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Organ Visions II




Organ Visions II
Organista: Marco Lo Muscio
Organo All Saints Church di Roma
CD - Studio Amadeus - DDD - 0005

La recensione di questa pagina riguarda un disco che riserva diverse gradite sorprese e che tratta un repertorio che non molto spesso si riesce ad ascoltare, soprattutto se -come in questo caso- interpretato ed inciso da un organista italiano. In questo gradevolissimo CD, in effetti, possiamo trovare una buona rappresentanza di brani del Novecento Britannico, unitamente a qualche brano di diversa estrazione e ad alcune pregevoli trascrizioni, opera dell'interprete.
Purtroppo ci siamo perduti, nelle nostre passate recensioni, il primo volume delle "Organ Visions", ma possiamo dire tranquillamente che questo disco prosegue nell'esplorazione di un repertorio particolare e che si discosta dalle solite produzioni discografiche monotematiche. In effetti qui troviamo brani di alcuni "mostri sacri" della musica organistica britannica moderna e contemporanea quali Howells ("Master Tallis's Testament"), Weaver ("Passacaglia su un tema di Dunstable"), Walton ("Musiche per il Riccardo III") e Steel ("Cascades d'Allegresse"), unitamente ad uno stupendo e semisconosciuto brano ("Alleluyas") di Simon Preston. Accanto a questa finestra aperta sull'organo inglese contemporaneo, troviamo le bellissime "Variazioni su di un canto norvegese" di Bjarne Sløgedal, autore norvegese contemporaneo, che in questo brano coniuga splendidamente forme organistiche classiche e moderne con un tema di carattere spiccatamente popolare e folcloristico. Possiamo quindi apprezzare un paio di "chicche" di Tournemire ("Rapsodia" e "Toccata"), tratte dai suoi "Petits Fleurs Musicales", ed una bella trascrizione delle "Gymnopedies" di Satie, a cui si affianca, come apertura del disco, la trascrizione della prima parte di "Also sprach Zarathustra" di Strauss. A completare questo viaggio, Marco Lo Muscio ci propone due sue trascrizioni di antiche musiche inglesi: un Preludio in forma di danza scritto da Enrico VIII ed una Marcia di Purcell.
Diciamo subito che, a rigore di filologia, questa mescolanza di autori può fare storcere il naso a più di un purista, soprattutto se teniamo conto che la maggior parte delle produzioni discografiche organistiche di oggi tengono ben aperto un occhio di riguardo alla coerenza storica e musicologica. Da parte nostra, invece, riteniamo che questo disco abbia una sua coerenza ed integrità, prima di tutto per la sua rispondenza alle caratteristiche musicali che l'organista predilige, e poi per questo aspetto -sottolineato dal titolo- di viaggio visionario nel mondo dell'organo e della sua musica, presentata in un modo quasi onirico e staccato dal tempo e dallo spazio.
Marco Lo Muscio è un giovane interprete della nuova scuola organistica italiana. Diplomato in pianoforte con il massimo dei voti e perfezionatosi presso l'Academia "Cristofori", si sta perfezionando in organo e composizione organistica a Roma presso James Edward Goettsche. Il suo repertorio organistico spazia dalle opere di Johann Sebastian Bach fino agli autori contemporanei, ma la sua predilezione corre agli autori americani, inglesi e francesi del Novecento. Molto attivo anche nel campo della composizione, si dedica anche alla trascrizione organistica ed al concertismo. Ha al suo attivo decine di concerti e molte registrazioni radiofoniche e televisive. Ha inoltre una spiccata predilezione per la musica jazz, in particolare per le composizioni di Keith Jarrett, delle quali ha proposto sue trascrizioni. In questo disco egli dimostra una tecnica solida e robusta, che trae dal pianoforte le sue caratteristiche più spettacolari, senza peraltro travalicare mai il confine che passa tra un'interpretazione energica e brillante ed il virtuosismo fine a se stesso. Sotto questo punto di vista egli si dimostra ottimo erede di quel concertismo organistico italiano che privilegia gli aspetti musicali dei brani rispetto a quelli effettistici e che ha avuto in Germani il suo massimo esponente e che ancora oggi viene tramandato dai suoi allievi alle nuove generazioni.
Splendida la scelta dello strumento, l'organo della chiesa anglicana di All Saints in Roma, uno stupendo tre tastiere di britannica fattura che sembra fatto apposta per l'esecuzione delle musiche contenute in questo disco.
Un ultimo cenno, come di solito, per le registrazioni, effettuate nel Giugno dello scorso anno. Per essere una delle prime produzioni di questa casa discografica, la presa di suono è ottima e la presenza sonora dello strumento, in tutti i suoi piani sonori, è perfetta, con una giusta e quasi naturale dose di riverbero che ne sottolinea le possibilità fonico-timbriche senza peraltro penalizzarne le sonorità più delicate.
In definitiva, un ottimo disco che consigliamo volentieri a tutti gli appassionati.



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