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Organo della chiesa di S.Francesco di Tonengo di Mazzè




Organo della chiesa di S.Francesco
di Tonengo di Mazzè

Organista: Roberto Cognazzo
CD - Edizioni Leonardi Milano - LEOCD043 - DDD

Abbiamo già recensito un disco realizzato sull'organo Bossi 1891 della chiesa di Tonengo di Mazzè, e quella volta alla consolle c'era Walter Savant-Levet che si cimentava con brani di Lefebure-Wely e di Franck. In quell'occasione avevamo espresso alcune nostre perplessità sul repertorio, a nostro parere forse non adattissimo a sottolineare le caratteristiche foniche di questo strumento che, ricordiamo, rappresenta una specie di "numero zero" di quella che sarà la filosofia organaria di colui che diventerà il capostipite assoluto della "Riforma" organaria italiana del primo Novecento.
Questa recente produzione della Edizioni Leonardi, che fa parte della prestigiosa collana dedicata agli "Antichi Organi del Canavese", curata da Adriano Giacometto e Roberto Ricco, ci propone nuovamente questo prestigioso strumento, cambiando però radicalmente il repertorio. In questa occasione alla consolle troviamo Roberto Cognazzo il quale, dall'alto della sua esperienza nell'arte della trascrizione, non solo spazia ampliamente nella trascrizione operistica, ma anche in quella della musica per film, proponendoci financo una splendida "chicca" di sua realizzazione consistente in un brano ispirato da temi di Nino Rota.
Il Cd si apre con due brani dalla "Cavalleria Rusticana" di Mascagni, il Preludio e l'Intermezzo, a cui fa seguito il Preludio al quarto atto de "La Wally" di Catalani. L'Intermezzo da "I Pagliacci" di Leoncavallo introduce quindi l'altro Intermezzo, tratto questa volta dalla "Manon Lescaut" di Puccini per chiudere, come in un ciclo ideale, la parte dedicata all'opera con lo splendido e magniloquente Inno al Sole tratto da "Iris" di Mascagni.
Si passa quindi alla parte dedicata alla musica da film, in cui troviamo alcune vere e proprie "perle" ormai scolpite nella memoria musicale collettiva. Ovviamente -e diamo ampio merito a Cognazzo di questo- viene privilegiata la scuola dei grandi compositori italiani, che hanno consegnato alla storia veri e propri capolavori musicali apprezzati e conosciutissimi in tutto il Mondo. Si parte con Cesare Andrea Bixio, indiscusso capostipite della musica "leggera" italiana del Novecento, autore di più di cinquecento canzoni, tra cui ricordiamo in particolare "Mamma", "Violino Tzigano", "Il Tango delle Capinere" e Parlami d'amore Mariù; ed è proprio quest'ultima che apre questa parte dell'incisione dedicata a questo genere musicale che, come giustamente dice Cognazzo nelle note a corredo del disco, con l'avvento del cinematografo ha sostituito la musica e le arie del melodramma, aprendo ulteriori amplissimi orizzonti e creando un tipo di musica che, unico nel suo genere, attinge ispirazione da tutti gli stili musicali per divenire forse l'unica forma musicale che racchiude in se la possibilità di un'evoluzione veramente completa ed autonoma. Non per nulla alcune colonne sonore composte negli ultimi trent'anni sono ormai considerate come capolavori della musica contemporanea, a prescindere dallo scopo per cui esse sono state composte. In quest'ottica, Cognazzo ci propone, sempre di Bixio, La strada nel Bosco a cui fanno seguito due altri capolavori di Giovanni D'Anzi, Ma l'amore no e Voglio vivere così, per i quali ogni commento è perfettamente inutile, data la loro popolarità. Cognazzo ci rende queste due bellissime canzoni in un'atmosfera veramente raffinata, in cui la musica e la figura di questo notissimo compositore e pittore italiano degli anni Quaranta e Cinquanta risplendono di un'ispirazione e di una musicalità che pongono questi due brani tra le "colonne" della musica italiana degli ultimi sessant'anni.
Ed eccoci ad Ennio Morricone. Parlare di questo "grande" della musica italiana contemporanea diventa abbastanza difficile, ma riteniamo che sia sufficiente citare il suo Diploma in Composizione conseguito con Petrassi per determinarne il calibro musicale, ed il fatto che egli sia conosciuto presso il grande pubblico quasi solamente per le sue colonne sonore più che per la sua statura musicale, profondamente radicata in quello che fu il grande Novecento Musicale italiano e ricca di composizioni "colte" (e talora veramente "difficili" anche per i più agguerriti cultori della musica contemporanea) non può che lasciarci un poco di amaro in bocca. Di lui Roberto Cognazzo ci propone tre "tracks" tra le più universalmente conosciute, quelle tratte dai films "The Mission", "C'era una volta in America" e "Per un pugno di dollari". Inutile dire che ascoltando questi brani, magistralmente resi all'organo, vediamo scorrere davanti ai nostri occhi le scene più significative ed emozionanti dei films. Per concludere il disco Roberto Cognazzo ci propone infine una sua composizione che rende omaggio al grandissimo Nino Rota, Rotazione, girotondo semiserio su spunti di Nino Rota, composta nel 1994 e basata su alcuni dei temi musicali più noti di questo splendido esponente del Novecento musicale italiano, allievo di Casella e diplomato in composizione al "Santa Cecilia di Roma". Nino Rota è noto soprattutto per le colonne sonore realizzate per Federico Fellini, ma non bisogna dimenticare che le sue musiche hanno accompagnato centinaia dei più famosi ed apprezzati films e che la sua opera musicale ha spaziato nella musica strumentale (soprattutto per pianoforte), in quella da camera, orchestrale, vocale e nelle opere liriche, tra le quali "il Cappello di Paglia di Firenze" del 1955 è forse la più conosciuta.
Come si vede, quest'incisione ci presenta una significativa "sterzata" verso un genere di produzione che strizza l'occhio alla tradizione prettamente statunitense della trascrizione organistica, quella, cioè, che vede nel suo repertorio non solo i capolavori della musica sinfonica, classica ed operistica, ma anche generi più diversi ed "accessibili" ad un pubblico meno "specializzato", quali il jazz, la musica leggera e le colonne sonore.
Di Roberto Cognazzo abbiamo già ampiamente intessuto le lodi in passato e non dobbiamo certo scoprirlo oggi; quello che ci fa particolarmente piacere è che in questo disco egli non solo ci offre una conferma della sua sopraffina arte della trascrizione organistica ma ci da l'occasione per spaziare ampiamente e compiutamente in un campo ancora -a nostro parere- da noi troppo poco conosciuto e che ci dimostra come l'organo, anche al di fuori della sua veste prettamente "istituzionale", confermi di essere -e rimanere- il "Re" degli strumenti musicali.
Il Bossi 1891 di Tonengo di Mazzè, restaurato in modo eccellente da Wälti nel 2007, conferma qui di essere un bellissimo strumento che, nonostante la sua tavolozza timbrica proto-riformata di ridottissime possibilità (soli 22 registri nominali, pari a 27 reali), con le sue due tastiere e pedaliera abbastanza estesa (27 note), rende possibile l'esecuzione di un repertorio che molti strumenti ben più grandi di quell'epoca consentono con ben maggiori difficoltà. Certamente, la sua relativa "povertà" timbrica costituisce un piccolo punto critico non tanto per le trascrizioni operistiche (che sugli organi di quell'epoca erano il pane quasi quotidiano), quanto per la realizzazione delle musiche da film che, a nostro modesto ed opinabile parere, abbisognerebbero di sonorità molto più "corpose" e sinfonicamente "orchestrali".
Tecnicamente, questa produzione segue la filosofia propria di questa casa produttrice che cura in modo veramente profondo l'accuratezza della resa timbrico-fonica degli strumenti mediante una presa di suono che pur privilegiando una notevole "presenza" delle varie sonorità, le correda sempre del giusto "ambiente" in modo da renderci un risultato complessivo di grande compattezza ed assolutamente vicino alle condizioni di ascolto "ideali", risultato che nelle incisioni di musica organistica è sempre molto difficile da raggiungere.
In conclusione, si tratta di un disco veramente interessante che consigliamo molto volentieri agli ascoltatori che alle sonorità di un ottimo strumento ed alla performance di un grande interprete desiderano anche unire l'ascolto di un repertorio non organisticamente "convenzionale" ma che proporrà loro ottimi spunti di novità e di soddisfazione.



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