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Mendelssohn a Roma




Mendelssohn a Roma
Organisti: Livia Mazzanti e Francesco Finotti
Ayre Records - AYCD-200902 - DDD

Segnalatoci dal Prof. Graziano Fronzuto, raffinato cultore ed appassionato di organistiche cose capitoline, abbiamo con molto piacere ascoltato questo interessantissimo disco, realizzato nell'Ottobre dello scorso anno 2009 e prodotto dall'Associazione Culturale "Super Flumina" di Roma in occasione del bicentenario della nascita di Mendelssohn. Alla consolle, rigorosamente "live in concert", due interpreti veramente speciali, Livia Mazzanti e Francesco Finotti, figli artistici di Jean Guillou ed attualmente tra i migliori e maggiormente apprezzati esponenti dell'arte organistica italiana nel Mondo. Lo strumento scelto è forse uno dei migliori, relativamente all'epoca della sua costruzione, della Capitale; è stato realizzato da Steinmeyer nel 1930 per la chiesa Evangelica Luterana e questa è la prima incisione discografica in assoluto effettuata alla sua consolle.
Il disco contiene alcuni brani registrati dal vivo in occasione dei due concerti effettuati, come abbiamo già accennato, nell'Ottobre scorso. Livia Mazzanti ci propone la Sonata n. 3 in La Maggiore, il Preludio e Fuga n. 1 in Do minore e la Sonata n. 6 in Re minore mentre Francesco Finotti ci delizia con le Sonate n. 2 in Do minore e n. 5 in Re maggiore.
Indubitabilmente in questa incisione possiamo apprezzare un Mendelssohn che si stacca di molto dalle interpretazioni "scolastiche" che purtroppo non sono solo retaggio degli studenti di organo ma anche di interpreti molto famosi ed affermati che, spiace dirlo, non vanno al di là di una lettura abbastanza superficiale del materiale musicale che, se invece ben compreso, fa dell'opera organistica di Mendelssohn un vero caposaldo in cui si fondono classico e moderno, la rigorosità musicale e contrappuntistica del grande Bach e l'ispirazione squisitamente romantica del primo Ottocento, perno su cui poggia tutta la produzione organistica seguente e che rivela spunti di modernità assolutamente innovativi. In quest'ottica, le interpretazioni della Mazzanti e di Finotti sono un pò come uno squarcio di luce nell'oscurità, e se da un lato potranno produrre qualche momento di comprensibile "smarrimento" negli ascoltatori più "ortodossi" (e la titubanza nello scrosciar dell'applauso dopo la Fuga finale della seconda sonata, interpretata con un fraseggio assolutamente non convenzionale, lo testimonia abbondantemente), dall'altra richiedono -ed in qualche modo impongono- all'ascoltatore un'apertura mentale, musicale ed artistica che lo conduce alla scoperta di un messaggio musicale che spesso rimane seminascosto.
Qualcuno obietterà che da due allievi di Guillou non ci si poteva aspettare che questo tipo di interpretazione, in cui è la personalità musicale del maestro che si palesa, forzando quasi gli organisti ad un'interpretazione che risponde più alla sua sensibilità musicale piuttosto che a quella del "vero" Mendelssohn. Se questo può essere anche parzialmente vero, è altresì indubitabile che, personalmente, apprezziamo molto di più le interpretazioni di questo disco, che ci fanno ripensare diverse nostre convinzioni, piuttosto che le interpretazioni risapute e "narcotizzate" che nulla ci dicono di nuovo e, si sa, lo scopo della Musica, quale linguaggio universale, è quello di saper dire all'Uomo sempre cose nuove.
Ed anche l'organo utilizzato in questa incisione di cose da dire ne ha molte e, sinceramente, non pensavamo che uno strumento abbastanza "normale" e di dimensioni neppur tanto grandi(due tastiere, pedaliera ed una trentina di registri) ci sorprendesse così favorevolmente. C'è da dire che la splendida arte della registrazione sfoggiata dai due interpreti sollecita al punto giusto tutte le possibilità timbrico-foniche di questo pregevolissimo Steinmeyer, che se da una parte risulta figlio di un'epoca in cui la filologia organaria in Germania era appena agli esordi (e qui in Italia era ancora totalmente sconosciuta), dall'altra presenta quella tipica base timbrica propria della pluricentenaria tradizione organaria germanica che su fondi robusti e solidissimi innesta Mutazioni di eccezionale brillantezza e corposità ed ancie di spettacolare robustezza; a tutto questo, poi, si aggiungono alcune voci solistiche di squisita delicatezza. Tutto questo mirabile materiale fonico, messo nelle mani di due "maghi" della registrazione quali Mazzanti e Finotti, non può fare altro che far esclamare al Prof. Graziano Fronzuto (ed anche a noi) che "Questo organo canta... eccòme se canta!..".
In ultimo un cenno sull'aspetto tecnico. Come tutti ben sanno, effettuare registrazioni "live" è ben diverso dall'effettuare sessioni di registrazione su cui si può intervenire in seguito nella fase di montaggio e post-produzione. La presenza del pubblico, i rumori imprevisti e diversi altri inconvenienti rendono abbastanza problematico questo tipo di registrazioni, non ultimo il fatto di non poter dispiegare batterie di microfoni nei punti più "strategici". Ciò non ostante, la qualità della presa del suono di questo disco è veramente buona e rende molto bene la spazialità dell'ambiente. Le sonorità dell'organo sono molto ben presenti ed anche se la differenziazione dei piani sonori non è ottimale, tutto l'insieme fonico risulta di grande omogeneità; le voci soliste sono ben caratterizzate ed anche se l'escursione dinamica non è particolarmente ampia, la possanza fonica dei Ripieni e delle Ancie ci sorprende per la sua corposità e compattezza. Se in futuro verranno effettuate altre incisioni discografiche su questo strumento (e ce lo auguriamo) sicuramente se ne potranno esaltare ancora meglio le qualità.
A nostro parere un disco assolutamente indispensabile per la nostra discoteca.



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