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Si fa presto a dire Integrale!




Integrali Bachiane
Organisti Diversi

Oggi non recensiremo dischi in particolare; cercheremo invece di fare un paio di considerazioni sulle cosidette "integrali" bachiane che si possono trovare in circolazione, andando un poco più in profondità nello scoprirne le particolarità quantitative e qualitative.
Per entrare in argomento ci terrei a sottolineare che di per sè la parola "integrale" sta a significare che in queste incisioni discografiche ci dovrebbe essere tutta la produzione organistica dell'autore, in questo caso Johann Sebastian Bach. E' però sufficiente dare un'occhiata anche superficiale ad una qualsiasi di queste edizioni per accorgersi che nella maggior parte dei casi si è ben lungi dalla completezza, ed anche in quelle più complete si lasciano per strada diverse cose. Su questo punto dobbiamo dire che ogni produzione segue un orientamento ben preciso, di solito dettato anche dalle convinzioni e dalle opinioni dell'interprete.
Sappiamo tutti che il catalogo delle opere organistiche del Kantor di Lipsia è ben lungi dall'essere preciso e, soprattutto, completo, visto che di anno in anno si scoprono nel Mondo nuove opere finora sconosciute. A ciò si aggiunga il fatto che nel catalogo sono presenti anche diverse opere la cui paternità risulta perlomeno dubbia ma che, in mancanza di attribuzione certa, vengono "attribuite" a Bach. Questo fa si che il numero di catalogo delle opere di Bach (il famoso BWV) si arricchisca sempre di "new entry" e che molte opere vengano col tempo "risistemate" al giusto posto.
Questa "elasticità" fa si che le opinioni di musicologi ed interpreti differiscano anche di molto circa le opere organistiche bachiane veramente "autentiche". In questo modo, nei decenni, le "integrali" organistiche bachiane si sono differenziate sia nella quantità dei brani presentati, sia nella loro scelta, che ora ha compreso esclusivamente le opere di certa attribuzione, ora anche altre opere di attribuzione dubbia od incerta ma comunque inserite nel catalogo. In alcuni casi si sono inseriti anche brani non specificatamente organistici e normalmente destinati all'esecuzione con altri strumenti.
Tutti questi fattori hanno fatto si che ogni "integrale" discografica organistica bachiana, pur contenendo lo "zoccolo duro" di certa attribuzione, si differenzi talora notevolissimamente dalle altre.
Per il nostro esperimento di comparazione abbiamo quindi cercato la versione più recente del Catalogo delle opere organistiche bachiane, che conta 390 titoli. Ovviamente noi prendiamo anche questo catalogo con il beneficio dell'inventario, ma riteniamo che esso sia la base di partenza più autorevole per avere un'idea di come dovrebbe essere articolata una vera e propria "integrale" discografica organistica bachiana.
Sulla base di questo catalogo effettueremo le comparazioni. A questo proposito abbiamo scelto sette produzioni discografiche che spaziano nel tempo, dalla "mitica" integrale di Helmut Walcha degli Anni Sessanta fino a quella iperfilologica di Ton Koopman, passando attraverso alcuni punti fermi nell'intepretazione bachiana quali le integrali di Michel Chapuis, Lionel Rogg e Marie-Claire Alain, senza peraltro dimenticare la corposissima (ma a nostro parere troppo "impersonale") integrale di Stockmeier e quella di Olivier Vernet, che abbiamo recensito in queste pagine non molto tempo fa. Ovviamente ne abbiamo tralasciate alcune, sicuramente anch'esse del tutto meritevoli di figurare in questo panorama, ma riteniamo, comunque, che la comparazione di sette produzioni discografiche di notevole importanza storica e musicale sia più che sufficiente per fornire ai nostri lettori alcuni argomenti di riflessione.
Il primo fattore su cui ci soffermeremo è la completezza, cioè -in altre parole- la quantità di brani rappresentati. Sotto il punto di vista strettamente quantitativo, diciamo che le integrali di Koopman e di Stockmeier staccano nettamente le altre rispettivamente con 263 e 255 brani; seguono quella di Vernet con 216, Chapuis con 207, Alain con 202; chiudono Rogg (164) e Walcha (162). Se però andiamo ad analizzare più a fondo le cose, notiamo che Stockmeier e Koopman differenziano significativamente le scelte del repertorio. Se il primo privilegia la presenza della serie dei Corali meno noti (compresi tra il BWV 739 ed il BWV765), Koopman inserisce nella sua integrale tutti i corali "Neumeister" (da BWV 1085 a BWV 1120) e diverse opere degli Anhang, totalmente ignorate degli altri. Ma anche nelle altre integrali sono evidenti le differenze. Ad esempio i Corali "Rudorff" sono presenti nell'integrale di Vernet il quale, curiosamente, vi inserisce anche cinque brani destinati al clavicembalo (BWV 914, 973, 974, 978 e 989). Marie Claire Alain, per parte sua, limita i "fuori tema" al "Ricercare a 6" tratto dall'Offerta Musicale mentre Walcha ci omaggia dell'intera "Arte della Fuga" realizzata all'organo, completa anche dell'ultimo contrappunto, presente sia nella versione "incompleta" lasciata dall'autore che in quella mirabilmente "completata" dallo stesso Walcha.
E' da dire, a proposito di questa integrale, che essa è stata realizzata negli Anni Sessanta, quando ancora il catalogo delle opere organistiche bachiane era di molto ridotto rispetto a quello che noi abbiamo preso come base per la nostra comparazione. Sta comunque di fatto che l'integrale di Helmut Walcha è e rimane -a nostro parere- una delle qualitativamente, musicalmente e stilisticamente migliori in assoluto ed ancora oggi rappresenta un punto fermo nella storia dell'interpretazione organistica bachiana, un punto fermo da cui non si è potuto e non si potrà mai prescindere nello studio della musica del Kantor di Lipsia.
Come seconda cosa vediamo quali sono i titoli che vengono presentati in tutte le produzioni. Sembrerà strano, ma su di un totale di catalogo di 390 titoli, quelli che risultano presenti in tutte e sette le integrali sono solamente 131, cioè un terzo. In essi troviamo tutte le opere libere maggiori e più conosciute, le Triosonate, l' Orgelbüchlein, il Dritter Teil der Klavierübung, i Corali Schübler, i Corali di Lipsia e qualche brano di secondo piano. Questo, secondo noi, è abbastanza significativo e ci dimostra di come -gira e rigira- nonostante che il catalogo bachiano si sia arricchito di molto, per gli interpreti di ieri e di oggi i brani veramente "significativi" dell'opera organistica di Bach siano sempre e comunque gli stessi.
Quello che passa ad interessarci di più, a questo punto, è il "contorno" che in queste integrali viene offerto insieme al "piatto forte". In questo senso le differenze sono veramente spiccate e riflettono sia le impostazioni editoriali e musicologiche della produzione che le preferenze e le opinioni degli interpreti. Sarà curioso, a questo proposito, notare di come sia Walcha che Rogg non presentino le trascrizioni per organo dei Concerti, opere che sono risultate importantissime per definire precisamente l'evoluzione estetica e musicale di Johann Sebastian Bach. I motivi precisi di questa omissione, per la verità abbastanza pesante, non ci sono ben chiari. Nel caso di Walcha potremmo azzardare un'ipotesi "integralista", nel senso che le interpretazioni bachiane di questo grande cieco tedesco hanno sempre privilegiato l'aspetto contrappuntistico, mettendolo al centro della figura e della musica di Bach. Non per nulla egli, se da una parte tralascia i Concerti ed una considerevole parte di opere che potremmo definire meno "impegnate", dall'altra ci offre una spettacolare ed irripetibile "chicca": l'intera Arte della Fuga realizzata all'organo, con tanto di Contrappunto finale completato con un'arte ed una maestria contrappuntistica tali da rendere inavvertibile la differenza stilistica. Per ciò che riguarda Lionel Rogg, riteniamo che questa mancanza sia stata dettata più che altro da una scelta filologica che tende a mettere in secondo piano le trascrizioni e gli arrangiamenti, privilegiando le composizioni originali. Ciò è confortato anche dal fatto che la sua integrale è l'unica che non presenta i quattro Duetti.
Ma, ritornando ai "contorni", possiamo constatare che ogni produzione differenzia le scelte in modo considerevole. Se, come abbiamo già detto, Vernet ci propone i Corali "Rudorff", alcuni "Neumeister" e tutte le seconde versioni dei 18 Corali (oltre a qualche brano per clavicembalo), Koopman ci presenta tutti i Neumeister, tutte le opere libere minori ed un discreto numero di corali minori. L'integrale di Chapuis, invece, è quella che fornisce una più ampia visione della musica bachiana, inserendo molti corali (dal BWV 720 al BWV 740 ed altri) che troviamo solamente nelle altre integrali di Stockmeier e di Koopman. Se teniamo conto del fatto che questa produzione risale ai primi Anni Settanta, possiamo dire che alla sua uscita essa è stata senz'altro una delle integrali più complete. L'integrale di Marie Claire Alain non ci riserva grandi sorprese sotto questo punto di vista mentre un discorso a parte va fatto per quella di Stockmeier.
Composta di 20 Cd, questa integrale è stata incisa negli anni tra il 1977 ed il 1981 e se andiamo a vedere il catalogo organistico bachiano di quegli anni abbiamo la piacevole sorpresa di constatare che questa integrale comprende tutti, ma proprio tutti, i brani in esso allora presenti. Ci sono tutti i numeri di catalogo dal BWV 525 al BWV 771, tre doppie versioni (BWV 131a, 691a e 1027a) ed il primo Corale Neumeister (BWV 1085), l'unico allora conosciuto e riportato anche nell'integrale di Chapuis. Un'altra particolarità di questa iintegrale è il fatto che i brani vi sono presentati in ordine di Catalogo, mentre in tutte le altre i criteri sono differenziati. In alcuni casi le opere vengono presentate secondo l'ordine cronologico (presunto od effettivo) di composizione, in altri casi esse vengono suddivise per aree tematiche o, ancora vengono alternate opere libere a corali. Circa quest'ultimo aspetto, ci preme sottolineare come l'integrale di Koopman spinga la sua "filologicità" ad affiancare ai Preludi-Corali strumentali anche la versione cantata degli stessi, in modo da fornire all'ascoltatore di fede non protestante l'esempio di cosa fossero ed a cosa servissero effettivamente queste composizioni.
Un'ultimo cenno circa gli strumenti utilizzati. L'integrale di Walcha è stata incisa alle consolle di due "mostri sacri" dell'arte organaria europea barocca, lo Schnitger 1723 della Sint-Laurenskerk di Alkmaar e lo splendido Silbermann 1712 della chiesa di St, Pierre le Jeune di Strasbourg. Chapuis, invece, ha alternato le incisioni sullo Schnitger della St. Michael Kirche di Zwolle, sui due Andersen della Erlöser Kirche di Kopenhagen e della St. Benedikt Kirche di Ringsted, sul Beckerath della Paulus Kirche di Hamm e sul Klapmeyer della St. Nikolaus Kirche di Altenbruch. Lionel Rogg, invece, ha preferito incidere tutta l'integrale alla consolle del bellissimo Silbermann della Domkirche di Arlesheim. Stockmeier ha invece passato in rassegna ben 14 organi di epoche diverse: St. Martinus Kirche di Hagen, St. Andreas Kirche di Emsbüren, St. Vitus Kirche di Visbek, Stadtpfarrkirche di Fulda, St. Jodocus Kirche di Bielefeld, St. Johann Kirche di Osnabrück, St. jacobus Kirche di Glane, St. Wiho Kirche do Osnabrückm, Wallfahrtskirche di Rulle, St. Marien Kirche di Kloster-Oesede, St. Goar Kirche di Flieden, Schlosskirche di Bad Iburg, Maria Himmelfahrt Kirche di Lorup e St. Laurentius Kirche di Langförden.
Anche l'integrale di Koopman si avvale dell'utilizzo di diversi strumenti molto pregevoli ed importanti: lo Schnitger della Martinikerk di Groningen, il Bader della St. Walburgiskerk di Zutphen, i due Riepp della Basilica di Ottobeuren, il Muller della Waalse Kerk di Amsterdam, il Silbermann del Duomo di Freiberg, lo Schnitger della St. Jacobi Kirche di Hamburg, il Muller della Grote Kerk di Leeuwarden ed il Garrels della Grote Kerk di Maassluis.
Nell'integrale della Alain, invece, ritroviamo alcuni strumenti già utilizzati dai precedenti interpreti: Martini Kerk di Groningen, Duomo di Freiberg, Silbermann della chiesa di Rötha, St. Laurenskerk di Alkmaar, Kern dell' Eglise di Masevaux, Muller della St, Bavokerk di Harlem e della Jacobijnerkerk di Leeuwarden, Eglise de St. Hilaire di Näfels e Treutman della Stiftskirche di Grauhof-Goslar.
Anche Olivier Vernet ha utilizzato diversi strumenti -antichi e moderni- per la sua integrale: Guillemin dell'Eglise di Chavagne en Paillers e dell' Eglise de St. Vincent di Mérignac, Aubertin dell' Eglise St. Louis di Vichy, Freytag & Aubertin dell' Eglise St. Vincent di Lyon, Ahrend dell' Eglise des Jesuites di Porrentruy, Aubertin dell' Eglise St. Martin di Vertus, Ahrend della chiesa di S. Simpliciano di Milano, Treutmann della Stiftskirche di Grauhof-Goslar, Aubertin della chiesa di Saessolsheim, Schott & Bossart della chiesa di Muri, Silbermann del Duomo e della Johanniskirche di Freiberg.
Come si può vedere, nessun organo "eclettico" o "sinfonico". Sotto questo punto di vista la rigorosità filologica degli interpreti è stata ammirevole ed anche gli strumenti moderni talvolta utilizzati rientrano nel novero degli organi realizzati secondo le più classiche norme della "Orgelbewegung".
Le ultime considerazioni le dedichiamo all'aspetto interpretativo e, pertanto, rispecchiano i gusti e la sensibilità musicale di chi scrive.
Se Walcha è il perfetto testimone dell'austerità del contrappunto e della religiosità luterana di Bach, con Chapuis si aprono nuovi orizzonti sulla musica del Kantor di Lipsia, di cui vengono sottolineati aspetti che ne chiariscono ed approfondiscono la conoscenza. Di Stockmeier apprezziamo la completezza e l'accuratezza dell'interpretazione ma, sinceramente, non ci pare che si vada al di là di un'esecuzione corretta e precisa. Koopman è sicuramente linterprete più filologicamente e stilisticamente "accorto", documentato ed approfondito senza peraltro cadere mai nella pedanteria. Forse un pò troppo "pesanti" gli abbellimenti, peraltro realizzati in base ai più recenti ed acreditati studi filologici in materia. Corretta, precisa e molto compresa nel suo compito Marie Claire Alain, che in questa integrale mette fortunatamente da parte i forzosi francesismi che caratterizzavano le sue interpretazioni bachiane del passato per mettere in evidenza la sua musicalità, tecnica ed esperienza. Di Vernet abbiamo già parlato in queste pagine e ad esse rimandiamo il lettore curioso.
Infine, per i più interessati, qui troverete il prospetto comparativo completo delle integrali che abbiamo esaminato.



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