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L'Organo della Chiesa di Montanaro




Antichi Organi del Canavese:
Organo Bruna-Vegezzi Bossi della chiesa di
S.Maria Assunta e S. Nicolao di Montanaro (Torino)

Organista: Roberto Cognazzo
Organo Chiesa di Montanaro
CD - Edizioni Leonardi Milano - DDD - LEOCD014

Splendido, entusiasmante e spettacolare. I lettori abituali di questa pagina sanno che i superlativi assoluti e le lodi sperticate non sono propriamente le caratteristiche delle nostre recensioni e, pertanto, forse rimarranno un poco sorpresi dei tre aggettivi utilizzati in apertura. Ma queste sono esattamente le prime impressioni che abbiamo ricevuto dall'ascolto di questo disco, prime impressioni che sono state abbondantemente confermate nei ripetuti ed attenti ascolti successivi, traendone ogni volta motivi di maggiore soddisfazione.
Questo disco, segnalatoci e consigliatoci caldamente dall'amico Giulio Pedretti, fine intenditore di organistiche cose, ci ha sorpreso piacevolmente sotto tutti gli aspetti. Si tratta di una produzione della ProLoco di Montanaro e dall'Unione Nazionale delle ProLoco di Italia, dedicata agli antichi organi del Canavese, una zona del Piemonte ricca di strumenti di grande valore, che raccoglie alcune vere e proprie "perle" musicali. In questo caso specifico allo splendido strumento si unisce uno spumeggiante repertorio di musiche "operistiche", pirotecnicamente interpretate da Roberto Cognazzo, forse uno dei più valenti ed al tempo stesso spettacolari interpreti di questo genere di repertorio.
Inserito il Cd nel lettore si inizia con un "assaggio" delle splendide sonorità dello strumento, che ci offre una "Pifferata del Palazzo di Città", brevissimo brano di autore anonimo del 1700, che vede protagonisti i Flauti. Come succulento antipasto, poi, Cognazzo ci propone un'altra "chicca" l' "Inno del Carnevale di Ivrea", opera di Lorenzo Olivieri, autore eporediese dell'Ottocento, che giostrando abilmente tra Ancie mirabolanti, registri di fondo di sapiente e rotonda intonazione, roboar di Timpani e squillar di tintinnabuli, ci immerge di botto nell'atmosfera del tutto particolare di un repertorio musicale tanto interessante quanto troppo poco conosciuto e, soprattutto, molto spesso interpretato senza il necessario spirito.
Ma ecco che Cognazzo, dopo aver "scaldato" l'ambiente spara in rapida successione tre veri e propri "grossi calibri": la "Sinfonia col tanto applaudito Inno Popolare", "L'arrivo dei pastori al Santo Presepio e loro partenza dal medesimo suonando la zampogna" e la "Marcia Finale con strumenti marziali" di Felice Moretti, più comunemente conosciuto come Padre Davide da Bergamo.
Dobbiamo sinceramente dire che raramente abbiamo potuto ascoltare, anche in concerti dal vivo, questi brani interpretati con tanta bravura e, soprattutto, così perfettamente colti nel loro spirito più profondo. Eccezionale la Sinfonia in cui l'Haydn del "tanto applaudito inno popolare" (che altro non è che l'inno nazionale germanico) viene magistralmente inserito in un contesto musicale che più lontano non potrebbe essere senza fare una piega e, soprattutto, senza perdere un filo del suo peso musicale e rappresentativo. Veramente spettacolare e descrittivo è invece L'Arrivo dei Pastori, in cui l'avvicinarsi e l'allontanarsi degli stessi è sottolineato da un crescendo e da un decrescendo fonico che porta l'organista a sfruttare mano a mano tutte le possibilità timbriche di questo superbo organo che dimostra di avere fiato e grinta da vendere, grinta che conferma nella Marcia finale, in cui la fanno da padrone -appunto- gli "strumenti marziali", cioè i Campanelli, i Timpani, la Banda, i Piatti, la Grancassa ed il Rollante, che insieme alle squillanti sonorità dell'organo ci danno un'idea quanto mai precisa di quanto spettacolare ed emotivamente coinvolgente possa essere questo genere di musica se interpretata "come si deve".
Dopo Felice Moretti, il disco passa a trattare un altro tipo di repertorio musicale nato per questo tipo di strumenti: la trascrizione operistica. Abbiamo già parlato, nella scorsa pagina dedicata alla Storia dell'organo, del fenomeno delle trascrizioni, che divennero il genere musicale organistico più in voga per quasi tutto l'Ottocento. In questo disco Roberto Cognazzo ci dimostra che, contrariamente a quanto spesso si è affermato da parte dei "puristi" dell'organo, la trascrizione operistica, quando ben realizzata, è uno dei generi organistici al tempo stesso più difficili e interessanti. Bisogna dire qui che lo strumento utilizzato nel disco, come d'altra parte quasi tutti gli organi costruiti in quell'epoca, è praticamente fatto "su misura" per l'esecuzione di queste opere, e Roberto Cognazzo lo sfrutta fino in fondo, arrivando spesso e volentieri a "tirargli il collo" per cavargli fino all'ultima nota e fino all'ultimo rullo di tamburo, cosa che l'organo di Montanaro fa senza perdere un colpo.
In questo contesto, gli amanti di questo genere musicale potranno bearsi nell'ascoltare ben nove trascrizioni di brani tratti da opere di Giuseppe Verdi. Si comincia dal "Parmi veder le lagrime" e dal "Un dì, se ben rammentomi" dal Rigoletto per passare poi ad un fantasmagorico "Di quella pira" e ad un'ispiratissima "D'amor sull'ali rosee" tratti dal Trovatore. Splendido, poi, il Preludio del primo atto della Traviata, seguito dal "Coro di zingarelle" e dal commovente "Addio al passato" della stessa opera. Una spumeggiante e travolgente trascrizione della Sinfonia dei Vespri Siciliani prelude quindi al gran finale del disco che altro non è il "Gran Finale" del secondo atto dell' Aida, il tutto di tale bellezza e tale spettacolarità da indurci a pigiare subito il tasto "repeat" del lettore e gustarci da capo il tutto.
Di Cognazzo, personalità eminente e di spicco della musica organistica (e non solo organistica) italiana, ben poco possiamo aggiungere a quanto già di lui si conosce. Sicuramente, tra le innumerevoli produzioni da lui dedicate a questo genere musicale, questa è senz'altro una delle migliori e più "ispirate". La sua bravura, la sua tecnica sopraffina e la sua capacità di "interpretare" in profondità queste pagine, unite all'utilizzo di uno strumento splendidamente rispondente alle sue necessità, rendono quest'incisione uno splendido documento da affidare alla storia delle incisioni discografiche.
Lo strumento, poi, è semplicemente stupendo. Costruito da Giovanni e Giacinto Bruna nel 1810, successivamente ampliato e rivisto da Giacomo Vegezzi Bossi nel 1872 ed infine restaurato da Dell'Orto-Lanzini nel 1996, presenta due tastiere (Grande Organo ed Organo di Eco) ed una sessantina di registri, più tutti gli "accessori" necessari per l'esecuzione della musica "operistica". Presenta una tavolozza timbrica ampiamente orchestrale, che può passare dal più delicato e dolce pianissimo fino al più possente e grandioso "fortissimo" (ne avrete uno spettacolare esempio nel Gran Finale dell'Aida).
Un ultimo accenno infine, come di prassi, all'aspetto tecnico dell'incisione. Realizzata nel 2001, la registrazione, interamente digitale, è ottima sotto tutti gli aspetti e questo è un punto di merito, poichè riuscire a rendere tutta la tavolozza timbrica di uno strumento di tali dimensioni e caratteristiche equivale in pratica ad incidere il suono di un'intera orchestra sinfonica, con in più tutti i problemi legati alla non facile acustica delle chiese. Magistralmente resa la differenziazione dei piani sonori dei due corpi d'organo e degli strumenti "orchestrali" (campanelli, banda, tamburo, ecc.). Praticamente assente il rumore di fondo, tranne la naturale profondità di riverbero che in questo caso esalta l'incisione rendendola, se possibile, ancora più "intensa".
In conclusione, un disco veramente bello e particolarmente interessante, che non deve assolutamente mancare nella discoteca di ogni appassionato di organo e musica organistica.



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