiamo denominato "prove d'autore", quegli "appunti su cui lavorare" che, a nostro parere, rappresentano le prime espressioni di quello che diventerà uno dei maggiori musicisti italiani dell'Ottocento. Dicevamo in precedenza dell'orchestrazione, ed è proprio sul modo in cui l'autore tratta i registri dell'organo che è utile soffermarsi durante l'ascolto del disco e, a questo proposito, non possiamo che apprezzare l'approccio di Paolo Bottini a questo particolare aspetto della musica "organistica" di Ponchielli.
Di Bottini abbiamo già parlato diverse volte su queste pagine in occasione di precedenti recensioni di sue pregevoli incisioni ed abbiamo sempre sottolineato, fatta salva la sua notevole tecnica interpretativa, la sua voglia di ricerca e di approfondimento di repertori non convenzionali. Egli si avventura spesso e volentieri in terreni poco esplorati -e per questo assai insidiosi- della musica organistica con l'atteggiamento di chi vuole conoscerne aspetti sempre nuovi e poco frequentati. Da qui prendono origine le sue performances discografiche, sovente abbastanza lontane dall'estetica più comune e risaputa, che spaziano abbondantemente in campi assai differenti senza disdegnare l'improvvisazione, la trascrizione e gli accostamenti con mondi culturali assai diversi come, ad esempio, la letteratura e la poesia. In questo disco egli approfondisce uno degli aspetti meno conosciuti (ed apprezzati) di uno dei maggiori esponenti della musica operistica dell'Ottocento e così facendo apre uno spiraglio anche su tante altre figure simili che, per dirla in parole semplici, nell'organo frequentato negli anni della gioventù hanno trovato le basi più solide della loro crescita musicale. Tutti questi musicisti hanno poi percorso altre e ben più notevoli strade, arrivando alla notorietà internazionale e così facendo hanno "dimenticato" questo strumento, trovando nella musica orchestrale il loro massimo livello di espressione. Bottini qui ci presenta quest'autore (e con esso anche gli altri) nella sua fase più genuina e sincera, ancora lontana dal "mestiere" del compositore navigato, un Ponchielli anch'egli curioso, sperimentatore, ricco di idee ed alla ricerca del modo migliore di metterle in pratica, modo che trova sulla tastiera e nei suoni dell'organo.
A parte l'ottima tecnica strumentale, di Bottini qui dobbiamo sottolineare come riesca a "carpire" dalle partiture lo spirito profondamente "orchestrale" del giovane Ponchielli e ad estrapolarne tutte le caratteristiche per renderle più che mai gradevoli e presentandocele sfoderando non una seppur ottima "registrazione" (qui intesa come scelta dei registri) ma, come abbiamo già accennato in precedenza, una vera e propria "orchestrazione", facendo totalmente sua l'intenzione originale e specifica dell'autore. Ed in questo, sicuramente, l'organista è stato di molto coadiuvato dallo strumento scelto per l'incisione, il grande organo realizzato da Inzoli nel 1873 per la chiesa di San Dalmazio Vescovo del paese natale di Ponchielli, che in quell'anno si chiamava Paderno Fasolaro, e per la cui inaugurazione (avvenuta il 25 Settembre) si scomodarono Corbari, Petrali e... lo stesso Ponchielli che, fresco di fidanzamento con la cantante Teresina Brambilla (che sposerà nella Primavera dell'anno seguente) e reduce dal successo da poco ottenuto alla Scala di Milano con la sua opera "I Promessi Sposi" e con il balletto "Le due gemelle", stava lavorando alla composizione de "I Lituani". Immaginiamo come quel giorno Ponchielli, seduto alla tastiera del nuovissimo organo di Paderno, abbia rivissuto le emozioni di quando, trent'anni prima, ancora bambino, si era seduto alla consolle del vecchio organo di quella stessa chiesa e, sotto la guida del padre, aveva iniziato il suo cammino musicale. Ed immaginiamo anche, supportati dall'ascolto dei brani di questo disco, con quale magnificenza di suoni egli abbia deliziato i suoi compaesani.
L'organo di Paderno Ponchielli non è di dimensioni molto grandi ma è sicuramente una bella testimonianza dell'estetica organaria di quell'epoca. Una tastiera di 58 note, pedaliera a leggìo di 17 pedali e 33 manette di registro (una ventina di registri reali su base 16 piedi) con una disposizione fonica spiccatamente italiana-orchestrale e trasmissione meccanica fanno di questo strumento la migliore scelta possibile (anche sotto il punto di vista storiografico e musicologico) per l'interpretazione delle musiche di questo autore. E Bottini, sotto questo punto di vista, quest'organo lo fa letteralmente "cantare".
Le incisioni sono state effettuate nei mesi di Maggio e Giugno 2019 a cura dello Studio Muscaria Digital di Piacenza e la presa di suono è molto curata e va a cogliere ogni minimo dettaglio della tavolozza timbrica dell'organo rendendolo straordinariamente presente pur senza nulla togliere alla "resa" ambientale, che è assai calibrata ed attenta.
Ben curata la veste grafica (con in prima di copertina la riproduzione de "La Danza delle Ore" di Previati come significativo omaggio pittorico al compositore) con brevi ma interessanti testi in Italiano ed Inglese dell'interprete che vanno ad inquadrare sinteticamente ma con precisione le caratteristiche dell'autore e del repertorio, nonchè le particolarità tecniche e foniche dello strumento.
In ultimo, una considerazione. Paolo Bottini aveva due strade per rendere omaggio ad Amilcare Ponchielli: la prima -più comoda e facile- era quella di attingere alle numerose trascrizioni/riduzioni pianistiche delle opere di quest'autore ed "adattarle" all'organo; la seconda era quella -più difficile ed impegnativa- di ricercare le "origini" squisitamente organistiche di Ponchielli per riproporcele in tutta la loro caratteristicità. Ha scelto la seconda e, secondo noi, ha fatto molto bene.
Disco da acquistare sicuramente.



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