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Musiche organistiche di Franz Liszt




Franz Liszt - Musiche per Organo
Organista: Andrea Galbusera
Organo: Duomo di Bergamo (Italia)
G.C.M. Classica dal Vivo - CD - DDD - CDL/0620 - 2021

Abbiamo recensito poco tempo fa (in questa pagina) una storica (risalente al 1974) integrale delle opere organistiche di Franz Liszt interpretate da Jean Costa e, curiosamente, poco dopo ci è pervenuto questo disco che ci propone una monografia assai interessante dedicata allo stesso autore, realizzata assai bene da Andrea Galbusera al grande organo della Cattedrale di Bergamo.
Di produzioni discografiche dedicate alla produzione organistica di Liszt, lo abbiamo già detto in passato, è pieno il panorama discografico mondiale e, sinceramente, è ormai impresa assai difficile trovare qualche interpretazione che presenti una qualche "visione" musicale ed interpretativa che proponga qualcosa di veramente "nuovo" in merito; in effetti, la musica per organo di questo grande musicista -lo abbiamo sottolineato ampiamente nella citata recensione- può essere considerata sotto diversi aspetti, tutti di estremo interesse e tutti assolutamente significativi della personalità di questo autore che, se per la maggioranza degli ascoltatori si identifica nel pianista eccelso, virtuoso ai limiti dell'incredibile ed icona di un romanticismo che coniuga inarrivabili vertici di ispirazione con altrettanto inusitati apici di grandiosa espressività, sotto il punto di vista organistico rivela anche altri aspetti che ne mettono in luce una religiosità che rasenta un misticismo quasi assoluto, talora talmente essenziale da rivelarsi quasi metafisico.
I sei brani che Galbusera ci propone in quest'incisione sono una specie di "condensato" di questi vari aspetti "organistici" di Liszt e non a caso il disco si apre con "Der Papst-Hymnus" (Inno del Papa), quasi a voler dare un Imprimatur a tutto il repertorio seguente. A proposito di questo brano, composto da Liszt nel 1863 (due anni prima di prendere i Voti sacerdotali), personalmente lo riteniamo musicalmente molto migliore e rappresentativo rispetto alla "Marche Pontificale" (sottotitolo: "Marche Romaine") che Gounod scrisse sei anni dopo e che divenne l'Inno "ufficioso" dello Stato Pontificio fino a che -nel 1949- fu adottato definitivamente come Inno "ufficiale" e del quale, curiosamente, vengono eseguite sempre e solo le prime otto (!) battute.
Le "Variationen über Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen (sind des Christen Tränenbrot)" risalgono al 1862, anno in cui avvenne la morte della figlia primogenita di Liszt, avvenimento che risvegliò in lui antiche e mai sopite aspirazioni alla vita monastica e religiosa e che lo indussero a fare il suo ingresso nel Monastero della Madonna del Rosario di Roma (prenderà i Voti -come abbiamo detto- tre anni dopo). In questo brano, dal testo assai significativo ("Pianti, dolori, preoccupazioni e paure sono il pane di lacrime del Cristiano") Liszt prende come base il tema dell'omonima Cantata di Bach (BWV 12) e lo sottopone ad una serie di variazioni in stile di passacaglia (in cui vengono utilizzate anche formulazioni ritmiche particolari come il 5/4 ed il 9/8) nelle quali è quasi palpabile lo stato d'animo dell'autore dopo una così grave perdita, sottolineato da un costante senso di angoscia da cui emergono abissi di cupo dolore che si risolvono via via fino ad una fiduciosa speranza espressa con il corale "Was Gott tut, das ist wohlgetan" ("Ciò che Dio fa è ben fatto") ed il suo trionfale finale che esprime la vittoria dell'amore sulla morte.
"Angelus! Prière aux anges gardiens" fa parte di quel numero di opere che Liszt trascrisse dopo averle concepite per altri strumenti e di cui, ovviamente, risulta difficile stabilire la datazione esatta. Questa composizione è presente -come primo brano- nella raccolta degli "Années de Pelerinage" (Terza Annata), pubblicata da Schott nel 1883 e la sua scrittura -nonostante sia destinata al pianoforte- è assolutamente distante dagli stilemi pianistici dell'autore e, anzi, molti critici hanno sottolineato come questo brano dimostri una spiccata e quasi certa derivazione organistica. Poichè anche la trascrizione organistica (così come quella per quartetto d'archi) fu pubblicata dalla stessa casa editrice nello stesso anno, la datazione di questo brano organistico può essere definita tra il 1877 ed il 1882. La caratteristica principale di questa composizione, che evoca -appunto- l' Angelus, cioè la preghiera della sera scandita dal rintocco delle campane, è un lirismo molto marcato che si tinge di spiccato impressionismo musicale che si concretizza formalmente in quella che comunemente si definisce "musica d'atmosfera", in cui si aprono intensi momenti di raccoglimento sullo sfondo di ampi orizzonti di mistica serenità.
La "Trauerode" (Ode Funebre) è la trascrizione per organo della prima delle tre "Odes Funèbres" che Liszt scrisse per orchestra tra il 1860 ed il 1866 e deriva da un testo letterario ("Les Morts") di Felicité-Robert de La Mennais, un sacerdote e teologo francese morto qualche anno prima (1854). Di questa composizione, che l'autore dedicò alla memoria del suo figlio Daniel scomparso nel 1859, lo stesso Liszt effettuò diverse trascrizioni (pianoforte, pianoforte a 4 mani) tra cui anche una per organo in cui alla desolazione della tonalità di Mi minore aggiunse un cromatismo che ne accresce il senso di angoscia. In questo brano si possono distinguere echi del canto latino "Beati i morti che muoiono nel Signore" così come -nella parte centrale in tonalità maggiore- del "Sanctus". In quest'Ode Funebre (unita alle altre due) alcuni critici hanno voluto vedere anche una specie di trilogia di "Requiem" che Liszt ha voluto dedicare a se stesso.
L'Inno religioso ("Kirchen-Hymne") "Ave Maris Stella", assieme all'altro Inno ("Salve Regina") non presente in questo disco, rappresenta un'elaborazione dell'omonimo Inno Gregoriano. La versione originale di questo brano fu scritta dall'autore nel 1866 (pubblicata da Kahnt nel 1870) per Coro di Voci Miste ed Organo. Nel 1868 Liszt ne effettuò ben tre trascrizioni: una (in altra tonalità) per Coro di Voci Maschili ed Organo, una seconda per Voce ed Organo ed una terza (pubblicata nel 1871) per pianoforte solo. La caratteristica principale di questo brano è di essere "quasi modale", nel senso che Liszt "commenta" la melodia gregoriana con un accompagnamento estremamente "povero" (e lasciandola spesso nella sua nuda espressività) per sottolinearne una diafana ed eterea trasparenza che apre inimmaginabili orizzonti di religiosa contemplazione.
Il disco si chiude -e non poteva essere diversamente- con il monumentale "Prelude et Fugue sur le nom de B.A.C.H.", di cui Liszt preparò una prima versione nel 1855 e che poi rivide e perfezionò nel 1870. Bisogna dire che se all'epoca questa composizione non vide una grande notorietà, essa fu molto apprezzata nei decenni e nei secoli seguenti, quando l'acronimo musicale del cognome del Kantor di Lipsia (Si bemolle - La - Do - Si) divenne una specie di "cult" che diede ispirazione a molti musicisti (Reger, Schoenberg, Messiaen, etc.). In quest'ambito, lo splendido brano di Liszt venne considerato un vero e proprio capolavoro di ispirazione, costruzione formale e di sintesi polifonica "romantica". E' indubbio che in quest'opera, assai monumentale per la verità, si trovano innumerevoli caratteristiche Lisztiane, una sapienza di sviluppo ad altissimi livelli, un virtuosismo talora abbagliante, un linguaggio armonico raffinatissimo contraddistinto da architetture contrappuntistiche estremamente elaborate, una varietà -e complessità- ritmica strabiliante, una conoscenza del "mezzo meccanico" (l'organo) assolutamente grandiosa ed un'espressività portata ai massimi livelli. A tutto questo, come se non bastasse, si aggiunga una costruzione tematica per quei tempi inusitata e di assoluta avanguardia (a parte il tema principale, è assai interessante notare come il tema della Fuga -16 note in 4 battute- presenti straordinarie analogie con la musica seriale del secolo seguente, presentando una serie "quasi" dodecafonica alla quale, per essere completa, manca solo una nota, il Re bemolle). Questo brano (come le Variazioni su Weinen Klagen) ci dimostrano come Franz Liszt, già nel 1855, conoscesse molto bene le opere di Bach e che,con tutta probabilità, avesse studiato fin nei minimi particolari la prima "Bach Gesellschaft" che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel 1844. Certo è che Liszt, che l'organo lo aveva apprezzato fin dalla giovinezza, suonava spesso i Preludi e Fughe, le Fantasie e le Toccate del Kantor di Lipsia e li apprezzava a tal punto di trascriverli per il suo strumento preferito, il pianoforte. Con questo brano, Liszt non solo rende un clamoroso e gigantesco omaggio a Bach ed alla sua musica, ma al tempo stesso si lancia in un'esplorazione formale e stilistica che lo proietta direttamente in un futuro che si concretizzerà dopo oltre un secolo, aprendo un'ampia strada a quella che comunemente oggi noi definiamo "Musica Contemporanea".
Andrea Galbusera è un ottimo organista (e cembalista) ed un bravo interprete che agli studi "canonici" con Messori e Vebber, ha affiancato diversi corsi di perfezionamento con grandi maestri quali Parodi, Ghielmi, Nosetti e Peretti. Il suo approccio alla musica di Liszt è assai corretto e "rispettoso" del materiale musicale e dell'ispirazione che lo anima, soprattutto nei brani più spiccatamente "organistici", nei quali egli riesce a far "venire fuori" tutta l'espressività, la poetica e la religiosità che li pervadono. Ottima tecnica organistica e spiccata sensibilità ne caratterizzano anche l'interpretazione delle pagine più impegnative dei grandi pezzi nei quali, tuttavia, avremmo talora gradito un po' di "grinta" in più soprattutto nei passaggi più "pianistici" e di maggiore brillantezza ed incisività. Complessivamente, comunque, si tratta di una buona interpretazione, molto "sentita", di notevole "peso" interpretativo e molto ben preparata anche sotto il punto di vista della registrazione organistica che, anche grazie alle splendide timbriche dell'organo, non sfigura affatto al confronto con interpretazioni ben più "blasonate".
Lo strumento scelto per quest'incisione, di cui abbiamo già parlato in occasione di precedenti recensioni, è il robusto quattro tastiere realizzato da Pietro Corna nel 2010 per la Cattedrale di Bergamo. Questo strumento, con i suoi 55 registri nominali (45 reali) disposti su quattro tastiere e pedaliera su due corpi d'organo con trasmissione elettronica, presenta un ventaglio di possibilità fonico-timbriche di tutto rispetto in cui ad un Grande Organo squisitamente "italiano" si affiancano sonorità di diversa estrazione che lo rendono particolarmente adatto per un repertorio assai vasto ed articolato in cui classici, romantici e moderni riescono a trovare una sintesi di grande equilibrio, sintesi che -alla prova d'ascolto- si dimostra assai indicata per le musiche di questo disco, che abbisognano di nuances particolari e di escursioni dinamiche non comuni e non sempre disponibili anche in strumenti di maggior pregio e grandezza.
Le registrazioni sono state effettuate nel mese di Giugno 2020 da Paolo Guerini, tecnico del suono di grande esperienza nonché titolare dell'etichetta discografica produttrice del disco. La presa di suono è molto buona con una notevole "presenza" dello strumento, le sonorità molto ben definite e delineate in un panorama fonico-timbrico complessivo di ampia spazialità ed una buona resa complessiva, anche se in alcune sfumature del "fortissimo" avremmo preferito un pizzico di "definizione" in più.
Buona la veste grafica (peraltro comune a tutti i dischi realizzati nell'ambito della collana "Musica Cathedralis" a cui questo disco appartiene); un poco "tirato" -a nostro parere- il libretto a corredo (sole 8 pagine comprese le copertine) con un testo interessante ma secondo noi troppo schematico ed in sola lingua italiana. Senza pretendere i libretti in quattro lingue ricchi di testo, immagini e considerazioni musicologiche di famosi critici musicali, secondo noi un disco di buona importanza e rinomanza come questo avrebbe meritato sicuramente qualcosa in più.
In definitiva, un'incisione molto buona ed un prodotto discografico di ottimo livello sia per il repertorio che per l'interprete che per lo strumento rappresentato. Sicuramente da considerare con molto favore per arricchire nel modo migliore la nostra discoteca organistica.



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