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Petrali Organ Music




Petrali Organ Music
Organista: Paolo Bottini
Organi: Chiesa Parrocchiale di Trecate
Chiesa Parrocchiale di Palazzolo sull'Oglio
Chiesa Parrocchiale di Verolanuova
Brilliant Classics - 2CD - DDD - 95613 - 2020

Vincenzo Antonio Petrali è stato senza alcun dubbio una delle figure più rappresentative di un'epoca musicale (organistica ed organaria) che si preparava a passare dall'estetica "operistica" a quella che si sarebbe, dopo poche decine di anni, chiamata "estetica Ceciliana". Questo grande musicista, troppo poco considerato fino ad un decennio orsono, si trovò ad operare in un periodo complesso (seconda metà del sec. XIX) in cui si stava spegnendo da una parte l'enfasi della musica organistica di derivazione "operistica" mentre si aprivano dall'altra finestre sempre più ampie verso una classicità squisitamente "italiana" che andava a riprendere formulazioni stilistiche ormai dimenticate da un paio di secoli. Tutto questo avveniva, però, in un panorama strumentale che vedeva sempre gli organi "serassiani" grandi protagonisti, perlomeno nella parte settentrionale della nostra penisola, parte in cui Petrali nacque ed operò e che da quest'impostazione organaria trasse le sue ispirazioni principali.
A parte le sue opere "scritte", egli fu senza dubbio un grande improvvisatore e le testimonianze lasciate da coloro che ebbero la fortuna di ascoltarlo (tra cui anche Marco Enrico Bossi) lo dimostrano, sottolineando inequivocabilmente che le sue composizioni pubblicate non erano paragonabili alle sue splendide improvvisazioni. E se noi, dalle sue partiture, possiamo constatare il suo alto livello di ispirazione, la sua eccezionale tecnica e la sua pressochè perfetta conoscenza del "mezzo meccanico", possiamo solo provare ad immaginare quanto grande fosse la sua abilità di improvvisatore. E sicuramente questa sua grande esperienza e ricchezza di ispirazione ne guidarono il cammino che, come appare chiaro anche da quest'incisione, si rivela come un lento avvicinamento a quelle teorie musicali che solamente qualche anno dopo la sua morte daranno origine a quella che comunemente noi italiani denominiamo come "Riforma Organistica".
Abbiamo già trattato alcune volte su queste pagine incisioni discografiche dedicate a questo autore (QUI, QUI e QUI) a cui si deve aggiungere una pregevole "quasi" integrale realizzata da Giulio Piovani uscita nel 2013 per la Tactus che non abbiamo mai avuto occasione di recensire. Questo crescente interesse per le opere di questo musicista testimonia l'attenzione che il mondo organistico italiano sta sempre più rivolgendo ad un autore che se fino a ieri era stato considerato come "minore" nel panorama del XIX secolo, oggi viene giustamente riconosciuto come uno dei primi "protoriformatori" della musica sacra-religiosa organistica italiana.
La "carriera" musicale di Petrali si svolse tutta "all'ombra" dell'organo cosidetto "serassiano", cioè di quel genere di strumenti che univa alle basi foniche classiche dell'organo italiano le sonorità proprie di una musica "strumentale" ed "orchestrale", creando delle vere e proprie "orchestre a canne" (in cui non mancavano peraltro mai neppure le percussioni) sulle quali gli organisti che avevano estro ed inventiva potevano dare il più ampio sfogo possibile alla loro arte (e non per nulla Petrali su questi organi improvvisava, come suol dirsi, "da Dio") e non a caso egli fu uno dei più rinomati "collaudatori" degli organi che uscivano dalla bottega dei Serassi, opera di collaudo che proseguì anche con Locatelli e Lingiardi, accompagnandone l'evoluzione verso quello che diventerà poi l'organo "moderno" (e sempre non a caso, la sua raccolta di studi è da lui stesso denominata "Studi per l'Organo Moderno").
Questo suo cammino stilistico è del tutto evidente se si comparano le sue due Messe "Solenni" per Organo, la prima -in Re Maggiore- scritta verso il 1850 e la seconda, in Fa Maggiore, scritta quasi quarant'anni dopo. Se la prima è una "summa" dell'espressività "operistica" (quasi "bandistica") degli strumenti serassiani del periodo d'oro, nella seconda egli modifica il "target" strumentale, rivolgendosi ad un tipo di strumenti che se da una parte mantenevano l'impostazione precedente, dall'altra aprivano alle nuove teorie tecnico-foniche che davano spazio a sonorità diverse, meno eclatanti ed a tecniche costruttive che già si rivolgevano ad orizzonti europei più vasti. In effetti la seconda Messa Solenne è esplicitamente scritta per un organo che deve avere due tastiere e -soprattutto- una pedaliera di 27 note (a quell'epoca in Italia venivano importati due tipi di queste pedaliere estese; il primo veniva dalla Germania ed era una pedaliera retta, denominata "alla tedesca", il secondo tipo -utilizzato anche da Locatelli in alcuni suoi organi- veniva dall'Inghilterra, era concava e definita "all'inglese") invece della solita pedaliera inclinata corta di 18-19 pedali. E gli effetti di questa evoluzione si sentono esplicitamente nella tecnica compositiva del Petrali che, sfruttando le caratteristiche di questi organi, indulge volentieri ad uno sviluppo formale che attinge ampiamente al contrappunto ed alla polifonia, sempre senza però mai rinunciare ad un'ispirazione forte, profonda e ricca di estro ed inventiva.
Nel doppio CD che presentiamo oggi, Paolo Bottini ci presenta, appunto, la "Messa Solenne in Fa Maggiore" (che occupa l'intero primo disco) e, nel secondo disco, una selezione dei già citati "Studi per l'Organo Moderno", di cui i 15 "per l'Organo semplice" del Secondo Libro e 19 accuratamente selezionati dai 50 "per il Ripieno" del Primo Libro.
Abbiamo già più volte trattato le performances di Paolo Bottini su queste pagine e sempre ne abbiamo sottolineato la grande sensibilità musicale, che gli consente in ogni contesto stilistico di ottenere risultati di grande spessore, risultati a cui non è per nulla estranea la sua capacità di cogliere l'essenza delle opere che interpreta. Questo lavoro di studio, approfondimento e ricerca non si ferma, ovviamente, alla banale lettura della partitura, bensì si volge anche ad ambiti di tipo musicologico e storiografico, cosa che gli consente di "inquadrare" gli autori e le loro opere sempre nel giusto contesto storico e musicale, tenendo conto dei percorsi e delle evoluzioni che contraddistinguono sempre la produzione musicale di qualsiasi musicista degno di questo appellativo. In quest'incisione, la figura del Petrali, più che nella sua veste di organista e virtuoso, viene sottolineata sotto gli aspetti evolutivi di un personaggio che visse ed operò, come abbiamo detto, in un periodo assai particolare della storia musicale italiana, un periodo che da una parte cercava di evolvere verso nuovi orizzonti mentre dall'altra vedeva la crescita della consapevolezza che la nostra musica aveva radici ben più solide ed "antiche" rispetto a quello che i decenni precedenti avevano proposto. Sotto questo aspetto, le interpretazioni di Bottini vanno a cercare -e riescono a rendere abbastanza soddisfacentemente- quelle che furono le radici, le speranze, le aspettative ed i risultati che Petrali visse ed ottenne durante la sua carriera, senza peraltro dimenticarne gli aspetti più significativi.
L'ottimo risultato che l'organista ci presenta in questi dischi è dovuto, oltre alla sua tecnica ed alla sua musicalità, anche ad un'accuratissima scelta degli strumenti. In effetti, come abbiamo già sottolineato, il Petrali fu un collaudatore d'organi di strepitosa fama e per mezzo secolo i grandi organari di quell'epoca poterono vantare il suo collaudo per molti dei loro strumenti più prestigiosi. Come abbiamo già accennato, Petrali fu il collaudatore "ufficiale" dei Lingiardi, i famosi organari pavesi che, dopo aver iniziato l'attività nei primi anni dell'Ottocento, vissero ed operarono proprio in concomitanza con i decenni del critico passaggio dall'organo orchestrale a quello riformato, terminando la loro attività nel secondo decennio del Novecento.
Oltre alle diverse innovazioni tecniche (ad esempio il somiere a doppio scompartimento, che consentiva di utilizzare pressioni diverse per specifici gruppi di registri) ai Lingiardi si deve riconoscere il fatto di aver vissuto il periodo riformista dalle sue origini fino alla sua massima espansione. Quest'evoluzione non è mai troppo appariscente nei loro strumenti, che si fondavano sempre sul modello dell'organo-orchestra, sotto il punto di vista delle foniche, ma la si scopre quasi sempre "sottotraccia" in molte piccole ma importanti novità nel campo della tecnica (ad esempio le "pedaleve"), che consentirono ai loro strumenti di mantenere sempre una rassicurante timbrica ottocentesca italiana mentre venivano introdotte tecnologie che avvicinavano i loor strumenti a quella "modernità" tecnologica che sempre più veniva importata (e mediata) dall'organaria d'oltralpe.
Per quest'incisione, quindi, Bottini ha scelto non uno, bensì tre organi realizzati da Lingiardi nel periodo di massima attività del Petrali (e dei Lingiardi stessi). Si tratta dell'organo della chiesa parrocchiale di Trecate, realizzato nel 1866, di quello realizzato nel 1873 per la chiesa parrocchiale di Verolanuova e di quello della chiesa parrocchiale di Palazzolo sull'Oglio, costruito nel 1876. Tutti questi organi presentano due tastiere (Grande Organo ed Organo Eco), registri spezzati in bassi e soprani come d'uso nella tradizione organaria ottocentesca italiana e pedaliera inclinata corta (due di 12 note ed una di 17 note suonanti; la pedaliera dell'organo di Palazzolo sull'Oglio è stata poi sostituita con una pedaliera retta di 27 note mantenendo però solo 12 note suonanti). Tutti questi strumenti rappresentano alla perfezione l'ideale fonico-timbrico dei Lingiardi ed, essendone coevi, sono perfettamente indicati per l'interpretazione delle musiche del Petrali. Si tratta di organi-orchestra sopra i quali le improvvisazioni del Petrali trovavano la loro massima possibilità di espressione e sui quali, ancora oggi, le sue musiche scritte prendono espressioni e colori che le rappresentano alla perfezione.
Le registrazioni sono state fatte nell'Aprile 2018 per Trecate e nel Maggio e Giugno 2019 rispettivamente per Palazzolo e Verolanuova. Alla consolle di mixaggio l'inossidabile ed espertissimo Federico Savio che, con la consueta perizia ed esperienza, riesce a rappresentarci tutte le sfumature (ma anche la potenza e la grande espressività) di tre organi di grande pregio che testimoniano ancora oggi un grande periodo dell'arte organaria italiana (a Federico Savio si deve anche il delicato ma efficacissimo lavoro di editing e post-produzione).
Molto buona la veste grafica, con un libretto interessante ed assai esaustivo con testi (in Italiano ed Inglese) dello stesso Bottini, una completa ed accurata descrizione delle caratteristiche tecnico-foniche degli strumenti ed un'iconografia sobria ed essenziale.
Nel panorama discografico attuale, nella foltitudine di produzioni che presentano caratteristiche di ripetitività ed in un panorama di disponibilità (soprattutto sui canali media-video che si moltiplicano sulla Grande Rete) popolato da interpretazioni non sempre all'altezza di una buona qualità interpretativa e tecnica, questa produzione si distingue per molte caratteristiche di accuratezza, interpretazione e gradevolezza che la rendono assai interessante e di alto livello.
Sarà un ottimo acquisto per la vostra discoteca organistica.



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