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Musiche di Zandonati e Ferrari




G.M.Zandonati e F.Ferrari - Opere Organistiche
Organista: Giancarlo Parodi
Organo: Chiesa Parrocchiale di Lorenzago di Cadore
Associazione Organi Storici in Cadore - CD - DDD - 2020

Giancarlo Parodi is back!... ed è tornato con un disco davvero bello ed interessante, dedicato alle musiche di due autori finora poco noti al grande pubblico, due autori che rappresentano alla perfezione la musica organistica (ma non solo) di un particolare periodo (compreso tra l'inizio e la seconda metà dell'Ottocento) in una particolare zona di quel territorio nordorientale della nostra penisola in cui molto spiccate erano le influenze mitteleuropee (in particolare viennesi) che, a partire da Mozart, caratterizzarono per molti decenni la produzione musicale con caratteristiche di spiccata eleganza e grande espressività musicale.
Il centro "territoriale" di questo disco è la cittadina di Rovereto, in Trentino, ed i musicisti rappresentati in quest'incisione furono, uno dopo l'altro, entrambi organisti e kapellmeister presso la chiesa di S.Marco di quella città.
Bisogna dire che ai tempi in cui vissero ed operarono Giovanni Maria Zandonati e Francesco Ferrari (questi sono i due musicisti di cui ascoltiamo le musiche nel disco) Rovereto era appena passata (o, nel caso di Zandonati, stava passando) all'Austria (1815, in seguito alla "spartizione" dell'Europa stabilita dal Congresso di Vienna) e, specificatamente, era compresa nella Contea del Tirolo, a cui apparterrà per oltre un secolo fino alla fine del Primo Conflitto Mondiale. E' quindi ovvio e naturale che l'atmosfera musicale che vi si respirava fosse ben permeata dagli influssi stilistici, estetici ed artistici che provenivano dalla capitale Vienna e, altrettanto ovviamente, che la figura di riferimento fosse Mozart, di cui Zandonati era quasi coetaneo (nacque infatti due anni prima del Genio di Salisburgo). Quando il giovane Zandonati, appena quindicenne, nel 1769 venne nominato organista "sostituto" a Rovereto, Mozart era all'apice della sua notorietà ed aveva appena iniziato uno dei suoi "viaggi musicali" in Italia (o, per meglio dire, nella penisola italica) che lo portò, nel Dicembre di quell'anno 1769, anche a Rovereto. Non sappiamo se in quell'occasione Zandonati e Mozart (che, è noto, quando arrivava in una città per prima cosa correva a provare l'organo della chiesa) ebbero opportunità di incontrarsi; sta di fatto che l'estetica musicale mozartiana caratterizza tutta la produzione musicale di Zandonati, a cui sono attribuite oltre trecento composizioni, tutte di carattere "religioso" (egli era un sacerdote), ad oggi quasi tutte ancora manoscritte.
Il discorso per Francesco Ferrari, erede e successore di Zandonati, si fa leggermente diverso poichè sulla sua produzione si stendono le ombre di quell'orchestralizzazione dell'organo che nella stessa epoca in altre regioni, anche vicine, della penisola stavano cambiando le regole del gioco. L'influsso dello stile orchestrale-bandistico è ben presente nelle opere di Ferrari, in cui egli esprime una maggiore libertà stilistica ed una "voglia" di superare lo stile liturgico assai misurato del suo predecessore per aprirsi alle "novità" musicali che, ad esempio, nella vicina Lombardia avevano ormai preso piede. E fu probabilmente questo suo "adeguarsi" alle mode del tempo che gli permisero, a differenza di Zandonati, di veder pubblicate alcune sue composizioni da Ricordi. Bisogna comunque sottolineare che il suo stile organistico, pur adottando ampiamente le formule stilistiche della musica organistica "orchestrale" dell'epoca, denota sempre una fondamentale caratteristica di composta eleganza derivante anch'essa dalla scuola "Viennese" di cui era figlio e nipote. Ferrari, inoltre, fu anche molto apprezzato come collaudatore di organi, attività che esplicò in occasione di diverse inaugurazioni di nuovi organi in Trentino.
Giancarlo Parodi aveva già presentato alcuni brani di Zandonati e Ferrari in una sua precedente incisione dedicata alla Tradizione Organistica Trentina (QUI trovate la recensione) ma è in questo disco che questi due autori vengono presentati perfettamente inquadrati sia storiograficamente che musicalmente.
Di Zandonati possiamo ascoltare sette brani, l' "Andante", la "Sonata per Organo", la "Pastorale", un "Largo assai", il "Capriccio", un altro "Andante" ed, infine, un "Allegro". Di Ferrari, invece, Parodi ci presenta l'integrale delle "Sette Sonate per Organo", che sono tuttora conservate manoscritte presso la Biblioteca Comunale di Trento e di cui quest'interpretazione rappresenta la prima incisione integrale. Lo stile di queste sonate è abbastanza vario e presenta una molteplicità di sviluppi formali che vanno a quasi a "reinventare" le particolarità dell'organaria veneta per renderla più aderente all'estetica di quel tempo ma senza mai tradirne la specificità. In queste Sonate troviamo temi semplici ma di grande liricità svolti nell'ambito di un'eleganza formale assai raffinata, accompagnamenti sempre caratterizzati da una misurata sobrietà ed un grande equilibrio stiistico, che fanno di questa raccolta un piccolo gioiello.
La scelta dell'organo per quest'incisine è stata, dobbiamo sottolinearlo, molto appropriata, poichè è proprio su questo tipo di strumenti che Zandonati e Ferrari esplicarono la loro carriera musicale. Si tratta di un organo realizzato da Comelli negli anni tra il 1790 ed il 1796 che rispecchia molto fedelmente gli stilemi organari della Scuola Organaria Veneta di quell'epoca e che, nella sua "piccolezza", racchiude tutta l'essenza dell'organaria italiana classica e che si distacca molto dalle caratteristiche "orchestrali" degli organi che, ad esempio, Serassi stava iniziando a realizzare nell'attigua Lombardia e che diventeranno nei decenni seguenti vere e proprie "macchine da musica". Qui, come in tutti gli organi della scuola veneta, non troviamo trombe e tromboni, clarini e clarinetti, viole e violini, bombarde e bombardini; troviamo, invece, le radici dell'organaria classica italiana, cioè una bella e solida piramide del Ripieno che, su una base di Principale 8, si sviluppa fino alla Trigesimasesta, solo due flauti (in Ottava e in Duodecima), il classicissimo Cornetto e, come ancia "storica" veneta, gli immancabili Tromboncini, che -come gli esperti ben sanno- non fanno parte della famiglia delle Trombe, bensì di quella dei Regali. Contrabbassi e Ottave, rinforzati da una Duodecima di Contrabbasso, ed i Tromboni completano al pedale la tavolozza timbrica di questo piccolo -e raro- gioiello.
Qualcuno potrà obiettare che le musiche di questo disco, soprattutto le Sonate di Ferrari, avrebbero potuto essere realizzate "meglio" e con più completezza timbrica su di uno strumento "orchestrale" e, sicuramente, molti organisti lo farebbero per sottolinerare alcune particolarità stilistiche che, a prima vista, sembrerebbero scritte appositamente per un grande organo serassiano. Giancarlo Parodi, da "grande vecchio" dell'organo italiano, non cade nel tranello poichè, in effetti, queste composizioni -pur essendone contemporanee e presentandone alcuni stilemi caratteristici- non fanno parte della musica "orchestrale" bensì, molto più propriamente, di quel particolare stile di musica che i critici denominano "stile galante" e che fa della semplicità della forma, della ricercatezza delle melodie e dell'eleganza stilistica i suoi punti di forza. Queste caratteristiche, che sono molto presenti nelle opere di Zandonati, servono come "base" anche per le composizioni di Ferrari (che ne fu diretto successore) e, bisogna dire, l'organo di Lorenzago si rivela assolutamente perfetto per sottolinearle nel modo più completo ed elegante possibile.
Sull'arte interpretativa di Parodi, ovviamente, non possiamo che dire tutto il bene possibile. Certo, sono passati i tempi in cui il Nostro si cimentava in performances concertistiche che spaziavano da Bach a Reger ed effettuavano massicce incursioni anche nel repertorio contemporaneo lasciando letteralmente a bocca a perta gli ascoltatori (noi compresi). Il Giancarlo Parodi di oggi, più di ottant'anni portati con eleganza e disinvoltura, si dimostra, più ancora che splendido organista, un musicista "vero", che ha passato mezzo secolo della sua vita non solo a "suonare" (come invece purtroppo hanno fatto e continuano a fare molti suoi anche illustri colleghi) ma, soprattutto, ad "imparare", ad approfondire, a ricercare e "scoprire" sempre musiche, autori e scenari nuovi, accumulando una "sapienza" musicale che egli continua a mettere a nostra disposizione con l'atteggiamento del vero musicista e del divulgatore. E se pensiamo che, per il prossimo futuro, egli ha già "in cantiere" la realizzazione di altri tre o quattro dischi, non possiamo che augurargli una lunghissima vita poichè l'organo italiano (ma non solo) ha bisogno -oggi più che mai- di personaggi come lui.
Le registrazioni sono state effettuate nel mese di Agosto 2019 e la presa di suono, effettuata da Giuseppe Patuelli (che ha anche curato l'editing e la post-produzione) è veramente ottima e di grande "pulizia" poichè riesce a "catturare" perfettamente e con particolare equilibrio tutte le sfumature timbrico-foniche dei registri di questo organo che, se non ne conoscessimo la "spartana" disposizione fonica, ci sembrerebbe ben più "corposo" di quanto in effetti è. Ottimo anche l' "ambiente" e la corposità degli insiemi che non vanno mai a penalizzare un risultato fonico finale di grande presenza ed incisività.
Molto gradevole ed elegante la veste grafica, che propone anche un "booklet" molto raffinato, con interessanti ed approfonditi testi (interamente in lingua italiana, finalmente!) di Paolo Delama e Renzo Bortolot corredati da essenziali ma completi corredi iconografici. Molto significativa è, infine, la dedica che Giancarlo Parodi ha voluto esprimere a quattro amici sacerdoti con cui ha condiviso una pluridecennale amicizia: Terenzio Zardini, Osvaldo Bortolot, Tullio Stefani e Sergio De Martin.
In un panorama discografico organistico che, attualmente, si ritrova abbastanza ricco di produzioni ma, oggettivamente, altrettanto povero di contenuti di un certo spessore musicale, quest'ultima fatica del Giancarlo Nazionale si pone di diritto nel numero delle realizzazioni che vanno oltre alla pura "presentazione" di un certo tipo di repertorio. Questo non è il primo -nè l'ultimo- disco che va a pescare nel grande oceano musicale degli autori "minori" (ne abbiamo recensiti diversi anche recentemente) ma il calibro dell'interprete e la sua capacità di presentarci queste composizioni nella loro cornice (storica, musicale e stilistica) più autentica e genuina ne fanno un prodotto discografico che ci sentiamo di consigliare senza riserve a tutti. E tutti vi troveranno ampi motivi di soddisfazione.



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